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VIDEO | Soumaila Diawara: “Sono uno dei sopravvissuti; all’Europa dico ‘basta indifferenza’”

L'autore di "Le cicatrici del porto sicuro" a un incontro con Black Post in Parlamento

Pubblicato:15-12-2022 14:14
Ultimo aggiornamento:15-12-2022 14:31

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ROMA – “Uscire dall’indifferenza e provare a capire le sofferenze delle persone”: questo l’appello rivolto alla politica europea da Soumaila Diawara, rifugiato politico in Italia originario del Mali, autore del libro-testimonianza ‘Le cicatrici del porto sicuro; Il diario di un sopravvissuto’.
Del testo, corredato da foto e video, si parla in un’intervista con l’agenzia Dire a margine di un incontro ospitato dalla Camera dei deputati. Al centro le testimonianze dei redattori di Black Post, testata con origini migranti per la quale pure Diawara scrive.

UN MESSAGGIO ALLA POLITICA

“Il messaggio del nuovo libro riguarda soprattutto la politica” la premessa dell’autore: “Deve uscire dall’indifferenza, guardare altrove e capire le sofferenze di tante persone, donne, bimbi o uomini che attraversano il Mediterraneo o che spesso finiscono in carceri libiche, torturate o ricattate“. Diawara continua: “Credo che sia giunto il momento di guardare le persone come persone e di dare una mano a coloro che chiedono aiuto”.

DAL MALI ALLA LIBIA ALL’ITALIA

‘Le cicatrici del porto sicuro’ è stato pubblicato quest’anno con fotografie e video, disponibili anche su YouTube, registrati di nascosto da Diawara all’interno di un campo di detenzione in Libia.
Costretto a lasciare il Mali per motivi politici nel 2012, lo scrittore è stato detenuto nella struttura alla fine del 2014. Poi la partenza, un primo naufragio e a seguire un nuovo tentativo, con l’arrivo in Italia. Rispetto alle tensioni interne all’Europa sulle politiche in materia di migrazioni, Diawara sottolinea che “quando si fa propaganda si perdono di vista i riferimenti”. Il suo è un appello a tutti i Paesi dell’Ue: “Tendano la mano all’Italia, che sta salvando tante persone; in questo modo faciliterebbero anche l’accoglienza e l’integrazione sul territorio europeo“.


ORFINI (PD): “MEDIA DECISIVI, STOP CRIMINALIZZAZIONE

L’informazione come fronte decisivo per contrastare un racconto tutto fondato su “mancata integrazione” e conseguente “criminalizzazione” dei migranti: è la prospettiva proposta da Matteo Orfini, deputato del Partito democratico, durante un incontro in parlamento con i redattori di Black Post.
La testata, nata nel 2019, è costituita da giornalisti giunti in Italia da altri Paesi, latinoamericani, africani, europei o asiatici.
Orfini ha citato l’avvio di una collaborazione di Black Post con l’agenzia Dire attraverso una rubrica dedicata, online da alcune settimane. “Un pezzo di battaglia di questo Paese”, ha sottolineato il deputato, “riguarda l’informazione, un certo tipo di racconto di mancata integrazione, che serve poi a costruire una criminalizzazione dell’immigrazione”.

L’appello di Orfini è a rivolto anche a “pezzi dell’informazione”, che descriverebbero l’immigrazione “sempre come un fenomeno criminale”. Il deputato ha continuato: “Il collegamento di immigrazione e sicurezza è un tema trasversale e allo stesso tempo un meccanismo che va smontato”. Secondo Orfini, la legge del 2001 nota come Bossi-Fini è costruita sulla “criminalizzazione” dei flussi migratori. La tendenza, ha denunciato il deputato, è “studiare i numeri e non i volti delle persone, con un processo di asettica spersonalizzazione”.
Nell’intervento di Orfini anche la critica al Memorandum Italia-Libia, con i finanziamenti alla “cosiddetta Guardia costiera” del Paese africano, “che è in realtà un insieme di bande armate”. Infine, un accenno alle critiche agli interventi di soccorso in mare condotti da organizzazioni non governative. “Si criminalizza”, ha detto Orfini, “anche chi prova a salvare vite”.

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