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In Italia presenti 3.300 lupi, ma per qualcuno sono “troppi”

Regione Piemonte e Uncem chiedono un 'Piano Lupo', Coldiretti: "Proteggere gli allevamenti"

Pubblicato:17-05-2022 11:58
Ultimo aggiornamento:17-05-2022 18:56
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ROMA – Ci sono 3.307 lupi sull’intero territorio italiano (con un livello di credibilità tra 2.945 e 3.608), nelle regioni alpine italiane si stima la presenza di 946 lupi (credibilità tra 822 e 1099), distribuiti su una superficie pari al 37% del territorio delle regioni alpine. Questi i dati del primo monitoraggio nazionale del lupo condotto tra il 2020 e il 2021, seguendo linee guida condivise che hanno permesso una raccolta dati omogenea e risultati confrontabili su tutto il territorio italiano.

Una cifra che fa ben sperare per la conservazione della specie, anche se, secondo il Wwf, “occorre non abbassare la guardia e continuare a lavorare per favorire la coesistenza del lupo con le attività umane, la zootecnia in primis”. C’è invece chi ritiene che i lupi siano troppi: in primis Regione Piemonte e Uncem (Unione Nazionale Comuni Comunità Enti Montani), che hanno chiesto al Governo un ‘Piano lupo’. A lanciare l’allarme anche Coldiretti, preoccupata dal forte aumento da nord a sud della popolazione di lupi.

PER LA PRIMA VOLTA UNA STIMA DELLA SPECIE IN TUTTA ITALIA

Per la popolazione delle regioni alpine le attività di monitoraggio, di analisi e di elaborazione dei dati sono state coordinate dal Centro referenza grandi carnivori del Piemonte e dall’Università di Torino (DBIOS) nell’ambito del progetto Life WolfAlps EU, coordinato dalle Aree Protette Alpi Marittime, in stretta sinergia con ISPRA, responsabile del coordinamento su scala nazionale.


“Finora le informazioni sul lupo sono state raccolte in modo frammentato, è la prima volta che si stima la distribuzione e la consistenza di questa specie su tutta Italia, basandosi su un disegno di campionamento scientificamente robusto, e con una raccolta dati simultanea” afferma Piero Genovesi, responsabile del Servizio per il coordinamento della fauna selvatica di ISPRA.

In tutto, sono stimati 3.307 (tra 2.945 e 3.608) lupi sull’intero territorio italiano. “Una corretta conservazione del lupo e un’efficace gestione dei conflitti richiedono dati scientificamente robusti- continua Genovesi- i risultati di questo studio forniscono quindi una base di conoscenza essenziale per le istituzioni che hanno la responsabilità della conservazione del lupo”.

LA RICERCA

È la prima volta che viene realizzata una stima esaustiva a livello delle regioni alpine e su scala nazionale. Non solo, è una delle prime stime a livello di popolazione ottenute in Europa, quindi di grande valenza internazionale. La stima è stata ottenuta applicando modelli statistici innovativi, messi a punto da un team internazionale di tre Università (Norwegian University of Life Sciences, Università di Torino e Università di Chester) specializzate nello studio dell’abbondanza e andamento nel tempo delle popolazioni animali.

Grazie a questa analisi si è ottenuta una stima della dimensione della popolazione accurata, cui è associata una forchetta di errore, un intervallo che indica il livello di accuratezza del valore stimato, detto intervallo di credibilità. Quindi nel 2020/2021 sono 946, con un intervallo tra 822 e 1099, i lupi presenti nelle regioni alpine. Di questi, 680 (intervallo di credibilità: 602-774) individui fanno parte della parte centro-occidentale della popolazione e 266 (intervallo di credibilità: 204-343) appartengono alla sezione centro-orientale della popolazione. L’estensione dell’area in cui i lupi sono presenti è pari a 41.600 Km2, che equivalgono al 37% della superficie delle regioni alpine.

