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‘Grassa’, ‘schifosa’ e giù insulti alla moglie per anni: il Tribunale gli toglie la responsabilità genitoriale

Un padre violento e prevaricatore, che con il suo atteggiamento aveva finito per 'contagiare' il bambino di 10 anni, che aveva iniziato a insultare la madre: i giudici, a dispetto del parere dei Servizi sociali, hanno deciso di togliergli la responsabilità genitoriale

Pubblicato:17-03-2023 14:30
Ultimo aggiornamento:17-03-2023 16:25
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ROMA – In base a una decisione storica del Tribunale di Roma, un uomo è decaduto dalla responsabilità genitoriale a seguito del riconoscimento della violenza psicologica con cui vessava la moglie da anni. Episodi di denigrazione continua che avvenivano davanti ai figli e che sono valsi per l’uomo, dopo l’ennesima denuncia per stalking di novembre 2020, un rinvio a giudizio (ma il processo non è ancora arrivato ad una sentenza). “Grassa, brutta, stupida, schifosa di merda, pezzente” erano alcune delle minacce reiterate allo scopo di distruggere quella donna, mamma dei suoi figli. Insulti accompagnati dalla ‘promessa’ di toglierle i figli, dopo averla privata del mantenimento per oltre 3 anni. E a forza di sentire queste parole, i figli – in particolare il figlio più piccolo, che ha ormai 10 anni – avevano cominciato anche loro a insultare e minacciare la madre (fino ad arrivare a dirle “Ti spacco il cranio”), a disprezzarla e a voler stare con il padre. Per tutti questi motivi, i giudici del Tribunale hanno deciso che quella figura paterna fosse nociva per i figli e che la cosa giusta da fare fosse quella di revocargli la responsabilità genitoriale (fino a ora già sospesa in via precauzionale): dovrà stare lontano dal figlio e potrà incontrarlo solo in incontri protetti. Eppure, nonostante una decisione che si può definire storica da parte dei giudici, al momento tutto è ancora fermo: “La tutrice tarda nell’esecuzione”. Lo ha raccontato l’avvocata Marina Marconato, legale della mamma, un’insegnante romana di sostegno, sulla rivista Salvis Juribus.

UN DECRETO CHE SI SMARCA DAL PARERE DEI SERVIZI SOCIALI

Il decreto è il 16444/2022 “e può definirsi storico. Il Collegio- come riporta l’articolo sulla sentenza- dopo aver valutato gli atti penali, le relazioni che attestavano il malessere del fanciullo e l’immotivato odio contro la madre, dopo aver esaminato decine di documenti prodotti dalla donna ed attestanti la grave violenza psicologica subita, va contro il parere del curatore speciale e del Servizio Sociale, i quali da mesi consigliavano una conciliazione e la remissione delle querele, così come il padre insisteva avvenisse, ed emette il provvedimento di decadenza della responsabilità genitoriale del padre ritenuto figura pregiudizievole per i figli per la violenza psicologica e assistita agita contro la ex moglie ed i figli e dispone l’allontanamento del minore dal padre ed incontri protetti con lui”. Una decisione che arriva in assenza di una condanna penale, come sottolinea l’avvocata, e ribalta la vittimizzazione secondaria subita dalla donna invitata a più riprese a mediare con il suo carnefice.

“PADRE PREVARICATORE E VIOLENTO” È MODELLO NEGATIVO PER I FIGLI

Scrivono i giudici: “L’uomo pronuncia frasi minacciose e parole altamente offensive, in presenza dei figli, con una condotta di prevaricazione che, a prescindere dall’esito dei procedimenti penali pendenti nei suoi confronti, è pregiudizievole nei confronti dei figli e alimenta l’atteggiamento del bambino di profondo disprezzo nei confronti della madre incarnando un modello di violenza verbale, psicologica ed economica ai danni della signora, che l’oppositività relazionale del minore si è estesa ai membri della famiglia di origine materna, rendendo impossibile il collocamento presso altri familiari- considerate le richieste di rinvio a giudizio per maltrattamenti in famiglia e stalking; che il padre sottovaluta le difficoltà scolastiche del figlio evidenziate nella relazione dell’ASL Roma. Pertanto, posto che la responsabilità genitoriale era già stata sospesa con decreto provvisorio di questo Tribunale, per le ragioni sopra esposte, va ora dichiarata la sua decadenza dalla responsabilità genitoriale nei confronti dei figli testimoni delle vessazioni psicologiche a cui è stato sottoposto l’intero nucleo familiare. Quanto alla madre va evidenziato che, pur destinataria di costanti frasi ingiuriose e reiterati atteggiamenti svilenti da parte dell’ex marito e dello stesso figlio, non si è sottratta ai percorsi intrapresi, anche se dolorosi, pur di ripristinare il rapporto con il figlio”.


LA MADRE SI È ATTIVATA ALLA LUCE DEL MALESSERE DEL BAMBINO

Il caso era scoppiato nella sua gravità proprio quando la donna si era rivolta al tribunale per avere l’autorizzazione di un percorso di psicoterapia per il figlio di 8 anni che manifestava malessere, agitazione, fino ad aver minacciato di uccidersi con le forbici. La mamma lo aveva portato in pronto soccorso di un ospedale pediatrico pubblico della Capitale dove era stata prescritta la psicoterapia e parent training. Il padre, un avvocato benestante, si era opposto ridicolizzando i timori della madre. Allo stesso modo per diverso tempo aveva negato le difficoltà cognitive del primogenito, nato con un problema serio di salute.

