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Governo, ambientalisti: “Bene Draghi e Cingolani, ma servono azioni concrete”

Webinar sulle pagine Facebook di Legambiente e di 'Nuova ecologia: “Gestire la transizione ecologica e la rivoluzione verde significherà stimolare e controllare tutti i ministeri“

Pubblicato:16-02-2021 18:34
Ultimo aggiornamento:16-02-2021 18:43

roberto cingolani
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ROMA – Dal presidente del Consiglio Mario Draghi “abbiamo avuto un segnale importante”, innanzitutto per la scelta fatta in occasione delle consultazioni di ascoltare gli ambientalisti “come tutte le altre parti sociali”. Però “servono adesso investimenti strutturali per consentire alla rete di governare un forte accesso di elettricità da fonti rinnovabili” o gli obiettivi italiani ed europei non saranno colti. Si deve quindi mettere mano “urgentissimamente” al Piano nazionale energia e clima (PNIEC) e rettificare il Piano nazionale di ripresa e resilienza puntando a “potenziare l’azione sulla mobilità sostenibile, che fa parte dei compiti del ministero della Transizione ecologica” e che oggi è assente dal PNRR. Tutto ciò tenendo conto che il target italiano di riduzione della CO2 del 55% al 2030 è “ambizioso ma non impossibile” e che ciò “significa avere per il comparto elettrico il 70% di rinnovabili nel 2030 rispetto al 38% di oggi”. Questo rappresenta “una grande opportunità per il Paese” che “può mettere in moto investimenti per 100 miliardi senza ricorrere al Recovery fund, che dovremmo usare per tecnologie innovative creando nuovo Pil”. Così esponenti di punta dell’ambientalismo italiano – Stefano Ciafani, presidente di Legambiente; Pippo Onufrio, direttore esecutivo Greenpeace Italia; Anna Donati, responsabile mobilità sostenibile del Kyoto club; Agostino Re Rebaudengo, presidente di elettricità futura; Donatella bianchi, presidente del Wwf Italia – in un webinar sulle pagine Facebook di Legambiente e di ‘Nuova ecologia’.

Ciò detto, però, “gestire la transizione ecologica e la rivoluzione verde significherà stimolare e controllare tutti i ministeri“, e il nuovo dicastero assegnato a Roberto Cingolani “deve avere la capacità di rappresentare come organo interistituzionale questa transizione”

In occasione delle consultazioni “Draghi, oltre a raccontarci che cosa avrebbe voluto fare in un governo europeista, atlantista e con le politiche ambientali al centro, tra le cose emerse nel dibattito, e oltre ad ascoltarci lungamente, ci ha detto la sua, e ha anticipato la novità della nascita del ministero della Transizone ecologica“, dice Stefano Ciafani, presidente di Legambiente. “Abbiamo avuto il segnale, importante, da parte di una figura istituzionale di spessore molto importante, come quella di Draghi, che gli ambientalisti devono essere consultati come tutte le altre parti sociali”.


In tutto ciò “finalmente si parla in maniera diffusa e profonda di transizione ecologica, che deve essere una parte centrale dei PNRR nazionali, come ha stabilito la Commissione europea con Ursula von der Leyen con il 37% delle risorse del Next generation EU a essa destinate”, dice Ciafani.

Ora “vediamo cosa farà il governo e cosa farà il neoministro Roberto Cingolani, che non sarà il solo ad occuparsi di questi temi, ci saranno anche le Infrastrutture e Trasporti, lo Sviluppo economico, le Politiche agricole e la Transizione digitale”, segnala il presidente di Legambiente, perché “se vogliamo far ripartire il Paese dopo il picco del CoViD non c’è altra soluzione che rendere concreta la transizione ecologica che come ambientalisti invochiamo da decenni”.

In una sommaria ‘lista della spesa’ Ciafani cita la necessità di realizzare ‘eolico a terra e in mare, fotovoltaico sui tetti e agrofotovoltaico sui campi che non ruba terra al settore primario, e fare solo idrogeno verde da rinnovabili, senza cedere alle richieste dell’industria oil&gas che punta ad averne di altri colori (ogni colore indica l’energia usata per produrre l’idrogeno, ad esempio quello ‘blu’ si fa con il gas o altri idrocarburi con cattura della CO2, a differenza di quello ‘grigio’ sempre da fossili ma senza cattura della CO2, ndr), poi la chimica verde e la decarbonizzazione dei cicli siderurgici, a partire dall’Ilva ma non solo’.

