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Agricoltura e filiere ‘sporche’: la Coop lancia campagna ‘Buoni e giusti’

Nei controlli coinvolti gli 832 fornitori di ortofrutta locali e nazionali. Sono 13 le filiere piu' esposte a sfruttamento e illegalita' tra cui agrumi, fragole, pomodori, meloni, angurie, uva, patate. "Campagna apripista per interventi concreti: ci aspettiamo forte impegno da governo e organi ispettivi"

Pubblicato:17-03-2016 13:18
Ultimo aggiornamento:16-12-2020 22:24

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ROMA – Agrumi, fragole, pomodori, meloni, angurie, uva, patate. Sono alcune delle 13 filiere ortofrutticole individuate da Coop come quelle piu’ esposte a rischi di illegalita’ e dove sono piu’ frequenti i casi di sfruttamento tra i lavoratori. Filiere sporche che interessano circa 400 mila lavoratori, di origine straniera nell’80 per cento dei casi, e i cui prodotti arrivano sulle nostre tavole. Per combattere questo fenomeno, Coop lancia la campagna “Buoni e giusti”: interventi concreti sulle filiere critiche, azioni e controlli sul campo e iniziative di supporto a carattere sociale. Una campagna che coinvolge non solo gli 80 fornitori ortofrutticoli di prodotto a marchio Coop (circa 7.200 aziende agricole) ma tutti gli 832 fornitori a livello locale e nazionale di ortofrutta per un totale di oltre 70 mila aziende a cui Coop ha chiesto di sottoscrivere il ‘Codice etico’ che contempla impegni per il rispetto dei diritti dei lavoratori e l’esecuzione di un piano di controlli a cui non si puo’ venire meno pena l’esclusione dal circuito.

“Il nostro e’ un impegno costante e non di facciata, che ci vede a fianco del ministero e di tutti quegli enti e organizzazioni che hanno a cuore questo problema – ha spiegato Marco Pedroni, presidente di Coop Italia – Il rischio e’ che l’impresa ‘cattiva’ scacci quella buona e che la ricerca del prezzo piu’ basso possibile faccia a pugni con i diritti delle persone. ‘Buoni e giusti’ vuole essere un apripista per intervenire concretamente sulle realta’ dello sfruttamento“. Primo distributore in Europa ad adottare lo standard SA8000 per avere precise garanzie in tema di responsabilita’ sociale dai propri fornitori di prodotto a marchio (sono 4 mila i prodotti a marchio Coop tra food e non), Coop presidia da sempre il settore con un approccio di filiera, controllando cioe’ tutti i passaggi dal campo alla tavola. Negli ultimi 5 anni Coop ha espulso 7 aziende agricole. E oggi intensifica i controlli: sotto esame la filiera degli agrumi (arance e clementine Navel) indagata dagli auditor di Bureau Veritas, societa’ di controllo, verifica e certificazione per la qualita’, salute e sicurezza, ambiente e responsabilita’ sociale con oltre 400 mila clienti in 140 Paesi. I primi dati sui fornitori Coop e su un terzo delle aziende agricole della filiera in Calabria, Sicilia e Puglia sono incoraggianti: nessuna segnalazione di gravi non conformita’ (caporalato, lavoro nero o casi di discriminazione).


caporalatoSono state invece individuate problematiche relative a norme di sicurezza disattese sulle quali e’ stato chiesto un pronto intervento. I prossimi controlli riguarderanno fragole e pomodori ciliegini. L’altro binario su cui si muove la campagna e’ l’impegno chiesto alle 7.200 aziende agricole dei prodotti a marchio Coop di iscriversi alla Rete del lavoro agricolo di qualita’, iscrizione che attesta di essere un’azienda pulita, in regola con le leggi e i contratti di lavoro, che non ha riportato condanne penali e non ha procedimenti in corso. Accanto al lavoro nero e alle frodi alimentari, Coop vuole affrontare anche il tema dei prezzi nel settore ortofrutticolo perche’ spesso e’ li’ che si trova un indicatore di illegalita’. “La volatilita’ dei mercati e’ elevata, ma si possono e si devono trovare soluzioni affinche’ consumatori e produttori abbiano il giusto prezzo – continua Pedroni – Come Coop siamo attenti a riconoscere ai produttori agricoli prezzi equi, non il prezzo piu’ basso del mercato che in certe filiere nasconde l’illegalita’. Va segnalato che problemi importanti nella formazione del valore dei prodotti ortofrutticoli sono sia quello dei costi intermedi e logistici, che pesano per quasi per il 40% sul prezzo finale, che quelli di una migliore organizzazione e aggregazione dei produttori: se ne avvantaggerebbero sia i consumatori che gli agricoltori”.

 (Fonte: Redattore sociale)

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