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‘Ndrangheta, stroncato traffico di droga e armi tra il Lazio e la Calabria: arrestate 9 persone/ VIDEO

La droga arrivava dalla Calabria e veniva 'smerciata' in zona Tiburtina. Poi il denaro tornava in gran parte nella Locride. Chi non pagava veniva minacciato con pistole e fucili con metodi mafiosi

Pubblicato:15-12-2015 12:40
Ultimo aggiornamento:16-12-2020 21:42

droga
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ROMA – Un’operazione dei Carabinieri del Comando provinciale di Roma contro le infiltrazioni della ‘ndrangheta e’ in corso tra il Lazio e la Calabria: 9 le persone alle quali stanno notificando un’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal gip del Tribunale di Roma, su richiesta della Direzione distrettuale Antimafia di Roma.
Sono tuttora in corso numerose perquisizioni e sequestri di beni nei comuni di Roma, Tivoli, Guidonia Montecelio, Castelnuovo di Porto, Africo Nuovo (RC) e Bovalino (RC).
Per quattro dei 9 indagati destinatari delle misure cautelari, tutti di nazionalita’ italiana, l’accusa e’ di far parte, a vario titolo, di un’associazione per delinquere operante nella provincia di Roma, finalizzata allo spaccio di stupefacenti, provenienti dalla Calabria, con l’aggravante della disponibilita’ delle armi, dell’impiego di minorenni nell’attivita’ di spaccio e di aver agevolato l’attivita’ della ‘ndrangheta con articolazioni operanti in Calabria e nel Lazio per il controllo delle attivita’ illecite sul territorio (guarda il video).

A capo dell’associazione un 34enne, originario di San Luca (Reggio Calabria), contiguo alla cosca della ‘ndrangheta Nirta-Romeo-Giorgi e’ stata anche contestata l’intestazione fittizia di attivita’ commerciali.
A riscontro del fatto che l’attivita’ illecita venisse condotta per conto della ‘ndrangheta, nel corso delle indagini, svolte dai Carabinieri della Compagnia di Tivoli, sono stati recuperati i ‘pizzini’, manoscritti da un elemento apicale della ‘ndrangheta, attualmente detenuto in carcere, che contenevano delle istruzioni su come l’organizzazione dovesse muoversi nella gestione dei traffici illeciti.
Le 9 persone, a cui i Carabinieri stanno notificando l’ordinanza di custodia cautelare, sette in carcere e due agli arresti domiciliari, emessa dal G.I.P. del Tribunale di Roma, su richiesta della Direzione distrettuale Antimafia di Roma, sono otto uomini ed una donna.

Per quattro di loro, tutti di nazionalità italiana, l’accusa è di far parte a vario titolo di un’associazione per delinquere operante nella provincia di Roma, finalizzata allo spaccio di sostanze stupefacenti provenienti dalla Calabria, con l’aggravante della disponibilità delle armi, dell’impiego di minorenni nell’attività di spaccio e di aver agevolato l’attività della “’ndrangheta” con articolazioni operanti in Calabria e nel Lazio per il controllo delle attività illecite sul territorio. Al 34enne a capo dell’associazione è stata inoltre contestata l’intestazione fittizia di beni, per aver preso in gestione alla fine del 2014 un bar nel centro storico di Tivoli, intestandolo ad una società, così come avvenuto per un’autovettura Smart sottratta ad uno degli associati come compensazione dei debiti maturati e non pagati.
Per altri due destinatari della misura cautelare, un italiano ed un albanese, l’accusa invece è quella di sequestro di persona a scopo di estorsione nei confronti di un italiano che è stato rinchiuso in un garage, picchiato e minacciato di morte poiché accusato di essersi fatto sottrarre Kg. 4 di eroina durante il trasporto in Puglia per la cessione ad un gruppo di criminali albanesi.
A tutti i destinatari delle misure cautelari sono invece contestati i reati di detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti. La lunga ed articolata indagine che ha portato all’esecuzione dei numerosi provvedimenti restrittivi è stata avviata dai Carabinieri della Compagnia di Tivoli indagando sulle “influenze” che alcuni cittadini calabresi, legati alla n’drangheta, esercitavano sul traffico di stupefacenti nel territorio dell’area Tiburtina e della periferia est della Capitale.


droga (700 x 419)Proprio i due cittadini calabresi, nel cuore della Locride, gestivano un ingente traffico di sostanze stupefacenti del tipo cocaina, eroina ed hashish che giungeva dalla Calabria per essere poi immessa nelle piazze di spaccio della periferia Est della Capitale. A riscontro del fatto che l’attività illecita venisse condotta per contro della n’drangheta, nel corso delle indagini sono stati recuperati anche dei “pizzini”, manoscritti da un elemento apicale della n’drangheta, attualmente detenuto in carcere, che contenevano delle “istruzioni” su come l’organizzazione dovesse muoversi nella gestione dei traffici illeciti. L’analisi di tali manoscritti ha consentito agli investigatori di proseguire nelle indagini fino a ricostruire l’organigramma dell’associazione gestita dai calabresi, i quali prima importavano lo stupefacente dalla loro terra d’origine e, successivamente, la cedevano a diversi gruppi organizzati dell’area tiburtina per lo spaccio al “dettaglio”, riportando gran parte dei proventi dell’attività illecita in Calabria. Inoltre nel corso delle indagini è stato trovato nel Comune di Tivoli, all’interno del garage di uno dei membri dell’organizzazione, il deposito in cui erano custodite le armi nella disponibilità del sodalizio criminale. Nel corso delle indagini si è infatti proceduto al sequestro di una pistola cal. 6,35 marca Browning ed un fucile cal. 12 a canne mozze entrambi con la matricola abrasa, all’arresto in flagranza di 5 persone ed al sequestro di circa 2 kg di stupefacente del tipo hashish, cocaina e marijuana. Tali armi sono state in più occasioni utilizzate dagli associati sia per minacciare ed intimorire tutti coloro che avevano dei debiti da saldare per acquisti di stupefacente o che tentavano di opporsi allo strapotere dell’organizzazione.

In particolare, il capo dell’organizzazione era solito utilizzare un comportamento “mafioso” tanto da non esitare a minacciare con la pistola dei rumeni che frequentavano un bar di Guidonia dove lui si recava quotidianamente o far giungere una busta con all’interno un proiettile al proprietario del bar che si era lamentato per il suo comportamento con i clienti.
Il giro d’affari gestito dall’organizzazione era molto elevato, in quanto sono state documentate diverse trattative per lo scambio d’ingenti quantitativi di stupefacente che una volta piazzati sul mercato potevano fruttare centinaia di migliaia di Euro. I proventi delle attività illecite venivano quindi in parte riportati in Calabria ed in parte reimpiegati in attività regolari che venivano spesso intestate fittiziamente a prestanome per eludere i controlli delle forze dell’ordine. Nel corso dell’attività investigativa si è accertato, infatti, che a fine 2014 il capo dell’organizzazione aveva acquisito la gestione di un bar, nel centro storico di Tivoli, facendo intestare fittiziamente l’attività commerciale ad una società.

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