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Sud Sudan, missionario: “Con le piogge torna la speranza”

ROMA - "La stagione secca, con il

Pubblicato:16-05-2016 12:01
Ultimo aggiornamento:16-12-2020 22:43

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sudan_padre moschetti

ROMA – “La stagione secca, con il suo caldo terribile, è passata; finalmente stiamo entrando nel periodo delle piogge“: scrive così padre Daniele Moschetti, superiore provinciale dei comboniani in Sud Sudan, un Paese allo stremo dopo due anni di conflitto civile ma dove “torna la speranza”. Il missionario sottolinea l’importanza della recente costituzione a Juba di un governo di unità nazionale del quale fa parte il vice-presidente Riek Machar, già alla guida dei ribelli in lotta contro il capo di Stato Salva Kiir. “Il trauma di essere stati testimoni di tanta distruzione, di uccisioni atroci e di stupri legalizzati è difficile da superare”, sottolinea padre Moschetti: “Serve un lungo periodo di guarigione, il perdono e la riconciliazione, ma i primi passi sono stati fatti e il popolo desidera fortemente la pace”.

Secondo il missionario, solo con questa speranza i sud-sudanesi potranno affrontare le emergenze e le difficoltà quotidiane. “La maggior parte delle merci sono di nuovo disponibili– riferisce padre Moschetti- ma sono sempre di meno coloro che si possono permettere di pagare; e quando arriva un’autobotte si creano chilometri di fila e per qualche litro di benzina si paga anche tre volte di pi rispetto a pochi mesi fa”. Il Programma alimentare mondiale ha calcolato che i sud-sudanesi a rischio fame sarebbero addirittura cinque milioni, quasi la metà della popolazione nazionale.


“In strada vedi tante persone molto tirate e magre perchè, se pure ci riescono, mangiano una volta sola al giorno” conferma padre Moschetti. Convinto che però, dopo decine di migliaia di morti, e nonostante gli sfollati restino oltre due milioni, si possa ricominciare. “Ora che il governo di unità è stato formato- sottolinea il missionario- la comunità internazionale sarà più disponibile a dare una mano se i politici mostreranno impegno e lavoreranno per il popolo e non per i propri interessi personali, tribali o di clan”.

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