‘Raramente nelle delegazioni ricevute in varie occasioni siamo stati ascoltati con tale attenzione’, aggiunge Pippo Onufrio, direttore esecutivo Greenpeace Italia, tornando alle consultazioni. Ma ciò detto ricorda che per quel che riguarda i fondi del Next Generation EU ‘oltre questi soldi che l’Europa mette con un 37% vincolato alla transizione ecologica contestualmente la Commissione europea ha alzato gli obiettivi di riduzione delle emisisoni al 2030, anche se con un’ambizione minore di quello che abbiamo chiesto, un obiettivo del -55% inclusi gli assorbimenti forestali’, ma conta la ‘contemporaneità, che è importante, perché anche se fatti formalmente disgiunti sono politicamente collegati’.

Per quel che riguarda il presidente del Consiglio Mario Draghi, ‘nelle cose che ci ha detto e nell’attenzione che ci ha dedicato’ si rileva ‘il peso di una persona che è stata al centro delle istituzioni finanziarie internazionali’, prosegue Onufrio, quindi ‘pensiamo sia assolutamente attendibile quanto ci ha detto’, però ‘poi si deve presentare un piano nel quale si capisce che noi spendiamo i soldi per raggiungere gli obiettivi fissati dall’Europa’.

Ad esempio ‘la nostra stima, che coincide con quella di Elettricità futura, dice che per raggiungere i target al 2030 non è sufficiente il 55% di elettricità da fonti rinnovabili che il piano attuale di Terna mira a portare nella rete elettrica, ma dovrà essere attorno al 70%’, segnala il direttore esecutivo Greenpeace Italia. ‘Per riuscirci le uniche risorse aggiuntive che possiamo mettere in campo sono molto solare e eolico, questo in misura minore perché non siamo in Nord Europa e non c’è cosi tanto vento’, dice Onufrio, ma soprattutto ‘significa che si deve modificare subito il piano industriale di Terna, per creare accumuli sulla rete o non ce la faremo mai’. Infatti ‘se non si procede a una trasformazione dell’infrastruttura base per la decarbonizzazione, che è quella elettrica, la rete, ci scordiamo la transizione e non coglieremo né i nostri obiettivi né quelli europei’. Quindi ‘servono adesso investimenti strutturali per consentire alla rete di governare un forte accesso di elettricità da fonti intermittenti’ come sono le rinnovabili, sottolinea il direttore esecutivo Greenpeace Italia.

Da questo punto di vista ‘ora abbiano un PNIEC da buttare’, stigmatizza Pippo Onufrio, direttore esecutivo Greenpeace Italia, e ‘non c’è nemmeno la parola ‘batterie’ nel PNRR, e senza batterie non potremo mai raggiungere gli obiettivi sulle rinnovabili, perché le rinnovabili sono intermittenti e ci sarà bisogno di accumuli’, per stabilizzare la rete elettrica’. Oggi, invece, ‘per tenere in piedi la rete si prevedono tante centrali turbogas, cosa che non accade all’estero, dove si prevedono tante batterie anche in contesti di mercato dove il gas costa la metà che qui da noi’. Un effetto, questo, parallelo al ‘blocco dell’incremento delle rinnovabili, un prodotto della lobby del gas che vuole bloccare questa direzione‘. Ciò detto, conclude Onufrio, ‘io sto alla parola di Draghi, siamo in attesa di vedere dei passi avanrti che facciano bene all’economia italiana e all’ambiente’.

Intanto, sul fronte della mobilità sostenibile, ‘nutriamo grandissime speranze di cambiamento in Enrico Giovannini, alla guida delle Infrastrutture e Trasporti, un ministero sempre problematico, sempre ancorato al passato, pur con modificazioni intercorse’, dice Anna Donati, responsabile mobilità sostenibile del Kyoto club. Speranze nella sua capacità di ‘potenziare l’azione sulla mobilità sostenibile, che fa parte dei compiti del ministero della Transizione ecologica’.

