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Testi “copia-incolla”, Ferri: “Così i consulenti del Tribunale influenzano decisioni su affidi minori”

I consulenti tecnici e il loro ruolo nelle cause per l'affidamento di minori: ecco cosa ne pensa la docente di Filosofia Rita Ferri

Pubblicato:16-11-2021 11:31
Ultimo aggiornamento:16-11-2021 15:46
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giustizia
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ROMA – “Mi è capitato, soprattutto di recente, di leggere consulenze tecniche di ufficio (‘Ctu’) psicologiche estremamente povere nell’analisi dei contenuti e totalmente prive di conseguenzialità logica tra quanto descritto e le gravi conclusioni tratte”. Lo ha dichiarato alla Dire la docente di Filosofia e Logica del diritto, Diritto internazionale e dell’Unione europea Rita Ferri in un’intervista sul ruolo delle Ctu nei tribunali e nelle cause relative all’affido dei minori.
La filosofa ha parlato di “copia- incolla” spesso “estrapolati da altre consulenze al fine di giungere tutte a una medesima conclusione”. Ferri si riferisce soprattutto ai quesiti posti dal giudice ai Ctu nelle cause di separazione che riguardano l’affidamento dei figli minorenni: “Al buon 90%- dice Ferri- non potrebbero essere posti per incompetenza dello psicologo o per illegittimità della domanda”.

“I CONSULENTI SPESSO ESCONO DALLE LORO COMPETENZE”

Particolarmente grave per la filosofa è che i consulenti “sovente debordano il confine della propria competenza per entrare in ambiti specialistici altrui, con psicologi, per esempio, non in possesso di una laurea in medicina che fanno considerazioni di carattere prettamente medico, soprattutto medico-psichiatrico ma non solo. Tutto nasce- continua la docente- dall’errata presupponenza che la psicologia possa essere materia oggettiva e, comunque, indipendente da chi analizza e da chi viene analizzato”. Per Ferri “contrariamente a quanto dettato dal Codice deontologico dell’Ordine nazionale degli psicologi, dagli stessi Ctu non viene rilevata, nel momento dell’atto della loro nomina, la inopportunità o incompetenza rispetto a determinati quesiti”.

In generale l’opinione di Rita Ferri “è che le Ctu psicologiche occorrano, in maniera strumentale, non altro che per avvallare gravi forzature del diritto” e a tal proposito pone l’esempio delle richieste al giudice, comuni in molte Ctu, di disporre una psicoterapia su minorenni e/o sui genitori: “Tali terapie- ha dichiarato la filosofa- sono illegittime tanto sugli adulti quanto sui figli minorenni, se non autorizzate da ambedue i genitori se esercenti entrambi la potestà genitoriale. Già con la sentenza 13506 del 2015, la Cassazione chiariva ai giudici l’illiceità della imposizione ad effettuare un percorso psicoterapeutico o di mediazione familiare, poiché lesivo del diritto alla libertà personale. Non trattandosi di interventi configurabili come Tso (Trattamenti Sanitari Obbligatori), il giudice non può costringere alcuno a fare percorsi per ‘abbassare il conflitto’ e ‘aumentare le capacità genitoriali’”.


“MALE IL MEDIATORE PSICOLOGO PREVISTO DA TRIBUNALE VICENZA”

Nel corso dell’intervista, la filosofa ha poi tenuto a riferire come allarmante il progetto del Tribunale di Vicenza con l’Università di Padova, che inserisce nei processi civili la figura di uno psicologo in qualità di mediatore. Agli psicologi è stato anche concesso di consultare i fascicoli pendenti fermi da oltre tre anni. Per la docente, l’accesso ai fascicoli per diverse finalità “comporta importanti considerazioni circa l’utilizzo dei dati sensibili e il diritto alla privacy. Argomento questo che all’interno di uno Stato che vuole ancora intendersi di Diritto non è affatto irrilevante”.

“Ciò- aggiunge la professoressa Ferri- tanto più alla luce di quanto viene enunciato dal titolo del corso di ‘Mediazione e giustizia riparativa. Metodologia e strumenti per l’applicazione negli ambiti familiare, penale, comunitario, organizzativo e commerciale’, tenuto dall’ordinario in psicologia promotore del progetto. Nell’invito all’iscrizione al corso- aggiunge Ferri- si fa esplicito riferimento alla “costruzione di competenze volte alla generazione di una realtà terza di mediazione tra le parti attraverso la costruzione, il consolidamento di obiettivi comuni, la gestione dello strumento della negoziazione per generare una realtà in cui le parti possano governare il processo decisionale che li riguarda, l’individuazione e l’utilizzo di indicatori di processo e di risultato per una valutazione dell’efficacia degli interventi oltre che per un monitoraggio degli stessi. A queste si affiancheranno competenze di costruzione di proposte progettuali di mediazione e giustizia riparativa e utilizzo di metodologie per l’analisi dei costi e benefici di servizi/interventi di mediazione’. Insomma- ha commentato la filosofa- dal diritto oggettivo e dal concetto d’interesse soggettivo si passa allo psicologismo tratto da una metateorizzazione inductoria della negoziazione”.

Per la filosofa “sono semmai proprio l’epistemologia e la logica dell’interpretazione a doversi occupare, non per l’aspetto teoretico ma al livello della prassi applicativa, di valutare la validità del metodo e del ragionamento. Tuttavia- aggiunge la docente- probabilmente proprio poiché l’applicazione di queste due discipline porrebbe in crisi l’attuale assetto mostrandone i forti deficit e le relative soluzioni di diritto, producendo un plusvalore qualitativo importante sul piano dei risultati, in Italia esse sono, non a caso, del tutto neglette”.

Proprio per questo la professoressa Ferri pone un punto di domanda: “Come è possibile che la psicologia possa imporre la sua presenza all’interno dei tribunali al posto di considerazioni di diritto (l’utilizzo acritico delle Ctu psicologiche nelle motivazioni ai provvedimenti giudiziali ne sono un esempio), mentre la logica e l’epistemologia, materie che riguardano il controllo della validità del metodo e del ragionamento vengono esclusi da ogni dove, persino dalle Commissioni d’indagine parlamentare? A me pare- conclude la docente- che si stia entrando in un nuovo periodo buio del pensiero ove chi prova a usare la ragione, ponendo dei distinguo concettuali e di fatto, viene ghettizzato e messo a tacere. Ai tempi di Giordano Bruno vi era la Chiesa, oggi parrebbe vi sia la psicologia a farsi muro contro la ragione e contro quel diritto che pareva a noi essere quello già acquisito”.

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