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Africa, l’appello di ‘Rebranding Italy’: “Più export di valore”

Tanti i punti chiave sottolineati nel documento, come la cura nella comunicazione e la promozione integrata | Di Brando Ricci

Pubblicato:16-09-2020 17:44
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 19:53
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ROMA – Un export basato sui valori, come l’inclusività e la qualità, che riesca anche a soddisfare la grande richiesta di un ritorno sul mercato africano dei prodotti e delle conoscenze italiane. Questo il modello emerso nel corso di un webinar dell’iniziativa ‘Rebranding Italy in Africa’ organizzata dalla Italia Africa Business Week (Iabw) dopo il Patto per l’export presentato a giugno dal ministero degli Affari esteri e della cooperazione internazionale.

Tanti i punti chiave sottolineati nel documento, come la cura nella comunicazione e la promozione integrata. Per il vicedirettore per l’Africa e capo della divisione del Grande Corno d’Africa del ministero degli Esteri, Fabrizio Lobasso, è importante però rifondare l’export sui valori. “Parliamo di aspetti che vanno oltre la superficie” ha detto. “E’ necessario ripartire dai nostri valori profondi: inclusività, approccio multiculturale, apertura mentale e cortesia”.

Questi, secondo Lobasso, i principi che spingono tanti nel mondo a percepire gli italiani come “brava gente”, rafforzando un’immagine positiva del Paese.


Questa percezione ha trovato conferma nel ricordo tracciato
da Tadele Sinesibhat, imprenditore agricolo etiope, business manager di Green-Revo.

Sinesibhat ha sottolineato che molti cittadini etiopi cresciuti tra gli anni ‘70 e ‘90 ricordano “la qualità e la durata” dei prodotti italiani e delle opere ingegneristiche italiane. Ora però questi prodotti sarebbero scomparsi, a causa soprattutto dei prezzi troppo elevati. “Per diverse ragioni il pubblico etiope predilige articoli a basso prezzo – dice Sinesibhat – e i cinesi riescono a fornirli in grande quantità”.
Non c’è però solo la convenienza alla base del successo di Pechino. Il dirigente di Green-Revo ha parlato della presenza cinese sul territorio: “Anche 20 o 30 per azienda, lavorano qui, conoscono le nostre abitudini e imparano la nostra lingua, assicurandosi che i prodotti si vendano”.
Sinesibhat ha auspicato un maggiore coinvolgimento italiano nel processo di distribuzione e anche un maggiore dialogo con le camere di commercio e le istituzioni etiopi.

La presenza italiana manca anche in Somalia, secondo Ghela Abdulkadir Abdirahman, operational manager di Benadir Pharmaceuticals a Mogadiscio. L’imprenditore ha parlato dell’influenza del nostro Paese nel Corno d’Africa, che “ha fatto da modello di riferimento” per la scuola e l’università. Adesso però l’Italia sembrerebbe quasi uscita di scena, soprattutto sul piano della distribuzione. “L’Africa è piena di possibilità a fronte di un sistema economico ancora da perfezionare” ha detto l’imprenditore, aggiungendo però che la situazione sta cambiando e guardando al futuro: “Mi auguro che l’Italia sia un leader del nuovo approccio con il nostro Paese; vista l’antica storia delle nostre relazioni, ha un obbligo morale”.

Secondo Abdirahman, non c’è sviluppo dell’Africa se gli africani non possono fare impresa o viaggiare agevolmente. “Il mondo è un villaggio globale, ma per noi non così tanto, visto che è difficile anche solo riuscire a spostarsi in Kenya” ha sottolineato l’imprenditore. “Per crescere, i nostri imprenditori e le nostre banche devono essere liberi di operare”.

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