Sono invece 102 i branchi e 22 le coppie presenti nelle regioni alpine (intera superficie – zone collinari e di pianura incluse- di Liguria, Piemonte, Valle d’Aosta, Lombardia, Province Autonome di Trento e Bolzano, Veneto e Friuli Venezia Giulia), per un totale di 124 unità riproduttive. La maggior parte di esse si concentra nella porzione occidentale dell’arco alpino, dove sono presenti 91 branchi/coppie.

Nell’area centro orientale sono invece 33 i branchi/coppie, quasi la metà delle quali ha territori transregionali: per esempio 10 branchi sono a cavallo delle Province Autonome di Trento e Bolzano e la regione Veneto. Una ennesima conferma della necessità di avere un approccio uniforme nel monitoraggio, che superi la frammentazione amministrativa. Attenzione, però, se si vuole confrontare il numero di unità riproduttive di lupo con gli anni passati, si deve considerare unicamente l’arco alpino, dove è stato svolto un monitoraggio continuo della specie dal 1999. Nell’ultima valutazione, effettuata nel monitoraggio 2017/2018 erano state documentate un totale di 51 unità riproduttive, arrivate a 103 nel 2020/2021.

La popolazione di lupo è quindi cresciuta nell’arco alpino italiano negli ultimi tre anni, addirittura raddoppiando sia nel numero delle unità riproduttive documentate che nella distribuzione minima” dichiara Francesca Marucco, del Dipartimento di Scienze della Vita e di Biologia dei Sistemi dell’Università di Torino, responsabile scientifica del progetto LIFE WolfAlps EU.

I risultati sono stati ottenuti grazie a un imponente lavoro di raccolta dati, compiuto per la regione alpina in modo esaustivo su tutto il territorio, anche con il coinvolgimento di volontari appositamente formati. Tra ottobre 2020 e aprile 2021 sono stati percorsi dagli operatori un totale di 40.725 km, che hanno permesso di raccogliere 10.672 segni di presenza, di cui 5.636 escrementi, 3.226 tra video e foto. Sono stati tracciati i percorsi dei lupi su neve per un totale di 1605 km, e recuperati 71 lupi morti.

Un immenso lavoro di campo reso possibile dalla formazione di un “Network Lupo Regioni Alpine”, costituito da un gruppo di personale istituzionale e volontario, che ha ricevuto una formazione specifica, operativo in modo continuo e capillare sul territorio per la raccolta di tutti i dati utili al monitoraggio della specie. Il network è composto da 1513 operatori afferenti a 160 Enti e Associazioni distribuiti nelle diverse province delle regioni alpine italiane. Un network che è cresciuto e ha acquisito via via sempre maggiori competenze a partire dalla nascita, nel 1999, con il progetto Lupo Piemonte, e che si è arricchito nel corso del progetto LIFE WolfAlps (2013-2018) e che prosegue dunque oggi con il progetto LIFE WolfAlps EU. “La creazione di una rete nazionale di operatori formati è uno dei risultati più importanti di questo lavoro, perché costituisce un vero patrimonio per la conservazione della biodiversità a scala nazionale nel lungo termine” afferma Marucco.

La stima delle unità riproduttive si inserisce inoltre in un contesto di effettiva collaborazione internazionale, considerata la natura transfrontaliera della popolazione alpina, che comprende Italia, Francia, Svizzera, Austria e Slovenia. Collaborazione portata avanti grazie all’istituzione di un gruppo di esperti internazionali, il Wolf Alpine Group, e dal progetto LIFE WolfAlps EU, il cui principale scopo è quello di trovare una strategia condivisa per la coesistenza tra attività umane e lupo a livello di popolazione alpina, superando quindi i confini amministrativi.

