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Dopo una riunione fiume durata oltre 36 ore, nei giorni scorsi l’Unione europea ha raggiunto un accordo sull’Ia Act, la legge sull’intelligenza artificiale. La notizia è stata annunciata da Thierry Breton, il commissario per il Mercato interno e i Servizi, con un tweet: “Storico- ha scritto- l’Ue diventa il primo continente a stabilire chiare regole per l’uso dell’Ia” e ha spiegato che è molto di più che un manuale di regole, “è una piattaforma di lancio per le startup e i ricercatori europei per guidare la corsa globale sull’intelligenza artificiale”. Per il sottosegretario italiano alla presidenza del Consiglio con delega all’Innovazione tecnologica, Alessio Butti, e il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso è stato compiuto “un passo significativo per lo sviluppo dell’intelligenza artificiale nella Ue ed in Italia”.
Sono davvero poche le pubbliche amministrazioni in regola sulla protezione dei dati personali. Secondo un’indagine presentata a Roma alla Camera dei deputati durante il Forum dell’Associazione nazionale degli Operatori Responsabili della Conservazione dei dati (Anorc), neanche una su dieci ha nominato un responsabile della Conservazione e solo l’8,5% ha pubblicato il Manuale della conservazione aggiornato alle Linee guida Agid. “Si sta parlando tanto di processi di digitalizzazione- ha dichiarato il presidente di Anorc Professioni, Andrea Lisi- ma dietro ci deve essere un archivio che deve rispettare regole precise”. Per questo l’Associazione ha avanzato proposte concrete, come destinare parte dei fondi del Pnrr alla formazione dei professionisti responsabili dell’innovazione delle Pa.
Per fare un computer ci vuole un informatico. Per fare un’intelligenza artificiale ci vuole un umanista. Ne sono convinti i creatori di Ex Machina Italia, società di innovazione digitale con sede a Bologna, che oltre a matematici, fisici e ingegneri punta su filosofi e linguisti per ‘addestrare’ l’intelligenza artificiale. Il perché lo ha spiegato alla ‘Dire’ Sandro Cacciamani, ceo di Ex Machina Italia: “Il linguaggio delle macchine deve essere il nostro linguaggio- ha detto- C’è quindi bisogno di persone che si sono allenate, nella loro formazione, all’uso consapevole delle parole e conoscono finezze, sottigliezze e ambiguità del linguaggio”.
Natale si avvicina e molti bambini hanno espresso il desiderio di trovare sotto l’albero un dispositivo tecnologico. Secondo una ricerca di Kaspersky, azienda specializzata in sicurezza informatica, il 61% dei bambini riceve il suo primo dispositivo tra gli 8 e i 12 anni, l’11% ottiene il primo tablet prima di compiere 5 anni. Una scelta che può comportare dei rischi. Ecco allora, secondo gli esperti, 4 cose da fare inizialmente per proteggere i più piccoli dai pericoli della rete: creare un account per bambini; configurare le impostazioni di privacy e riservatezza; installare anche un’app di digital parenting; attivare il blocco delle chiamate.
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