NEWS:

La minaccia che viene dal cielo: come ci difenderemo dagli asteroidi? VIDEO

Il 30 giugno è l'Asteroid Day, data riconosciuta anche dalle Nazioni Unite

Pubblicato:16-12-2016 15:49
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 09:26

FacebookLinkedInXEmailWhatsApp

Segnate questa data sul calendario: il 30 giugno è l’Asteroid Day, e adesso lo è anche per l’Onu. Le Nazioni Unite hanno infatti concesso il loro imprimatur all’evento che dal 2014 promuove la consapevolezza globale sul pericolo di asteroidi a rischio di impatto sulla Terra.

La data scelta è quella dell’evento di Tunguska: il 30 giugno del 1908 un meteorite esplose nei cieli della Siberia sprigionando una potenza spaventosa, mai più replicata.


I ‘padri’ dell’Asteroid Day sono 4. Il più famoso è senza dubbio Brian May, storico chitarrista dei Queen, che pochi sanno essere anche dottore di ricerca in astrofisica; poi c’è Grig Richters, regista tedesco che ha realizzato un film ispirato all’evento di Tunguska; Rusty Schweickart, della missione Apollo, e Danica Remy.

Il rischio che asteroidi precipitino sulla Terra c’è, ma non pensate alle catastrofi che avete visto al cinema: nella realtà non sarà Bruce Willis a portare una squadra sull’asteroide più pericoloso per salvare il pianeta, come accadeva in Armageddon (1998).

Approfondimento sugli asteroidi dal minuto 02’42”


Si tratta piuttosto di individuare innanzitutto gli asteroidi a rischio e poi di studiare a livello internazionale una soluzione, che, verosimilmente, preveda la deviazione del corpo roccioso ‘impazzito’. Per fare questo è necessario uno studio coordinato volto a gestire l’emergenza di un impatto. Pensandoci, possibilmente, molto prima che accada. Il rischio di impatto è remoto, ma c’è. La minaccia è reale, “meglio non dormire, ma tenerla presente e studiarla”. Lo ha spiegato bene Gianluca Masi, astrofisico, ideatore del Virtual Telescope Project e coordinatore per l’Italia dell’International Asteroid Day. Esiste anche un asteroide che porta il suo nome, ma lui ha assicurato che non è “malintenzionato”. Quali sono, allora, gli asteroidi che dobbiamo temere?

“C’è una folta schiera di asteroidi, abbiamo superato abbondantemente le diecimila unità, che di fatto nel percorso orbitale si intrufolano nel Sistema Solare interno– spiega Masi ai microfoni della DIRE-. Mediamente gli asteroidi normali sono tra Marte e Giove. Almeno un parte di essi può incrociare l’orbita della Terra. Finché passa l’uno e poi l’altro nulla succede, se entrambi dovessero attraversare insieme la cosa cosa sarebbe piacevole”.

In caso di possibile impatto, l’idea sarebbe “riuscire a deviare l’asteroide dalla rotta di collisione. Sarebbe importante che le agenzie spaziali internazionali potessero mettere in campo risorse comuni. Mettere a punto una missione spaziale il cui obiettivo è deviare un asteroide non è come chiedere a un’automobile di cambiare corsia. Scoprire un asteroide potenzialmente pericoloso è soltanto l’inizio della storia. Se davvero quello minaccia un impatto, è la possibilità di venirne fuori che fa la differenza. Uno studio coordinato internazionale potrà essere, a mio parere, la soluzione”.

La minaccia che arriva dal cielo non è stata ancora identificata in maniera netta. Se infatti è semplice individuare “i pesci grossi”, sono gli asteroidi più piccoli a far temere per la loro pericolosità.

Tra le motivazioni di Asteroid Day “c’è anche quella di incrementare di un fattore 100 in un lasso di tempo concentrato la nostra capacità di scoperta. Dal buio cosmico potrebbe spuntare ora un asteroide non di grandi dimensioni- quelli li abbiamo presumibilmente tutti trovati, i pesci grossi li trovi prima-, mentre noi parliamo potrebbe profilarsi una minaccia a breve termine di un asteroide responsabile di una catastrofe locale. Per questo abbiamo poche carte da giocare, ma se l’anticipo è grande si possono fare una serie di interventi. Da cui appunto sottolineo l’importanza di essere pronti a prescindere: non a fronte di una minaccia, ma come spunto importante per la protezione della Terra”.

L’idea che circola tra il pubblico dei ‘preoccupati’ per un possibile impatto è però ancora simile all’Apocalisse prospettata da film o dalle innumerevoli bufale online. E allora serve far sapere a tutti come realmente e scientificamente posso andare davvero le cose.

