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Saviano: “Lager in Libia, noi complici come tedeschi durante Shoah”

Lo scrittore ha pubblicato su Facebook un post con riflessioni molto dure

Pubblicato:16-11-2017 09:59
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 11:54

saviano contro sangiuliano
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ROMA – “Oggi i tedeschi che non capivano cosa accadeva mentre si mandavano a morire centinaia di migliaia di ebrei siamo noi. Oggi gli americani che bloccavano per settimane gli immigrati a Ellis Island siamo noi“. Cosi’ Roberto Saviano su facebook sui migranti e quanto sta accadendo nei campi in Libia. “Quando gli orrori si ripetono- sottolinea- è perché alle persone manca la memoria e perché politici privi di idee, opportunisti e spietati ne approfittano. Ma rispondete a questa domanda: quando i vostri figli o i vostri nipoti vi chiederanno come sia stato possibile non rendersi conto di niente, cosa risponderete? Che c’era qualcuno che vi ripeteva che bisognava pensare prima agli italiani?”.

“La verità- continua- è che siamo complici e responsabili di torture e sofferenze indicibili. E se questo non turba le nostre coscienze, vuol dire che siamo esattamente come quei mostri che abbiamo studiato a scuola e che, a quanto pare, abbiamo voluto dimenticare”. “La cosa più pericolosa che possa accadere a un popolo è perdere la memoria- dice ancora Saviano in un lungo post-. Memoria di ciò che è accaduto, degli errori commessi e degli orrori subiti. Sui banchi di scuola ci siamo commossi studiando cosa era accaduto agli europei tra la fine dell’800 e durante tutta la prima metà del ‘900. La profonda povertà delle campagne, ma anche delle tante città bombardate durante la Seconda guerra mondiale, spinse molti europei a cercare fortuna oltreoceano. Sappiamo come fur


ono accolti. Quelle sofferenze sono storia, una storia che non dobbiamo dimenticare”.

E ancora: “Quanto abbiamo sofferto poi studiando l’Olocausto. Quante volte abbiamo detto, forse ingenuamente, ‘possibile che l’uomo sia stato così malvagio e che non se ne sia reso conto?‘. Poi è toccato ai gulag, ai campi di concentramento sovietici. Ce li hanno raccontati Solženicyn e Šalamov. Sono racconti da cui non si torna indietro. E i laogai in Cina, dove ancora oggi sono detenuti dissidenti politici. E mentre si consumavano tragedie che avrebbero segnato i decenni successivi, dove erano i nostri nonni? E i loro genitori? Il mio nonno materno era ebreo e mi ha raccontato storie che per un bambino sono terribili da ascoltare, ma che tutti dovrebbero prima o poi conoscere. I miei nonni paterni hanno vissuto, invece, gli anni dell’orrore con minore consapevolezza”.

Quanti di voi, come me, osserva Saviano, “si sono sentiti dire: ‘Oggi è diverso, ma prima tante cose non si sapevano‘. Sono pensieri cupi quelli che sto condividendo qui, eppure nella loro cupezza sono leggeri e passeranno in fretta, perché raccontano cose accadute molto tempo fa o lontano da noi. Ma come la mettiamo con i lager libici? Anche quelli sono lontani? No, non lo sono. Sono invece vicinissimi e ci riguardano. Come mai molti italiani ed europei oggi non riescono a dare il giusto nome a ciò che sta accadendo in Libia e di cui il governo italiano e le istituzioni europee sono artefici e complici?”. Oggi, insiste lo scrittore, “siamo noi quelli che non capiscono o che fingono di non capire. Siamo noi quelli che storcono il naso quando si parla di Ong senza sapere bene perché (magari perché un vice presidente della Camera, con troppa facilità, le ha definite ‘taxi del mare’; perché un procuratore della Repubblica con leggerezza ha detto di avere ‘meri sospetti’ su alcune di loro, sospetti che ‘meri’ sono rimasti; perché un ministro degli Interni ha preteso che siglassero un protocollo per loro impossibile da sottoscrivere)”.

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