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Teramo, storia di una strage sfiorata: madre e figlia nell’armadio per sfuggire al padre violento

L'uomo era stato rinviato a giudizio per maltrattamenti ma per il Tribunale e i periti non era pericoloso

Pubblicato:16-02-2023 13:02
Ultimo aggiornamento:16-02-2023 13:02
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ROMA – Poteva essere una strage quanto accaduto in un paesino nella provincia di Teramo il 22 gennaio scorso. I Carabinieri hanno trovato chiuse nell’armadio della camera da letto e “terrorizzate” la piccola Celeste di 4 anni e sua mamma Maria (nomi di fantasia). La storia è da copione: un uomo rinviato a giudizio per maltrattamenti, per giunta con un ricovero in clinica psichiatrica alle spalle, la Ctu (consulenza tecnica d’ufficio) che ignora la violenza e parla di bigenitorialità e una mamma che implora i servizi sociali di aiutarla e darle ascolto perché lei e sua figlia sono in pericolo, ma non viene creduta.

L’AGGRESSIONE IN CASA

Per tutti gli esperti in campo è lei a non essere collaborativa fino a quando il 22 gennaio l’ex di Maria piomba in casa “sfondando la porta”. Mamma e figlia si nascondono. “Lui mette le mani al collo alla suocera, la insegue per le scale, fugge via”. Arrivano i carabinieri e scatta il codice rosso. Oggi l’uomo ha un divieto di avvicinamento a lei, alla bimba e alla madre di lei. Poteva essere un altro caso Barakat. È l’avvocata Marina Marconato, legale della mamma, a raccontare alla Dire quell’orrenda giornata e tutto il calvario giudiziario della donna.

LE TAPPE DELLA VICENDA

“La signora ha denunciato l’ex compagno per maltrattamenti fisici e psicologici e l’uomo è stato rinviato a giudizio. Lui ha chiesto addirittura l’affido esclusivo sostenendo che l’ex compagna rifiutasse la bigenitorialità”, ricorda l’avvocata che segnala anche che nel 2020 “l’uomo era stato ricoverato in clinica psichiatrica per un disturbo dell’umore, depressione, attacchi psicotici e tratti paranoidei con il rischio escalation dovuto anche al fatto che dopo le dimissioni l’uomo aveva interrotto la terapia“.


Inizia qui – come spiega anche l’avvocata – il paradosso in cui si trova una donna che vuole proteggere sua figlia da un uomo sotto processo per violenza: deve mostrarsi collaborativa, deve difendere la genitorialità del padre anche se rinviato a giudizio per violenza, mettendo a rischio prima di se stessa la propria bambina, tanto che il Tribunale di Teramo il 22 giugno 2022 dispone l’affido condiviso sposando in toto la perizia della consulenza tecnica d’ufficio che parla di diritto alla bigenitorialità e predispone una mediazione familiare. Questo è quello che succede a Maria e a tante mamme che denunciano violenza.

UN VIOLENTO È UN BRAVO PAPÀ SECONDO LA PSICOLOGA

“Chiedo una Ctu e viene nominata una psicologa che si vanta anche di essere in un’associazione impegnata contro la violenza sulle donne – spiega l’avvocata Marconato alla Dire -, però riduce tutto nella sua perizia alla conflittualità delle parti, non esamina atti, né causa, né cartelle cliniche dell’uomo, tantomeno la narrazione degli atti persecutori e risponde alle nostre osservazioni con note blande senza entrare nel merito della vicenda e sostiene che il papà è un bravo papà, poco importa se la bambina non ci ha nemmeno mai vissuto data la separazione dei genitori”.

” Il quesito del giudice non le diceva di accertare violenza domestica – riporta Marconato in merito alla difesa della psicologa sulla sua relazione – ma la bigenitorialità va esclusa se c’è un rinvio a giudizio per maltrattamenti e violenza assistita. Ne ho chiesto la nullità e ho richiesto che ci fosse la perizia di uno psichiatra sulle condizioni dell’uomo. Il giudice in ogni caso ha sposato in toto le risultanze della Ctu e ha disposto un affidamento condiviso con incontri protetti per sei mesi a casa del padre alla presenza di un’educatrice e poi liberi, e ha disposto una mediazione familiare, che ricordo è vietata ai sensi di quanto previsto dalla Convenzione di Istanbul. Ho proposto un reclamo al decreto di Teramo, incardinato alla Corte d’Appello de L’Aquila, in cui segnalavo che la Ctu minimizzava la violenza e si è ampliato a dieci mesi il periodo delle visite con l’educatrice. Un po’ questo ci ha salvati o la bimba sarebbe stata totalmente lasciata nelle mani di quest’uomo che mostrava segni di squilibrio”.

È la stessa mediatrice peraltro a segnalare a un certo punto “che quell’uomo era agitato anche con lei. Ho chiesto accesso agli atti – segnala l’avvocata Marconato – perché sono state messe a rischio le vittime. La mediatrice lo aveva segnalato al servizio sociale ma non è accaduto nulla e anzi i servizi sostenevano di dover applicare il decreto e che la signora era troppo ansiosa. Oggi il servizio sociale si è spaventato e sono state bloccate tutte le visite”.

Parliamo di visite in cui il padre chiamava a tutti gli orari e se la bambina, così piccola, magari dormiva pretendeva che fosse svegliata e se questo non accadeva chiamava i carabinieri ogni volta. “E Celeste tornava da quelle ore di visita con il padre sempre stravolta – racconta Maria con un nodo in gola -, sudata, crollava in macchina, non le si riconosceva la voce”.