Certo, è difficile “combattere le bufale online perché oggi i numeri spesso per molti, per chi non lo fa in maniera professionale, contano più della qualità- spiega Masi-. Alle volte notizie in bilico tra il serio e il faceto hanno margini di successo e di diffusione più ampi. I famosi ‘mi piace’ sono oggi per molti l’unico metro per valutare. Ci sono degli argomenti che sono duri a morire. Penso ad esempio quando a fine agosto ritorna puntualmente il fatto che Marte si vedrà grande come la Luna. Una cosa che risale al 2003, quando lo si vedeva grande come la Luna, ma ingrandendolo al telescopio di decine e decine di volte”.

Senza dubbio, quindi, di bufale ce ne sono e molte e l’unico antidoto è affidarsi a fonti attendibili, verificate, professionali.

Molti argomenti, poi, possono essere fraintesi.

La foto è di Gianluca Masi

“La Superluna, per esempio. Nell’ultimo scorcio dell’anno ne abbiamo viste tre. Per molti è un fenomeno di scarso interesse. Noi astrofisici non la amiamo molto, la luna piena, per la sua luce, però ci vediamo, comunicando nel modo giusto, senza far preoccupare nessuno, senza annunciare chissà che grandezza della Luna là fuori, un’occasione preziosa per motivare tanti, coperti bene visto il freddo, ad alzare lo sguardo al cielo. Quindi, bufale a parte, ci sono argomenti di grande appeal che a mio parere vanno adoperati per trasferire l’emozione e la bellezza della scienza”.

E Masi è uno che lo studio del cosmo, con il suo carico di fascino, lo ha messo a disposizione di tutti. Ha infatti ideato il Virtual Telescope Project, un canale 2.0 per mostrare a chiunque, in ogni parte del mondo, le meraviglie sopra di noi (lo potete trovare qui).

Il progetto ha celebrato i suoi dieci anni. E’ nato per l’esigenza dello stesso Masi di permettergli di usare telescopi posti a 100 chilometri a sud di Roma senza andare là. “Questo mi ha portato a progettare un sistema ad accesso remoto. Io oggi posso pilotare questi sistemi dal mio smartphone. Ma subito dopo l’idea è stata anche quella: perché non fargli trasferire le immagini su un sito internet, in una pagina attorno a cui creare una sorta di comunità con cui seguire eventi in tempo reale, transito di asteoidi, eclissi o fenomeni rari”.

Il cielo, quindi, alla portata di tutti. Ma sempre con una guida affidabile.


Le news di questa settimana

Marte visto da vicino (al Museo)

Siete appassionati del pianeta rosso? Se guardarlo con il telescopio non vi basta, potete ammirarlo da vicino grazie a ‘Marte – incontri ravvicinati con il pianeta rosso’, l’esposizione messa a punto dall’Agenzia Spaziale italiana (Asi) e dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, con la collaborazione dell’Agenzia spaziale europea (Esa) e dell’Istituto nazionale di Astrofisica (Inaf). La mostra, a ingresso libero, sarà aperta al pubblico dal 16 dicembre 2016 al 28 febbraio 2017 nell’Aula Ottagona del Museo Nazionale Romano alle Terme di Diocleziano. Il pubblico potrà ammirare il passato di Roma, con le statue che rappresentano il Dio della Guerra, e guardare al futuro, attraverso le prossime missioni marziane e la colonizzazione del Pianeta Rosso.

Addio a John Glenn, primo statunitense nello Spazio

Se ne è andato a 95 anni John Glenn, astronauta statunitense che ha legato a doppio filo la sua vita allo Spazio. Fu lui, infatti, a compiere un’orbita intorno alla Terra nel 1962, prima volta assoluta per gli Stati Uniti, uguagliando così il ‘collega’ sovietico Jurij Gagarin. E fu sempre lui a stabilire il record, tutt’ora imbattuto, di persona più anziana mai andata in orbita. Era il 1998 quando trascorse nove giorni nello Spazio, a bordo dello Shuttle, all’età di 77 anni. Glenn fu anche un politico: è stato senatore degli Stati Uniti per 24 anni.

C’è boro su Marte

A scoprirlo è stato il rover della Nasa Curiosity: perlustrando l’area intorno al Monte Sharp si è imbattuto nel boro, elemento chimico che può significare condizioni di vivibilità nel passato del pianeta rosso. Il boro, infatti, è associato all’evaporazione dell’acqua in zone aride e una delle ipotesi degli scienziati è che questo possa essere accaduto anche su Marte: un lago, ad esempio, potrebbe essere evaporato lasciando sedimenti contenenti boro. L’altra ipotesi al vaglio è che invece si siano verificaticambiamenti chimici nei depositi argillosi e un’azione delle acque sotterranee nella sedimentazione del boro. Entrambe le ipotesi indicano un passato complesso per Marte, che man a mano svela i suoi misteri.

di Antonella Salini, giornalista professionista

Le notizie del sito Dire sono utilizzabili e riproducibili, a condizione di citare espressamente la fonte Agenzia DIRE e l’indirizzo www.dire.it