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Comet Interceptor, viaggio sulla cometa sconosciuta

L’Agenzia spaziale europea (Esa) torna a studiare le comete dopo il successo mondiale della missione Rosetta. Il nuovo viaggio verso l’ignoto è a bordo della sonda Comet Interceptor

Pubblicato:16-11-2020 10:54
Ultimo aggiornamento:28-01-2021 15:54

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ROMA  – L’Agenzia spaziale europea (Esa) torna a studiare le comete dopo il successo mondiale a livello scientifico e mediatico della missione Rosetta. Il nuovo viaggio verso l’ignoto è a bordo della sonda Comet Interceptor e parte nel 2028: la missione sarà lanciata insieme ad Ariel, il telescopio spaziale dedicato allo studio degli esopianeti.

Sulla sonda Comet Interceptor c’è anche il nostro Paese grazie a Ohb Italia, azienda consolidata nell’ambito delle tecnologie spaziali, con sede a Milano, che si è aggiudicata il contratto con l’Agenzia spaziale europea per la realizzazione della sonda interplanetaria.


LA MISSIONE

Comet Interceptor fa parte del programma Cosmic Vision dell’Esa e ha l’obiettivo di esplorare una cometa mai vista prima, proveniente dallo spazio profondo, per ottenere informazioni sui mattoncini che hanno costruito il nostro Sistema Solare. È una missione a basso budget: per realizzarla, escluso il lancio, saranno investiti appena 150 milioni di euro. Importante il contributo dell’Agenzia spaziale italiana (Asi).

Si chiama Comet Interceptor perché dovrà intercettare una cometa che potrebbe arrivare dallo Spazio profondo. E se non arriva, evento improbabile ma possibile, niente paura: ci sono altri corpi interstellari che possono essere visitati. Dalla sonda madre, posizionata a circa mille chilometri, si sganceranno due mini-sonde che si avvicineranno alla cometa fino a 400 chilometri di distanza e ce ne restituiranno delle immagini tridimensionali.

Ne abbiamo parlato con Marco Stanghini, personal advisor dell’amministratore delegato di Ohb Italia.

Della sonda “è interessante capire anche il viaggio. Sarà lanciata nel 2028 e dopo un viaggio dai 30 a i 120 giorni si posizionerà in un punto ben preciso dello Spazio, il punto lagrangiano L2, dove potrà posizionarsi in maniera stabile grazie all’attrazione di Sole e Terra. Rimarrà in questo punto per circa 3 o 4 anni al massimo, nell’attesa dell’arrivo di una cometa. Dopodiché quando arriverà questa cometa, la sonda si muoverà per incontrarla– spiega Stanghini-. C’è da dire che viaggerà a una velocità incredibile, 70 km al secondo, 250mila km l’ora. Sarà ovviamente controllata da Terra. La caratteristica principale è che avrà a bordo due ulteriori sonde, piccoline, una di 40 chili e l’altra di 30, una realizzata dall’Esa, l’altra dalla giapponese Jaxa. A bordo della sonda vi saranno circa dieci strumenti scientifici, 4 sulla sonda principale e gli altre tre su ciascuna delle due mini sonde. L’importanza è che visiteranno e rileveranno quello che avviene sulla cometa. Vi sono delle telecamere, imager, che opereranno in lunghezze d’onda specifiche, il visibile, l’infrarosso e il vicino visibile. Non solo. Vi saranno degli spettrometri che analizzeranno la composizione chimico-fisica della cometa, per studiare i gas ghiacciati, le rocce e i metalli. C’è poi uno strumento cui partecipa l’Istituto nazionale di Astrofisica (Inaf) e l’università Parthenope di Napoli, che analizzerà le polveri, il campo elettrico e il campo magnetico. La caratteristica principale di questo sistema è di avere anche immagini in 3D, prese simultaneamente dalla sonda principale, che si trova a mille km, e dalle due mini sonde che saranno a 400 km”.

La sonda è ben equipaggiate per proteggersi dalle insidie rappresentate dai detriti spaziali, una delle telecamere è dotata addirittura di un telescopio.

“Per Ohb italia molto sfidante presentare un team industriale. Grazie al contributo dell’Asi e al ruolo di Ohb, l’Italia dovrebbe avere un ruolo estremamente importante. Realizzeremo gli equipaggiamenti, integreremo il satellite, con gli altri due mini satelliti, e lo consegneremo all’Esa per il lancio”.

LA MISSIONE ARIEL

Il lancio avverrà a bordo di un razzo Ariane 6 dalla base di Kourou, in Guyana francese, insieme ad Ariel, destinato allo studio delle atmosfere dei pianeti posti al di fuori del Sistema Solare.

L’Italia, con il sostegno e il coordinamento dell’Agenzia Spaziale Italiana, è tra i principali contributori ed esprime due Co-Principal Investigators, Giusi Micela dell’Istituto Nazionale di Astrofisica di Palermo e Giuseppe Malaguti dell’Istituto Nazionale di Astrofisica di Bologna, supportati da un team che include numerosi altri scienziati e strutture dell’INAF. A questa squadra si aggiungono l’Università di Firenze, dove si trova Emanuele Pace, Project Manager nazionale della missione, l’Istituto di Fotonica e Nanotecnologie del CNR di Padova e l’Università Sapienza di Roma. “Ariel è la terza missione dell’ESA, dopo CHEOPS e PLATO, dedicata allo studio dei pianeti extra-solari e garantirà il consolidamento della leadership europea nell’ambito di questa nuova tematica scientifica. L’Italia ha un eccellente background scientifico e industriale in questo campo, derivato dalla partecipazione alle missioni CHEOPS e PLATO. La partecipazione alla missione Ariel permetterà alla comunità scientifica e all’industria nazionale di valorizzare ulteriormente le conoscenze e le capacità acquisite”, ha commentato Barbara Negri, capo Unità Osservazione e esplorazione dell’universo dell’Agenzia spaziale italiana (Asi).

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