ROMA – Due anni per completare il ritorno in Myanmar degli oltre 650mila profughi rohingya esuli in Bangladesh da fine agosto, che si aggiungono ai 300mila già presenti: lo hanno stabilito i rispettivi governi di Naypyidaw e Dacca, dopo un’incontro di oggi realizzato nel quadro dell’Accordo di rimpatrio stretto a fine novembre scorso.
I profughi birmani dovranno compilare un documento per candidarsi alla partenza
Secondo il minsitero degli Esteri bengalese, le discussioni hanno portato anche alla definizione del documento che i profughi birmani dovranno compilare per candidarsi alla partenza, e attraverso il quale dovranno essere in grado di provare di aver risieduto sul territorio birmano. Sul punto, diverse ong per i diritti dei rohingya hanno avanzato perplessità, dal momento che le Autorità birmane sin dall’epoca della Giunta militare al potere, non hanno mai riconosciuto la cittadinanza a queste persone. Inoltre, coloro che hanno subito traumi psicologici e violenze gravi potrebbero rifiutarsi di rientrare.
L’accordo tra i due Stati prevede inoltre la costruzione di cinque campi profughi nello Stato di Rakhine
“I rifugiati potranno iniziare a registrarsi già dai prossimi giorni”, hanno spiegato dal ministero degli Esteri bengalese, ma le partenze non avverranno prima di febbraio: “prima è impossibile”, ha detto il ministro Mohammad Sufiur Rahman.
L’accordo tra i due Stati prevede inoltre la costruzione di cinque campi profughi nello Stato di Rakhine, da cui proviene la stragrande maggioranza dei rohingya, e che ha subìto i ripetuti attacchi dell’esercito birmano a fine estate.
Ieri l’Unione europea ha annunciato la concessione di 5 milioni di euro per favorire le procedure di registrazione dei profughi birmani in Bangladesh, che saranno implementate attraverso funzionari dell’Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr).

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