REGIONE PIEMONTE: “TROPPI LUPI NEL NOSTRO TERRITORIO, GOVERNO VARI UN PIANO”

La presenza del lupo sulle regioni alpine e in particolare in Piemonte ha raggiunto numeri insostenibili per la Regione, che chiede al Governo un ‘Piano lupo’ per tenere sotto controllo l’animale. Lo rende noto la giunta Cirio, per cui il vicepresidente e assessore alla Montagna Fabio Carosso ha ricordato che questo va fatto per il rispetto verso allevatori e abitanti delle zone alpine che subiscono i danni dell’attività predatoria del lupo. Una minaccia che, prosegue Carosso, non è più un fenomeno isolato per cui bastano contenimento e dissuasione, visto che sui 946 lupi presenti sulle Alpi, secondo quanto riporta la Regione, due terzi sono in Liguria, Piemonte e Valle d’Aosta. Per questo motivo la Regione Piemonte chiede al Governo un ‘Piano lupo’, su cui dovrà lavorare al più presto il ministero della Transizione ecologica, oltre a una strategia condivisa per il controllo di lupi e ibridi, da trovare anche col confronto in Conferenza Stato-Regioni.

UNCEM: “PIANO DEL MINISTERO NON PIU’ RINVIABILE”

I lupi sono presenti nel 37% delle regioni alpine italiane. Nel 2021 erano un migliaio sulle Alpi, mentre in tutta Italia ne sono stimati oltre 3.300. “I dati diffusi oggi dal progetto Life WolfAlps EU, con la prima stima dei numeri del lupo in Italia, ritengo impegnino il Ministero dell’Ambiente a definire un Piano Lupo nazionale che guardi a quello che hanno fatto altri Paesi UE come Francia e Svizzera per la difesa dal lupo degli agricoltori e delle imprese sui territori montani”. A parlare è Marco Bussone, Presidente nazionale Uncem (Unione Nazionale Comuni Comunità Enti Montani).

“Serve un piano e servono investimenti per difendere e proteggere le imprese agricole e gli allevamenti di bestiame lungo Alpi e Appennini- aggiunge il Presidente Uncem- Il Ministro Cingolani abbia coraggio. E con il MIPAAF promuova in tempi rapidi un piano per salvare e proteggere imprese e agricoltura di montagna”.

COLDIRETTI: “ORA SALVIAMO ANCHE LE PECORE”

Ora occorre salvare le migliaia di pecore e capre sbranate, mucche sgozzate e asinelli uccisi lungo tutta la Penisola dove la presenza del lupo si è moltiplicata negli ultimi anni con il ripetersi di stragi negli allevamenti che hanno costretto alla chiusura delle attività e all’abbandono della montagna. È quanto afferma la Coldiretti in riferimento al forte aumento da nord a sud della popolazione di lupi, stimata dall’Ispra nell’ambito del progetto Life WolfAlps EU intorno ai 3.300 esemplari, 950 nelle regioni alpine e quasi 2.400 lungo il resto della penisola.

I numeri sembrano confermare che il lupo ormai, non è più in pericolo e- sottolinea la Coldiretti- impegnano le Istituzioni a definire un Piano nazionale che guardi a quello che hanno fatto altri Paesi UE come Francia e Svizzera per la difesa dal lupo degli agricoltori e degli animali allevati. Il rischio vero oggi è- denuncia la Coldiretti- la scomparsa della presenza dell’uomo delle montagne e delle aree interne per l’abbandono di migliaia di famiglie ma anche di tanti giovani che faticosamente sono tornati per ripristinare la biodiversità perduta con il recupero delle storiche razze italiane di mucche, capre e pecore. Lo studio- continua la Coldiretti- ha infatti documentato anche l’impatto del lupo sulle attività zootecniche in Italia attraverso l’analisi dei danni intercorsi nel periodo 2015-2019 che è stato trasmesso a tutte le regioni per un’ulteriore verifica dei dati e che verrà pubblicato nelle prossime settimane. Il ritardo nell’affrontare il tema- precisa Coldiretti- pregiudica la soluzione del problema dopo che i risultati dell’indagine hanno fornito elementi utili ad una revisione delle politiche di conservazione. Serve responsabilità nella difesa degli allevamenti, dei pastori e allevatori che con coraggio continuano a presidiare le montagne e a garantire la bellezza del paesaggio. Senza i pascoli- conclude la Coldiretti- le montagne muoiono, l’ambiente si degrada e frane e alluvioni minacciano le città.