Infatti ‘il tema delle città non è in cima all’agenda degli obiettivi del PNRR come strategie, riforme politiche, progetti, una cosa che ci auguriamo verrà rivista’, dice Donati, ricordando poi ‘il tema dell’elettrificazione dei trasporti, se dobbiamo raggiungere obiettivi di decarbonizzazione è un tema molto importante che il PNRR sottovaluta‘. Ciò detto, conclude la responsabile mobilità sostenibile del Kyoto club, ‘Giovannini è un’opportunita reale di svolta, con una sensibilita verà, e lo dico con un’esperienza decennale’.

Tornando al dicastero della Transizione ecologica, perno dell’azione del governo Draghi, ‘è bene che nasca come un ministero, quello dell’Ambiente, integrato con altre competenze, perché se se fosse voluto fare uno nuovo ci sarebbero voluti almento due anni’, rileva Agostino Re Rebaudengo, presidente di Elettricità futura. ‘Il target di riduzione delle emissioni di CO2 del 55% al 2030 è ambizioso ma non impossibile, però il neoministro Roberto Cingolani dovrebbe rivedere urgentissimamente il PNIEC’, auspica.

Un tale obiettivo, calcola Re Rebaudengo, ‘significa avere per il comparto elettrico il 70% di rinnovabili nel 2030 rispetto al 38% circa di oggi’. Si tratta di ‘una grande opportunità per il Paese, che può mettere in moto investimenti per 100 miliardi senza ricorrere al Recovery fund, che dovremmo usare per tecnologie innovative creando nuovo Pil’.

La situazione però non è buona, e nel nostro Paese la crescita delle rinnoavbili si è fermata. ‘Guardando a un’asta del GSE, andiamo in assegnazione con 1/4 del potenziale, mentre in Francia una settimana fa i progetti sono stati il doppio di quelli messi ad asta’, lamenta il presidente di Elettricità futura, e ‘il problema è la burocrazia che ha bloccato tutto’. Ciò detto, conclude Re Rebaudengo, ‘possiamo dare una mano al ministero, ma su passi non così difficili, però dobbiamo agire sul lato autorizzazioni e burocrazia, che sono il vero ostacolo’.

Quello attuale, con la determinazione espressa dal governo Draghi, è ‘un momento epocale per il settore degli ambientalisti, per la scelta di condividere l’idea del ministero della Transizione ecologica’, riconosce Donatella Bianchi, presidente del Wwf Italia, e ‘Draghi ha parlato di ‘innervamento” delle politiche ambientali nell’azione dell’esecutivo, con l’azione ecologioca che appunto ‘innerverà tutti gli ambiti degli investimenti, che investirà tutti gli altri ministeri’.

Ora, però, ‘personalmente aspetto di leggere il programma governativo’, dice Bianchi, finora si è avuto ‘un buon segnale di partenza e un ottimo strumento per partire, ma adesso si deve capire come sarà il percorso e il viaggio che si potrà fare’, dice Bianchi. Infatti, ‘gestire la transizione ecologica e la rivoluzione verde significherà stimolare e controllare tutti i ministeri’, segnala la presidente del Wwf Italia, e il ministero della Transizione ecologica ‘deve avere la capacità di rappresentare come organo interistituzionale questa transizione’.

Ecco, dice Bianchi, ‘sono fiduciosa’ ma sarà meglio ‘aspettare i fatti e le azioni che seguiranno’, certo ‘volendo essere fiduciosi anche nella transzione energetica, ma attenzione a tutti i temi della rinaturazione, della difesa del suolo, delle bonifiche: tanti ambiti di intervento che voglio leggere nel nuovo PNRR e che fino a ieri non erano coerenti con indicazioni europee’. Per cui, conclude la presidente del Wwf Italia, ‘vogliamo siano esplicitati gli investimenti nella biodiversità per ripristinare gli equilibri saltati’, cosa che ‘sarà importante anche per la transizione energetica’.

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