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Tramonta la candidatura di Gualtieri a sindaco? Prime trappole per Letta…

L'editoriale di Nico Perrone per Dire Oggi

Pubblicato:17-03-2021 15:55
Ultimo aggiornamento:17-03-2021 15:55

enrico letta
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ROMA – Tra le prime cose che il nuovo segretario del Pd, Enrico Letta, dovrà subito affrontare e risolvere, c’è il nodo di come gestire la comunicazione interna ed esterna al partito. Troppi anni di guerre intestine, di colpi bassi e alle spalle, con le correnti che sono diventate partiti nel partito, si sono trasformati in macigni difficili da rimuovere. Ma Letta dovrà presto trovare un bulldozer, ruspa in italiano, per sgomberare la strada, altrimenti per lui ci sarà la grana quotidiana. Come il via libera alla candidatura dell’ex ministro Roberto Gualtieri, in quota Dem, a sindaco di Roma, che ieri qualche ‘vocina’ ha fatto arrivare alle orecchie dei giornalisti, quasi fosse cosa fatta. Per bruciare la candidatura? “No, è stata una fesseria, qualcuno ha cercato di mettere le mani avanti, di forzare un pochino la situazione… Ma ha ottenuto l’effetto contrario, e adesso Gualtieri rischia”, dice una fonte Dem. “No, sono stati i ‘renziani’ dentro al Pd che l’hanno fatta circolare, per bruciarla e mettere subito in difficoltà il nuovo segretario, fargli capire che con loro dovrà fare i conti”, dice un’altra campana Dem. Questo per capire in che pasticcio si troverà ad operare il segretario eletto con soli due voti contrari ma con molti che sono pronti già a barricarsi nei rispettivi fortini per difendere le posizioni conquistate. Ad esempio, la partita dei capigruppo in Parlamento, che un nuovo leader a ragione potrebbe volere nominare lui per aver un più stretto controllo sul raccordo con l’attività in Parlamento. Ti saluto… Argomento che non potrà nemmeno sfiorare, fanno capire diverse fonti interpellate sull’argomento. Martedì mattina alla Camera e nel pomeriggio al Senato, il nuovo segretario avrà il suo faccia a faccia con i parlamentari Dem che, alla fine, si risolverà con un mesto “buon lavoro”.

I numeri non sono dalla parte di Letta, soprattutto al Senato, dove Andrea Marcucci impera grazie alla stragrande maggioranza dei senatori di Base riformista: “Se Letta vuol cambiare qualcosa – dicono da quelle parti – forse è meglio che cominci da qualche altra parte”. Anche esponenti dell’area di maggioranza interna, infatti, concordano: “Per togliere il ‘renziano’ Marcucci- spiegano- Letta prima dovrebbe spiegare perché e poi dire chi vorrebbe e perché”. Benvenuto al circolo dei distinguo, dove ogni decisione necessaria arriverà sempre troppo tardi. Letta comunque va avanti e già nel fine settimana avrà i primi incontri con gli altri leader: prima Roberto Speranza di Leu e poi Carlo Calenda di Azione. Ma quello più atteso, con i biglietti che stanno andando già a ruba, sarà con l’amico di storia popolare, Matteo Renzi, leader di Italia Viva. Quello che 7 anni fa lo fece sloggiare da Palazzo Chigi, per la verità grazie alla stragrande maggioranza della dirigenza Pd di allora, gran parte della quale oggi invoca la riuscita di Letta. Sarà un incontro duro? Forse. Ma quello che sfugge ai più, soprattutto a quanti hanno un dna più colorato di rosso, è la grande lezione politica che più di 50 anni di potere della Democrazia Cristiana ha incanalato nella testa di quanti provengono da quella storia. Questa: Vero che la Dc era divisa in correnti che si azzannavano a sangue tra di loro. Ma quel partito si misurava sempre con la logica di Governo, quindi alla fine un accordo si trovava, i posti e le quote di potere venivano spartite agli aventi diritto. Nel passato di sinistra, al contrario, che il destino aveva condannato all’opposizione, la guerra interna avveniva solo per combattersi tra di loro senza un orizzonte di governo. Alla fine erano guerre che lasciavano morti e feriti solo per aggiudicarsi quote di delegati per… il Congresso. Anche sul versante di sinistra c’è molto da fare, soprattutto occorre ridefinire che cosa è la sinistra che guarda al futuro e non all’indietro. Aggiornare il pensiero, studiare, faticare andando in giro per il Paese e non restando seduti. Tenendo ben a mente, come diceva il nostro amico Stanislaw Jerzy Lec, il rischio da evitare: “Il colmo dei sogni del pappagallo: ripetere se stesso”.


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