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Conte al momento non si tocca, ma se ci saranno tracolli e rivolte…

L'editoriale di Nico Perrone per DireOggi

Pubblicato:17-04-2020 15:31
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 18:09

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Mentre Vittorio Colao, in videoconferenza da Londra, sta lavorando con gli altri 16 esponenti del ‘Comitato per la ripartenza’ per trovare la quadra sul possibile calendario cadenzato delle riaperture, a livello politico è guerra tra Governo nazionale e alcune Regioni. In testa la Lombardia, che con il suo presidente Attilio Fontana, solo pochi giorni fa schierato sulla serrata totale, ora spinge per ripartire in modo massiccio e in tempi rapidi. E non fa niente se il Comitato tecnico scientifico invita alla calma, a valutare bene perché il virus circola e contagia ancora. Ormai la discussione si sta spostando su ‘tanto dobbiamo imparare a convivere col virus’ e tutti già pensano a quando si potrà uscire di casa. Non ci sta il presidente della Campania, Vincenzo De Luca, che a sua volta tuona: «Se le regioni del Nord riaprono io chiudo i confini della Campania». Di qui la fotografia, preoccupante, del ruolo della politica nazionale. Ormai è un pullulare di comitati, spesso formati da decine e decine di esperti, che si occupano di questo e di quello. E in attesa delle loro decisioni, tutti gli altri decidono per conto loro. Nel Pd nessuno mette in discussione il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte: «Al momento è l’unico punto di equilibrio con il M5S – spiega una fonte – anche se ormai teme complotti da ogni parte. Colao doveva essere a capo di un Comitato ristretto, prendere decisioni rapide proprio per frenare il “fai da te” delle Regioni… Invece è stato allargato a 17 persone, che parlano e non decidono». E si torna sempre sul ruolo della politica nei giorni, terribili, che verranno. Perché in pochi credono che le risorse arriveranno in tempi rapidi, e sono sempre di più quelli che temono situazioni critiche con il rischio di forte proteste popolari. «In quel caso- spiega ancora la fonte Dem- è chiaro che ci troveremmo di fronte a tutt’altro scenario politico». Il tempo è poco, tutti guardano al prossimo Consiglio dei leader europei del 23 aprile. Se non si troverà una soluzione comune, un provvedimento per reperire almeno 1.500 miliardi di euro da mettere a disposizione dei Paesi più colpiti dall’epidemia, allora saranno guai. A quel punto sarà gioco facile per la Lega e Fratelli d’Italia accusare Conte del fallimento, alimentando la protesta e il ‘no’ all’Europa che nega la solidarietà.

LEGGI DIREOGGI | EDIZIONE DEL 17 APRILE 2020


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