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Migranti cubani bloccati al confine Ue tra Polonia e Bielorussia: “Rischiano la vita”

Gli agenti di frontiera di entrambi i Paesi negano loro la possibilità di chiedere l'asilo politico e li respingono indietro

Pubblicato:16-03-2022 19:27
Ultimo aggiornamento:16-03-2022 19:30

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ROMA – “Mia cugina ha 24 anni e da oltre dieci giorni è bloccata senza acqua né cibo tra due barriere sormontate da filo spinato, tra Polonia e Bielorussia, una fascia di terra larga non più di cento metri. E’ con un gruppo di cinque persone: vi prego intervenite, stanno morendo”. Questo l’appello che Jessica Orlando affida all’agenzia Dire, riferendo la storia di una giovane cubana che, da turista in Russia, è diventata profuga in Bielorussia a causa della guerra scoppiata in Ucraina il 24 febbraio scorso e per le leggi che non permettono a chi possiede un passaporto cubano di entrare in Europa e presentare richiesta di visto.

La storia di Gisele – nome di fantasia – richiama la crisi che dall’estate scorsa stanno vivendo i migranti provenienti dalla Bielorussia – in larga parte siriani e iracheni – e che si ritrovano bloccati tra le due frontiere dal momento che, come denunciano organizzazioni per i diritti umani polacche, gli agenti di frontiera di entrambi i Paesi negano loro la possibilità di chiedere l’asilo politico e li respingono indietro. Accuse che i due corpi di polizia hanno negato, affermando di essere disponibili all’assistenza ai migranti ma di dover proteggere la sicurezza dei confini.

Ma Gisele, come spiega Orlando, che risiede da anni in Europa, non era una profuga. “Era in Russia per una vacanza con i genitori” riferisce. “Per i cubani è praticamente impossibile andare all’estero dato che solo pochi Paesi accettano i loro passaporti, tra cui Russia e Bielorussia. Per questo i miei parenti avevano deciso di trascorrere qualche giorno a Mosca e San Pietroburgo”.


La cugina di Orlando però al momento della partenza da San Pietroburgo risulta positiva al tampone per il Covid ed è costretta in albergo per la quarantena. “I genitori hanno deciso di partire, lei li avrebbe seguiti qualche giorno dopo”. La famiglia non poteva immaginare che nel frattempo sarebbe scoppiata la guerra in Ucraina, che ha causato il blocco dei voli da e per la Russia, mentre tra le sanzioni economiche imposte dall’Occidente c’è la sospensione del sistema dei pagamenti internazionali Swift, rendendo impossibili i trasferimenti di denaro.

Data la situazione “Gisele ha deciso di andare in Bielorussia- continua sua cugina- dove almeno potevamo mandarle denaro e provare a entrare in Polonia. Ma quando ha cercato di acquistare il biglietto del pullman che avrebbe dovuto portarla oltre il confine, l’agenzia le ha detto che il suo passaporto non poteva essere accettato. Ha quindi chiesto aiuto alla polizia di frontiera bielorussa, che l’ha arrestata”.

Secondo Orlando, la giovane sarebbe stata portata dagli agenti, insieme a molti altri cubani, in una zona boscosa e costretta a superare la frontiera con la Polonia. Da allora, il gruppo è lì, senza cibo né riparo. “La guerra politica tra le due frontiere sta facendo morire la gente rimasta nel mezzo” denuncia Orlando.

Sempre alla Dire Anna Alboth, esponente di Grupa Granica, un’alleanza di associazioni polacche che si è formata per prestare assistenza ai profughi dalla Bielorussia, ha dichiarato: “Non abbiamo mai smesso di lavorare al confine con la Bielorussia, nonostante ci stiamo occupando anche dell’emergenza profughi che arrivano dall’Ucraina. Negli ultimi giorni stiamo osservando un aumento di arrivi dalla parte bielorussa e in tanti sono bloccati da giorni nella foresta tra le due frontiere. Attualmente siamo in contatto con diversi gruppi tra cui quattro famiglie con bambini piccoli e abbiamo informazioni di almeno 24 cubani che non avevano idea di non poter entrare in Polonia e fare richiesta di visto d’ingresso. Sono sotto shock e in una situazione difficilissima: molti di loro non mangiano da almeno cinque giorni, la maggior parte ha i telefoni scarichi e non riusciamo più ad avere notizie. Le loro famiglie a Cuba ci chiamano di continuo. I polacchi che vivono oltre la frontiera vorrebbero ospitarli o portargli cibo, ma è vietato. Se non interveniamo subito moriranno”.

Alboth fa riferimento alla “zona di interdizione” istituita lo scorso settembre dal governo di Varsavia: si tratta di una fascia di sicurezza dal confine bielorusso profonda tra i tre e i cinque chilometri, nella quale è vietato l’accesso di operatori umanitari e giornalisti che quindi non possono avvicinarsi alla zona dove sono i profughi. La fascia si interrompe al confine con l’Ucraina, dove dal 24 febbraio centinaia di migliaia di persone in fuga dal conflitto in corso sono assistite anche con il sostegno delle istituzioni, che permettono di presentare richiesta d’asilo in accordo con le leggi internazionali sulla protezione per chi fugge da guerre e persecuzioni.

A confermare alla Dire l’emergenza vissuta dai migranti bloccati tra le barriere di separazione tra Polonia e Bielorussia è anche Silvia Cavazzini, di Ghandi Charity, organizzazione italiana presente in Polonia, che si occupa di corridoi umanitari: “Eravamo in contatto con circa 30 cubani e con altri 13 curdo-iracheni prima che i telefoni si scaricassero” dice, aggiungendo che molti altri “il telefono non lo hanno più: gli agenti rompono la porta usb a cui attaccare il caricabbatterie e sequestra le Sim card, così non possono neanche chiamare i numeri di emergenza”. L’operatrice italiana afferma ancora: “La guerra in Ucraina ha peggiorato tutto: fino al 24 febbraio stavamo lavorando per portare le famiglie in Italia, molte regioni ci avevano dato la propria disponibilità. Una famiglia con una bimba malata di cuore è arrivata l’11 febbraio. Ma poi con la guerra tutto si è fermato: si sta dando la precedenza ai profughi ucraini”.

Come riporta la stampa polacca, la Guardia di frontiera la scorsa settimana ha fatto sapere di aver arrestato un gruppo di 73 profughi al confine con la Bielorussia, accusati di aver lanciato pietre contro i militari. Tra loro, persone provenienti da Siria, Iraq, Pakistan, Turchia, Ghana e anche undici persone da Cuba.

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