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Camorra, 37 arresti tra gli esponenti dei clan di Napoli Est: fucili e tatuaggi i loro simboli

Si tratta di soggetti tutti ritenuti affiliati ai clan Rinaldi-Reale-Formicola e Silenzio operanti nel quartiere di San Giovanni a Teduccio

Pubblicato:17-05-2021 11:31
Ultimo aggiornamento:17-05-2021 12:18

Valdiserri
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NAPOLI – Associazione di tipo mafioso, tentato omicidio, estorsione, detenzione e porto di armi da fuoco aggravati. Di questo sono accusate le 37 persone finite questa mattina in carcere a Napoli nel corso di un’operazione condotta dai poliziotti della squadra mobile e del commissariato San Giovanni-Barra nell’area orientale della città. Gli agenti hanno dato esecuzione a una ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal gip del tribunale di Napoli su richiesta della Direzione distrettuale antimafia, nei confronti di soggetti ritenuti affiliati ai clan Rinaldi-Reale-Formicola e Silenzio operanti nel quartiere di San Giovanni a Teduccio.

Disponibilità di armi da guerra, compresi i fucili Ak47, e tatuaggi ricorrenti come quello che riporta la scritta “Lotto 46“, roccaforte del clan oltre che codice identitario inciso per sempre sulla pelle degli affiliati. Questi i contorni dell’operazione di questa mattina.

Sono 47 gli indagati nell’ambito di un’inchiesta della procura di Napoli che ricostruisce la dinamica degli scontri avvenuti nell’area orientale del capoluogo partenopeo tra il 2014 e il 2019. I clan di San Giovanni a Teduccio rientrano nell’area di influenza del cartello dell’Alleanza di Secondigliano e assumono una posizione dominante in tutta l’area Est di Napoli, arrivando fino ai Comuni vesuviani di Portici e San Giorgio a Cremano, e al centro di Napoli, da Porta Nolana a piazza Mercato. Si tratta di territori, in particolare San Giovanni a Teduccio e il vicino quartiere di Barra, particolarmente esposti a continui rischi e fibrillazioni per gli scontri tra le cosche che, secondo gli inquirenti, rientrano nell’ambito della storica rivalità tra l’Alleanza di Secondigliano e il clan Mazzarella.

Negli anni compresi tra il 2014 e il 2018 queste tensioni furono contraddistinte da una serie di ‘stese’ compiute a Napoli Est, eseguite per rispondere ad alcuni tentati omicidi, come quelli di Carmine Improta, Alfonso Mazzarella e Vincenzo Cozzolino, ritenuti pericolosi per le pretese di egemonia sul territorio dell’Alleanza di Secondigliano e, quindi, per il controllo delle attività illecite. Con l’operazione di oggi gli inquirenti ritengono che sia stata indebolita la presenza, violenta, armata e militare, del clan Rinaldi a Napoli Est, ma gruppi criminali più piccoli e fino ad oggi emarginati potrebbero trovare spazi per affermarsi sul territorio. Le indagini si sono avvalse del contributo, oltre alle tecniche tradizionali e alle dichiarazioni di collaboratori di giustizia, dei sistemi di videosorveglianza, ma anche dello studio di molti profili social degli indagati, tecnica che ha consentito di svelare reti di relazioni in maniera anche più approfondita rispetto alle informazioni contenute in archivi e banche dati.


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