NEWS:

Processo Ruby ter, parla Karima: “Pentita di essere entrata a casa di Berlusconi, questi anni mi hanno distrutto”

La giovane, protagonista delle serata nella villa di Arcore, parla dopo l'assoluzione nel processo per falsa testimonianza e corruzione in atti giudiziari

Pubblicato:16-02-2023 13:36
Ultimo aggiornamento:17-02-2023 15:48
Autore:

karima_el_mahroug_ruby
FacebookLinkedInXEmailWhatsApp

ROMA – Assolta dai giudici del tribunale di Milano dall’accusa di falsa testimonianza e corruzione in atti giudiziari nel processo Ruby ter, Karima El Mahroug parla della vicenda giudiziaria lunga tredici anni. La giovane, salita agli onori della cronaca con il soprannome di Ruby Rubacuori, è stata assolta insieme a tutti i 28 imputati del processo Ruby ter e in un libro racconta le serate trascorse nella villa ad Arcore di Silvio Berlusconi (anch’egli assolto ieri).

LEGGI ANCHE: Processo Ruby ter, Berlusconi assolto: non ci fu corruzione

Intervistata da Rtl 102.5, Karima parte proprio dalla sentenza del Tribunale di Milano: “Non ho avuto modo di sentire Berlusconi, non era tra le mie priorità. Spero ci sia l’opportunità di sentirlo. Sono contenta della sua assoluzione, tredici anni hanno distrutto me ma hanno distrutto anche lui. Questa vicenda non poteva che avere questo fine”, afferma El Mahroug.


“Con il mio libro ‘Karima’ volevo mettere un punto a questi tredici anni, sono stati un macigno – dice la giovane a Rtl 102.5 – Il libro mi ha aiutato a mettere insieme i pezzi, un viaggio nel mio ‘io’ più profondo, ha dato voce a me stessa dopo anni in cui ho permesso al mondo di potermi definire. Scrivere questo libro è stato liberatorio. La mia speranza è che la gente possa conoscere tutta la mia storia, non sono solo quel capitolo che è stato raccontato. Ruby è sempre stata un’invenzione. A diciassette anni mi sono trovata in un circo mediatico che non mi appartiene, ma non avevo l’età per proteggermi”.

L’assoluzione di ieri “è stata una liberazione”, racconta a Rtl 102.5., “il nome ‘Ruby’ non mi ha mai rappresentata. Era stato scelto come nickname su Facebook ed è stato poi preso dalla stampa e utilizzato nelle aule di tribunale, ma non sento nessuna appartenenza a quel nome. Il libro si intitola ‘Karima’ per questo motivo, spero che da oggi in poi il mondo inizierà ad indentificarmi con il mio nome. Per anni ho perso la mia identità ed è già tanto essere chiamati per nome”, continua El Mahroug,

La giovane ripercorre la vicenda ai microfoni di Rtl 102.5: “Ero una ragazza che ha vissuto l’infelice adolescenza di cambiare diciotto comunità e di dover crescere prima del tempo, non godere della spensieratezza di quell’età. Le bugie erano una difesa dalla vita di strada, un metodo che utilizzavo fino a quando non mi sono potuta concedere il lusso di non dover difendermi più”, dichiara.

“Non credo di aver sbagliato, perché l’unica cosa realmente sbagliata è stata capitare nel posto giusto ma nel momento sbagliato. Con il senno di poi mi sono pentita di essere entrata a casa di Berlusconi – ammette Karima -. Tutto è stato strumentalizzato. Grata di fare quella conoscenza ma negli anni dopo mi sono pentita di essere capitata in quella casa. Se mi guardo indietro sono fiera di me e del mio percorso, bisogna perdonarsi, fare una crescita personale e guardare avanti“.

“Sono stati tredici anni difficili ma non rinnego la conoscenza, sono grata a tutte le persone che mi hanno dato un supporto e mi sono state vicine nel momento del bisogno. La giustizia italiana l’ho vissuta in modo pesante, una trafila difficile se hai diciassette anni – nota la giovane -. Sono rimasta fedele a me stessa e coerente alla versione dei fatti. Non sono scappata, non mi sono arresa, sono legata all’Italia. Sapevo che la verità sarebbe uscita fuori, e ieri ne e stata la prova”.

El Mahroug prosegue: “Io non ho avuto una vita normale, dovete immaginare una ragazzina e che si trova tutte le persone che le guardano, chiusa in casa, qualcuno si sarebbe drogato o suicidato. La mia vergogna era tale che in quel momento sono scesa anche io nel ridicolo facendo delle chiamate. Sono stati soltanto tre giornate di una ragazza che provava solo a salvarsi e allontanare l’etichetta della prostituta che mi era stata affibbiata“, afferma la giovane.

“Quando avevo l’età di mia figlia sono arrivata in Italia – ricorda Karima – a nove anni le direi di godersi la spensieratezza e il bello della vita, ma per me alcuni maltrattamenti erano iniziati in casa mia. Ciò che ho vissuto non mi ha permesso di fare progetti a lungo termine, sono andata avanti a piccoli passi. Devo abituarmi a questa sensazione di libertà dopo tanti anni di sofferenza”, conclude El Mahroug.

Le notizie del sito Dire sono utilizzabili e riproducibili, a condizione di citare espressamente la fonte Agenzia DIRE e l’indirizzo www.dire.it