Durante la CTU che interviene sul caso, di chiara impostazione pro-pas (alienazione parentale), come scrive l’avvocata “la donna continua a subire pesanti insulti e denigrazioni anche in presenza del consulente tecnico…Il comportamento riconducibile a violenza psicologica ed economica e di violenza assistita perdura, ma le prove via via depositate, non sono valutate dal consulente tecnico. Questi, senza descrivere in modo compiuto gli atteggiamenti di prevaricazione dell’uomo, si limita a brevi cenni circa i suoi tratti narcisistici di personalità e conferma che il minore presenta episodi di depressione che lo pongono a rischio di sviluppo di disturbi psicopatologici, concludendo per l’aumento dei tempi di permanenza del minore con il padre, omettendo le valutazioni sugli abusi”.

LA CTU E QUELLE VESSAZIONI IGNORATE

La CTU non avrebbe tempestivamente attivato un percorso di sostegno terapeutico a sostegno del bambino più piccolo sottoposto al trauma di questi atteggiamenti violenti che avrebbe poi egli stesso rivolto alla mamma con cui aveva sempre vissuto e che nella relazione del consulente viene descritta come una donna che “tende ad includere, a tenere a sé i figli. È apparsa una donna fragile- scrive il consulente- certamente in difficoltà nella gestione dei due figli maschi, che al momento cercano una maggiore presenza ed identificazione con il padre”. E non tenendo conto degli allegati di denuncia di violenza la CTU propone sostegno “alla conciliazione, ad entrambi i genitori, al fine di consentire una soluzione concordata del presente procedimento, nel quadro di applicazione della disciplina dell’affidamento condiviso”. L’affido condiviso, ribadisce Marconato, in un contesto di denuncia di violenza, con il quadro psicologico del figlio più piccolo molto preoccupante.

L’EMULAZIONE DEL PADRE VIOLENTO: INSULTI ALLA MAMMA

“Il bambino in totale emulazione del comportamento paterno– racconta ancora l’avvocata- iniziava quindi ad accanirsi contro la mamma e dopo esser andato dal padre non ha fatto più rientro a casa. Il minore, che ha ormai circa 10 anni e che sino ad allora aveva serenamente convissuto con la mamma, presso cui era collocato in via prevalente e dalla quale si rifugiava cercando conforto durante le sue crisi, di punto in bianco, subito dopo i comportamenti persecutori che sono valsi il rinvio a giudizio del padre, opponeva un fermo rifiuto ad incontrare la madre e tutti i membri della famiglia materna con i quali aveva avuto sempre uno strettissimo rapporto, ed inizia ad inveire contro la donna, minacciandola di morte ed insultandola gravemente”. Da questa situazione il Tribunale ha deciso per l’affidamento del minore al servizio sociale e la nomina del curatore speciale.

Si erano attivati persino “percorsi di sostegno alla genitorialità, rigorosamente a pagamento, sebbene, in presenza di violenza domestica- ricorda l’avvocata- essi siano vietati e che, ovviamente, non avranno alcun esito salvo le ripetute esposizioni della donna agli abusi che, ancora, mai emergono nelle relazioni. I traumi derivanti dalla violenza psicologica, fisica e sessuale vissuta da bambini comportano un maggiore rischio di psicopatologie quali l’abuso di alcool, droga, depressione, disturbi alimentari, disturbi di personalità”, rammenta.

UNA DECISIONE STORICA: LA CONDANNA NON C’È ANCORA

Per questo la decisione del Tribunale di Roma è storica. Se solo pochi giorni fa, in un recente convegno in Corte d’Appello a Roma per la presentazione del libro d’inchiesta ‘Senza Madre’ (Edizioni scientifiche Magi) sul tema della violenza e dei minori strappati alle mamme, emergeva da alcuni addetti ai lavori come fosse impossibile o almeno difficilissimo parlare di violenza in ambito civile e di affidamento dei minori in assenza di una condanna nel penale. A quanto risulta invece si può.

È una storia che mostra come le decisioni del giudice possano, quando si vuole, non ‘ricalcare’ le indicazioni di servizi sociali e consulenti. “Il provvedimento definitivo del Tribunale di Roma si rileva storico perché, in assenza di condanna penale, dispone la decadenza della responsabilità genitoriale dell’uomo rinviato a giudizio ed autore di violenza psicologica e fonda la propria decisione sulle produzioni documentali della parte abusata- spiega su Salvis Juribus Marconato- sull’attento esame degli atti che richiede alla Procura, non ritenendo, al contrario, di aderire ai pareri e al contenuto delle relazioni del Servizio Sociale, all’esito del confronto con le prove raccolte, che anzi denomina affermazioni gratuite contro la donna”.

IL RITARDO NELL’ESECUZIONE DEL PROVVEDIMENTO

“Oggi però i due fratelli sono ancora divisi– segnala amareggiata l’avvocata alla Dire- la tutrice sta ritardando l’esecuzione del decreto che impone l’attivazione di percorsi di sostegno ai minori, incontri tra mamma e figlio minore che a causa della violenza psicologica subita il tribunale ha disposto sia allontanato dal padre ritenuto pregiudizievole” dovendo ricorrere a un passaggio intermedio presso una struttura dopo il fallimento di tutti i tentativi fatti con il padre e il grado di violenza che il minore rivolge ormai alla propria mamma. Proprio ieri è partita una pec per una diffida al sindaco e all’avvocatura del comune di Roma. La distanza tra i due fratelli pesa molto sul ragazzo più grande che affetto da disabilità cognitiva aveva in quel fratello piccolo il suo mondo. Un mondo distrutto dalla violenza del padre, riconosciuta in Tribunale, e impermeabile a qualsiasi terapia tentata fino a portare un bambino che prima viveva sereno con la propria mamma a dirle ‘Ti spacco il cranio’”.

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