Ancora una volta in questa Ctu c’è in ogni parola l’alienazione parentale come “principio ispiratore di queste perizie”, spiega l’avvocata, anche se poi sparisce nel lessico in modo esplicito. La mamma non è alienante, ma ostativa. “Un padre violento con la mamma non è detto che lo sia con il figlio e non dovevo ripetere che era violento perché ormai era passato”, le parole che Maria si sente dire da una psicologa incaricata dal servizio sociale. E così per tutelarsi, mentre tribunale e servizi sociali non le danno credito, “ha preso telecamere, non ha potuto mandare la piccola all’asilo, ha preso un investigatore che monitorasse il suo ex” e dopo l’aggressione si è rifugiata in un luogo sicuro.

COSA SI DOVREBBE FARE

“Dove ci sono indizi di violenza (non è necessario ci sia una condanna) – chiarisce Marina Marconato dalla sua lunga esperienza al fianco di donne e bambini – è necessario emettere provvedimenti a tutela del minore e della vittima violenza interrompendo contatti e fare un’istruttoria, non solo una Ctu”. È questo il primo peccato originale di quella che diventa una procedura perversa di violenza istituzionale. “Bisogna creare case di accoglienza per questi uomini dove siano monitorati, perquisiti, tolte le armi se le hanno, invece di metterci donne e bambini che vengono strappati alla loro vita. Se la donna dovesse aver denunciato falsamente pagherebbe – segnala l’avvocata -, ma non è possibile fare il contrario a tutela dei bambini soprattutto. Inoltre bisognerebbe mandar via tutti gli psicologi che usano i manuali dell’alienazione, è un problema sia di business che di formazione. La stessa che manca ai servizi sociali che spesso usano ragazzi giovani e inesperti nelle visite protette. O le Ctu che non usano test specifici per le vittime di violenza che possono apparire, proprio per quanto subito, confuse e ansiose e andrebbe creata subito una biforcazione tra procedimento in assenza di violenza e quello dove c’è violenza”.

IL PARERE DELLA CTU

È la Ctu a scrivere, il 22 marzo del 2022, come se l’ombra della violenza non ci fosse, che mamma e papà della piccola Celeste “sono due bravi genitori ma si suggerisce sostegno alla bigenitorialità” ovvero un bel percorso di psicoterapia e che “la frequentazione della casa paterna, ben modulata, può essere avviata” perché “la bambina ha la necessità di coltivare una sana relazione con entrambi i genitori. Entrambi idonei ma in disaccordo”. È tutto qui per la psicologa: come se il procedimento penale non esistesse, come se il ricovero di un uomo con disturbi psichiatrici non fosse esistito. Lei è certa che sia un bravo papà un uomo che potrebbe scatenare la sua furia su mamma e figlia, che in passato a scene di violenza ha assistito.

Lo racconta proprio Maria alla Dire: “Ho sempre detto a tutti che avevo paura, dagli assistenti sociali a tutti, da quando sono andata a denunciare, ma è come se non avessi detto nulla. Anzi mi hanno detto che era una cosa passata il fatto che mi picchiava e non dovevo più dirlo. Il Ctu ha rilevato che c’era conflittualità ed ero una mamma protettiva. Sono passata per una che non voleva far vedere la bambina al papà“.

LA FURIA E IL RISCHIO ESCALATION

La furia dell’uomo è esplosa quando Maria è rimasta incinta, anche questo accade spesso: “Prima continui messaggi d’amore, poi la gelosia, poi non dovevo uscire. All’inizio voleva la bimba, poi mi chiese di abortire“, ricorda ancora. E da lì l’escalation della violenza che oggi vede l’uomo rinviato a giudizio.

“LA RESPONSABILITÀ È DEI GIUDICI”

“Presenterò un’istanza contro la Ctu – conclude l’avvocata di Maria – e mi riservo di fare un esposto oltre che ricorso per chiedere la modifica delle condizioni di affidamento. Il servizio sociale dopo l’episodio si è spaventato e ha segnalato tutto al Tribunale per i minorenni. Ho chiesto di interrompere tutti i contatti con l’uomo. La grande responsabilità in queste vicende resta in ogni caso dei giudici: il giudice ha il dovere morale e professionale di leggere gli atti, fare le indagini e ammettere i mezzi istruttori“.

Per questo nel reclamo 9 luglio 2022 l’avvocata scrive nero su bianco che il padre della bambina “ha ammesso di aver agito violenza verso la partner ed ha problemi mentali seri, con sintomi violenti e alterazioni della realtà (psicosi) e quindi costituisce un grave indizio nell’ambito della valutazione del rischio che deve essere ben approfondito al fine di preservare l’incolumità della piccola”. Quello che non è stato considerato dai periti, dai servizi sociali e dal giudice.

E così la piccole Celeste è finita nascosta sotto al lettino, prima che la mamma facendole scudo la portasse con sé dentro un armadio, nel disperato tentativo di trovare un rifugio. “È l’uomo cattivo?“, chiede spaventata Celeste prima di seguire la mamma dentro l’armadio, nella cronaca di “un infanticidio e femminicidio mancato – come lo definisce l’avvocata – che in tutte le sedi e fasi della storia giudiziaria era assolutamente prevedibile”.

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