NEWS:

Clima, nel 2020 incendi devastanti ma se ne sono verificati meno

Per gli scienziati del Copernicus Atmosphere Monitoring Service (CAMS) "non è il momento di compiacersi poiché gli incendi nelle aree più colpite sono stati di intensità record a causa delle condizioni più calde e secche"

Pubblicato:15-12-2020 13:40
Ultimo aggiornamento:15-12-2020 14:49

FacebookLinkedInXEmailWhatsApp

ROMA – Gli scienziati del Copernicus Atmosphere Monitoring Service (CAMS) hanno trascorso l’anno monitorando i devastanti incendi che si sono verificati in diversi punti caldi in tutto il mondo. Tuttavia, nonostante alcune regioni come gli Stati Uniti occidentali siano state particolarmente colpite, ci sono stati meno incendi in tutto il mondo, continuando una tendenza alla diminuzione delle emissioni che dura dal 2003.

Un anno di dati raccolti dal CAMS, implementato dal Centro europeo per le previsioni meteorologiche a medio termine per conto della Commissione europea, infatti, mostra un quadro complicato per l’attività degli incendi nel 2020 in tutto il mondo. I ricercatori di CAMS segnalano che mentre “aree come il Circolo Polare Artico e gli Stati Uniti occidentali hanno subito incendi di intensità ed emissioni senza precedenti, il 2020 è stato uno degli anni con il minore numero di incendi attivi su scala globale”. Ciò ha portato a “un ulteriore calo delle emissioni, seguendo un trend ininterrotto degli ultimi 17 anni”.

Gli scienziati del CAMS monitorano quotidianemente l’attività degli incendi in tutto il mondo utilizzando una misura della produzione di calore chiamata Fire Radiative Power (FRP). Le osservazioni provengono da sensori satellitari in grado di rilevare il segnale di calore e vengono utilizzati per stimare l’intensità degli incendi. Il CAMS Global Fire Assimilation System (GFAS) utilizza queste osservazioni quasi in tempo reale per stimare la posizione e l’intensità degli incendi e le emissioni di inquinanti. In base ai dati gli scienziati del CAMS possono confermare che “il 2020 è stato uno degli anni con minore attività nel suo set di dati GFAS iniziato nel 2003, ma nelle aree più colpite l’intensità è stata di gran lunga superiore“.


Sebbene l’attività degli incendi nell’Africa tropicale meridionale sia stata molto bassa quest’anno, segnala il CAMS, si è verificata una maggiore attività in aree come la Siberia, il Colorado, la California e la regione del Pantanal del Brasile meridionale. Nel 2020, circa 1.690 megatonnellate di carbonio sono state scaricate nell’atmosfera dal Primo gennaio al 7 dicembre 2020, rispetto alle 1.870 megatonnellate di carbonio emesse nel 2019 e continua il modello di emissioni inferiori.

“Sebbene il 2020 sia stato certamente un anno devastante per gli incendi nei punti caldi più colpiti, le emissioni in tutto il mondo sono state inferiori grazie a una migliore gestione degli incendi e misure di mitigazione– spiega Mark Parrington, Senior Scientist ed esperto di incendi del Copernicus Atmosphere Monitoring Service (CAMS)- Da quando abbiamo iniziato a monitorare gli incendi tramite il nostro sistema GFAS nel 2003, abbiamo assistito a un graduale calo dei tassi di emissione. Tuttavia, questo non è il momento di compiacersi poiché gli incendi nelle aree più colpite sono stati di intensità record a causa delle condizioni più calde e secche. Ciò ha portato a un aumento degli inquinanti trasportati per migliaia di chilometri, con ripercussioni sulla qualità dell’aria per milioni di persone”.