WWF: “BENE NUMERO LUPI IN CRESCITA, MA NON ABBASSARE LA GUARDIA”

Oggi la popolazione di lupo in Italia ha dunque decisamente migliorato il suo status di conservazione. Grazie alla sua tutela legale e all’aumento tanto delle foreste quanto delle specie preda, il lupo ha ricolonizzato spontaneamente buona parte della Penisola.
Per la prima volta in Italia disponiamo di dati esaustivi e affidabili su presenza e distribuzione del lupo, specie fondamentale per i nostri ecosistemi e la cui presenza è un valore per i nostri territori”, ha commenta Gianluca Catullo, responsabile specie e habitat del WWF Italia. I numeri sono in crescita, come gli esperti si aspettavano, ma le minacce per la sua conservazione restano attuali. Bracconaggio e mortalità accidentale continuano a uccidere centinaia di lupi ogni anno, e l’ibridazione con il cane mette a repentaglio l’integrità genetica della specie.

Per questo “occorre non abbassare la guardia e continuare a lavorare per favorire la coesistenza del lupo con le attività umane, la zootecnia in primis. Ci auguriamo che questi risultati siano l’inizio del percorso che porti all’approvazione finalmente di un Piano di gestione e conservazione condiviso, che preveda azioni atte a contrastare le minacce e a migliorare la convivenza tra le comunità locali e il lupo” sottolinea Catullo. I dati raccolti e la rete creata possono fornire un supporto a Enti locali e Parchi nazionali per una corretta conservazione del lupo e per mitigare attivamente i conflitti, soprattutto nelle aree di neo-espansione della specie, ma abbandonando definitivamente l’idea di azioni inutili e dannose come gli abbattimenti.

Il conflitto con gli allevatori, seppure nel complesso inferiore rispetto a quelli causato da molte altre specie (in particolare da parte dei cinghiali, specie che proprio il lupo aiuta a contenere), può localmente avere un impatto elevato su alcune aziende zootecniche. In molte aree le azioni di prevenzione dei danni (recinzioni fisse e mobili, cani da guardiania, pascolo sorvegliato) hanno permesso di attenuare con successo i danni subiti dagli allevatori, ma il conflitto rimane localmente elevato in alcune aree, in particolare in zone di recente ricolonizzazione della specie.

Importante sottolineare come i numeri pubblicati non siano però sinonimo di conflitto in espansione. Come dimostrato da diverse realtà, infatti, il livello di conflitto con le attività umane non dipende dal numero di lupi presenti su un territorio, ma dalla corretta applicazione e diffusione delle tecniche di prevenzione più adatte ai singoli contesti e alle singole aziende agricole. Questo è confermato anche dalla letteratura scientifica, che dimostra come gli abbattimenti non servano a ridurre i danni. Viceversa, è importante che anche i singoli cittadini aiutino a prevenire conflitti nelle zone di nuova espansione, in primis evitando di lasciare cibo a disposizione di lupi e di altri animali selvatici, e gestendo correttamente i propri animali domestici.

Nel periodo storico attuale, il successo nella conservazione del lupo (sul baratro dell’estinzione fino a pochi decenni fa quando negli Anni 70 il WWF promosse il primo censimento sulla specie con l’Operazione San Francesco) permette di ragionare a scala più ampia, ponendo ambiziose sfide per la conservazione di tutta la nostra biodiversità.

Lavorare per la conservazione del lupo, specie iconica e tassello fondamentale per il corretto funzionamento degli ecosistemi (ricordiamo ad esempio, anche il prezioso ruolo che il predatore può svolgere nel contenimento della diffusione della peste suina nella popolazione di cinghiali), significa proteggere tutte le specie e gli habitat che da questo dipendono. Incrementare le nostre aree protette, portando al 30% la superficie di territorio nazionale sottoposto a tutela entro il 2030, è una sfida che permette anche di aumentare le aree con una sempre migliore integrazione tra la presenza del lupo e le attività umane.

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