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Omicidio Saman, pronta la richiesta per processare il padre in video. Zio e cugino chiedono uno sconto di pena

Dopo i vari rinvii, la nuova udienza in Pakistan per l'estradizione di Shabbar Abbas è fissata per il 21 febbraio

Pubblicato:17-02-2023 11:46
Ultimo aggiornamento:17-02-2023 19:04
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REGGIO EMILIA – La Corte d’Assise di Reggio Emilia procede nel tentativo di processare in videoconferenza Shabbar Abbas, accusato con altri quattro familiari dell’omicidio della figlia Saman, scomparsa nel 2021 e ritrovata cadavere sotto un casolare nelle campagne di Novellara.

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Nel procedimento separato che riguarda il 46enne, la presidente del collegio giudicante Cristina Beretti informa stamattina che è stata predisposta, ma non ancora inviata, una richiesta al ministero della Giustizia (dipartimento degli Affari internazionali) per organizzare un collegamento con il Pakistan dove Shabbar è detenuto, per permettergli di assistere al procedimento in corso a suo carico a Reggio Emilia.


L’atto, specifica Beretti, è stato tradotto in tre lingue (inglese, punjab e urdu) e sarà inviato “per cortesia” anche al legale d’ufficio di Shabbar che lo assiste nella vicenda della sua eventuale estradizione. “La Corte ha preso contatto con il ministero a cui chiediamo assistenza”, ha spiegato Beretti, che ha rinviato poi l’udienza del filone processuale di Shabbar al prossimo 17 marzo. “Sperando – conclude il giudice – che nel frattempo succeda qualcosa”. La prossima udienza per l’estradizione dell’imputato è intanto fissata a Islamabad il 21 febbraio prossimo.

ZIO E CUGINO CHIEDONO GIÀ UNO SCONTO DI PENA

Le difese di Danish Hasnain e Ikram Ijaz, rispettivamente zio e cugino di Saman Abbas, ribadiscono la richiesta di rito abbreviato (già presentata e respinta in fase preliminare) nell’ipotesi in cui nel processo sull’omicidio della giovane pakistana vengano escluse le aggravanti e si configuri per gli imputati un reato che non prevede l’ergastolo. La mossa punta ad aprire uno spiraglio per guadagnare lo sconto di un terzo della pena, escluso dalla legge per le fattispecie di crimini che comportano il carcere a vita.

Inoltre i legali difensori di Ijaz hanno sollevato delle eccezioni sulla regolarità delle notifiche degli atti del processo al loro assistito, dal momento che l’uomo è “analfabeta” e non comprende bene l’italiano. Per la Procura di Reggio, rappresentata dal Pm Laura Galli, il diritto alla difesa è invece comunque garantito dalla presenza del legale e dell’interprete. La Corte si è riunita in Camera di Consiglio per esaminare la questione.

“IL FRATELLO DI SAMAN È CERTO CHE FINIRÀ COME LEI”

Il fratello minore di Saman Abbas “è tutt’ora certo che, per aver parlato, subirà la stessa sorte della sorella”. A dirlo è oggi in tribunale a Reggio Emilia l’avvocato che lo assiste, Valeria Miari, opponendosi alla richiesta delle difese degli imputati che l’adolescente (che a breve compirà 18 anni) venga sentito in aula come testimone.

“Il mio scopo – continua Miari – è preservare la salute psicofisica di questo ragazzo, o quantomeno quel che ne rimane, risparmiandogli la sofferenza di rivivere i traumi che ha già subito”. Sulla stessa linea il pubblico ministero Laura Galli che chiede che il giovane (già ascoltato in sede di incidente probatorio a giugno dell’anno scorso e principale accusatore dei suoi parenti indicati come carnefici della sorella) non sia di nuovo interrogato in pubblico. Questo per evitare “influenze negative” sulle sue dichiarazioni.

Per il pubblico ministero, infatti, “è evidente che abbia subito diverse pressioni per ritrattare le sue dichiarazioni e non sono emerse ulteriori circostanze che giustifichino una sua nuova testimonianza”. Galli chiude con un appello ai giudici, convinta che “potrete anche giudicare nel processo le dichiarazioni del minore non credibili, ma un dato dichiarativo più genuino di quello dell’incidente probatorio non potrete averlo più”.

IL FIDANZATO DI SAMAN NON VUOLE TESTIMONIARE

Anche l’avvocato di Saqib Ayub, fidanzato di Saman, ha chiesto che il suo assistito sia espunto dalla lista dei testimoni delle difese, in considerazione anche delle minacce che avrebbe ricevuto dagli Abbas. La Corte ha poi respinto le eccezioni presentate dalla difesa di Ikram Ijaz, cugino di Saman, secondo cui poiché l’imputato è “analfabeta” avrebbe dovuto ricevere notifica degli atti del processo tramite “lettura orale” degli stessi in pakistano. Il giudice Cristina Beretti, presidente della Corte d’Assise, ha obiettato che Ijaz ha conseguito la licenza di scuola media in Pakistan ed elementare in Italia e, in sede di interrogatorio di garanzia, ha dimostrato di comprendere l’italiano. Inoltre “non esiste la figura del lettore degli atti giudiziari”, ha chiuso Beretti.

AMMESSE 10 PARTI CIVILI SU 23

Sono dieci le parti civili ammesse nel processo per l’omicidio di Saman Abbas, che si è aperto lo scorso 10 febbraio a Reggio Emilia. Lo ha deciso la Corte d’Assise di Reggio Emilia che si è pronunciata oggi sulle 23 richieste presentate da enti e associazioni di tutta Italia. Sono nello specifico ammesse le parti: Comune di Novellara, Unione dei Comuni della Bassa Reggiana, e il fratello minore e il fidanzato di Saman. Inoltre l’Unione delle comunità islamiche italiane (Ucoii), la confederazione islamica italiana e la Grande moschea di Roma. Infine le associazioni “Trama di terre”, “Unione donne italiane” (Udi) e “Differenza donna”. Tra gli esclusi l’associazione Penelope e il Comune di Berceto, l’unico ad aver già dato la cittadinanza italiana a Saman nel giugno del 2021.

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