Più nel dettaglio, i dati del CAMS hanno rilevato che una delle regioni con i più gravi incendi è negli Stati Uniti occidentali, a seguito di condizioni particolarmente calde e secche ad agosto e fino a settembre. In diversi stati Usa, a partire dalla California e dal Colorado per estendersi a Oregon, Washington, Utah, Montana e Idaho, i dati hanno mostrato che l’attività nella regione è stata da decine a centinaia di volte più intensa rispetto alla media 2003-2019, in tutto il Paese così come per molti degli stati colpiti. I pennacchi di fumo degli incendi statunitensi sono stati di vasta portata, viaggiando fino a parti del Nord Europa, evento previsto da CAMS. Gli incendi hanno emesso enormi quantità di fumo e inquinamento nell’atmosfera, con le osservazioni satellitari che hanno stimanto emissioni di carbonio per oltre 30,3 megatonnellate.

LEGGI ANCHE: Il clima del futuro visto da Copernicus

Allo stesso tempo, il 2020 ha visto un altro anno di attività per gli incendi divampati nell’estremo nord-est della Siberia e nel Circolo Polare Artico. A maggio, con l’inizio della stagione degli incendi boreali, gli scienziati hanno rilevato segni di incendi che si stavano riaccendendo nell’Artico, dopo una primavera insolitamente calda. Sebbene non confermati a causa della mancanza di misurazioni al suolo, i cosiddetti “incendi zombi”, riapparsi dopo aver bruciato sottoterra durante l’inverno, hanno particolarmente infuriato in vaste aree che stavano bruciando anche nel 2019. A settembre, gli scienziati del CAMS sono stati in grado di confermare che gli incendi artici dell’estate 2020 avevano già stabilito nuovi record di emissioni, con pennacchi di fumo che coprivano l’equivalente di oltre un terzo del Canada. Utilizzando i dati del Global Fire Assimilation System (GFAS) di CAMS, i ricercatori hanno stimato che le emissioni di CO2 degli incendi nel Circolo Polare Artico sono aumentate di poco più di un terzo rispetto ai dati del 2019. Dal primo gennaio alla fine di agosto, le emissioni di CO2 per la regione sono state di 244 megatonnellate, rispetto alle 181 megatonnellate dell’intero 2019.

Un’altra area del mondo gravemente colpita nel 2020 è stata la regione dei Caraibi, dove CAMS ha monitorato l’attività degli incendi durante la stagione degli incendi tropicali dell’emisfero settentrionale, che si svolge tipicamente da gennaio a maggio. Alla fine della stagione, gli scienziati hanno riferito che le emissioni per la regione che comprendeva paesi come Belize, Guatemala, Honduras, Nicaragua, Panama e la penisola messicana dello Yucatan, erano ben al di sopra della media 2003-2019. CAMS ha stimato che nel 2020 2,5 megatonnellate di carbonio sono state rilasciate nell’atmosfera dagli incendi dell’Honduras, più di quanto sia accaduto in ogni anno dal 2003. Anche il Belize e la penisola dello Yucatan hanno rilasciato emissioni di carbonio più elevate rispetto alla media 2003-2019. Anche il Venezuela ha registrato un’attività superiore alla media in tutti i primi quattro mesi del 2020, con emissioni di carbonio superiori a qualsiasi anno dall’inizio dei registri CAMS, nel 2003. Nel frattempo, la Colombia ha visto un’intensa attività a febbraio, dopo un avvio lento con emissioni complessive di carbonio superiore alla media 2003-2019.

Nel gennaio 2020, in Australia il New South Wales ha dichiarato una settimana di stato di emergenza a causa di incendi in cui è stato bruciato quasi un milione di ettari di terreno. Rilasciando oltre 400 megatonnellate di anidride carbonica nell’atmosfera, questi incendi hanno avuto un enorme effetto sulla qualità dell’aria, poiché il fumo degli incendi copriva un’area di 20 milioni di chilometri quadrati, abbastanza grande da coprire tutta la Russia e un terzo dell’Europa.

Le notizie del sito Dire sono utilizzabili e riproducibili, a condizione di citare espressamente la fonte Agenzia DIRE e l’indirizzo www.dire.it