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ROMA – “Il Mediterraneo allargato rappresenta un’opportunità attuale e un pezzo fondamentale del nostro futuro. L’università ha un rapporto consolidato con il Mediterraneo allargato e in particolare con il nord Africa. Esistono accordi di collaborazione fatti da università pubbliche o federazioni di università pubbliche che hanno creato dei contesti di lavoro comune e scambi di studenti. Abbiamo delle borse di studio extraeuropee e il 46% di queste è dedicato proprio al Mediterraneo allargato”. Lo afferma la ministra dell’Università e la ricerca, Anna Maria Bernini, in audizione in Commissione Affari esteri e difesa sulla centralità del Mediterraneo nelle priorità politiche, economiche, sociali e di sicurezza dell’Italia nel quadro dell’appartenenza all’Unione europea e alla NATO.
“L’Onu ha detto che questo sarà il secolo dell’Africa, lì ci giocheremo il futuro non solo diplomatico ma economico, infrastrutturale, finanziario e anche umano in senso demografico- continua Bernini- perché l’università vive un dato oggettivo: l’inverno demografico più lungo della nostra storia e questo in proiezione avrà un impatto sull’università”. Da qui l’importanza di investire sugli studenti. “In Italia eroghiamo borse di studio gratuite al 40% delle studentesse e degli studenti italiani. Gli indicatori per assegnarle- spiega ancora Bernini- sono il reddito, la capacità e la meritevolezza della persona destinataria. Per gli studenti extra Ue la situazione si complica poiché non riusciamo ad avere una certificazione Isee che abbia la stessa equipollenza, soprattutto da alcuni paesi extra Ue. Quindi dobbiamo affidarci alle nostre ambasciate e ai nostri consolati sulla base di un’autocertificazione resa dagli studenti di riferimento. Noi cerchiamo di incrociare i dati delle ambasciate e dei consolati per fare in modo che anche queste borse raggiungano i veri luoghi del bisogno”.
Guardando all’Africa, Bernini ricorda che nel campo della ricerca ci sono realtà attivissime: “L’Istituto nazionale di fisica nucleare, l’Istiuto nazionale di geofisica e vulcanologia, l’Agenzia spaziale italiana in Kenya. L’Università Sapienza ha una storia nell’astrofisica e a Nairobi abbiamo esperienze consolidate con l’Agenzia spaziale italiana e con l’Agenzia spaziale europea (Esa)”. Questi rapporti esistono, ma “non sono caratterizzati da quel tratto di progettualità che vuole avere il Piano Mattei”.
Il Piano Mattei “è un lavoro di comunità governativa. Il presidente del consiglio fa delle missioni di sistema- precisa Bernini- abbiamo identificato dei paesi target su cui costruiamo le nostre missioni, come la diplomazia scientifica, culturale, la ricerca e l’interscambio di studenti che già esiste, ma non in maniera sistemica. L’obiettivo del Piano Mattei è arrivare ad un interscambio di classe dirigente che formandosi insieme riesca a parlare la stessa lingua del business, sociale, della crescita, dello sviluppo e dell’innovazione. Creare quindi classi dirigenti, persone, che formandosi insieme sono in grado di comunicare meglio e innovare meglio. Questo per noi è il Piano Mattei- specifica la ministra- e abbiamo cercato di crearlo su paesi con cui abbiamo rapporti di carattere accademico e scientifico, soprattutto con le università pubbliche. Esistono alcune università private come la Luiss e la Bocconi che hanno creato dei mutui riconoscimenti di titolo, ma non rappresentano da sole quella rete di interscambio continuativo che noi vorremmo creare”.
Per la messa a terra di azioni concrete “ci incontriamo con Egitto, Libia, Tunisia, Algeria, Marocco, Somalia ed Etiopia sui temi dell’infrastruttura di ricerca, ovvero calcoli ad alta prestazioni, algoritmi e big data. Il Politecnico del Marocco è molto evoluto in questi ambiti. Ci si confronta pure sull’AgriTech, non solo sulla sicurezza dei cibi (gli studi sulla capacità genica degli alimenti di resistere ai cambiamenti climatici), ma anche su come desalinizzare l’acqua salata per fare in modo che nel deserto si possano realizzare delle vigne di vino. Israele lo ha fatto- fa sapere Bernini- perché l’agricoltura ora si fa anche con i droni e le valutazioni satellitari”. Gli accordi di mutua collaborazione “sono basati sull’interscambio di ricercatori, dottorati o dottorandi, studenti, sull’uso comune di infrastrutture esistenti o da creare insieme. Loro chiedono di essere parte del percorso della mobilità sostenibile, dell’evoluzione digitale e green. Molti sono interessati all’idrogeno verde, quindi al tema energia. Poi c’è il capitolo Sanità che segue una concezione olistica, per tenere in equilibrio l’ambiente, l’uomo e il mondo animale”.
Sono approcci di carattere scientifico “che si portano dietro la formazione universitaria. Noi creiamo infrastrutture di ricerca nei luoghi dove è più facile studiare certi contesti scientifici. Vogliamo creare una continuità di interscambio di capitale umano e stiamo coinvolgendo le università italiane, gli enti di ricerca e i progetti di ricerca che abbiamo in ambito europeo. Abbiamo chiuso il G7 ministeriale Ricerca, Tecnologia e Innovazione a Bologna tre giorni fa- ricorda la ministra- e un argomento a cui tenevamo molto erano le grandi infrastrutture di ricerca, perché questo è l’unico modo per riportare i cervelli in Italia e dare loro una ragione per tornare. Questa ragione sono le infrastruttura di ricerca. Non basta dare loro uno sgravio fiscale, hanno bisogno di interfacciarsi con la comunità internazionale. Fabiola Giannotti, direttore generale del CERN, ha detto che una delle infrastrutture di ricerca di cui va più orgogliosa si chiama ‘Sesame’ ed è un acceleratore di particelle di terza generazione in cui partecipano l’Italia, Israele, la Palestina e l’Iran. Questo è il nostro obiettivo- conclude Bernini- questa è la rappresentazione plastica della diplomazia scientifica”.
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