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Immigrati clandestini sfruttati come autisti: 17 indagati a Piacenza

Sequestrata azienda di trasporti che reclutava stranieri e li assumeva con documenti falsi

Pubblicato:15-11-2022 17:30
Ultimo aggiornamento:15-11-2022 17:30

camion autostrada mezzi pesanti
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Piacenza – Un rete criminale facente capo ad un’azienda di trasporti di Piacenza che sfruttava cittadini clandestini reclutati all’estero e forniti di falsi documenti per lavorare come autisti sui propri camion. E’ quanto emerge dall’indagine “Hermes“, avviata nel 2020 dalla Procura piacentina che ha coordinato gli uomini della Questura e della Guardia di finanza in collaborazione con gli agenti della Polizia stradale di Trento. Oggi il Gip del tribunale della città emiliana ha formalizzato le accuse a 17 indagati (12 in stato di libertà) contestando reati pesanti come caporalato, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e falso in atti pubblici. Per cinque persone sono state disposte delle misure cautelari, tra cui una di custodia in carcere. È stato inoltre disposto il sequestro di due aziende: quella incriminata e una seconda, formalmente distinta, ma di fatto riconducibile ai medesimi soggetti.

Sono 44 le vittime di caporalato, sottoposte a turni di lavoro inumani

Al momento sono complessivamente 44 i camionisti stranieri- reclutati in Brasile, Turchia e Moldavia– individuati come vittime del reato di caporalato, definiti persone in situazione di “estremo bisogno”, e sfruttate per profitto. Sulla base delle accuse contestate la rete criminale approfittava infatti proprio del loro stato di necessità (anche perchè irregolari sul territorio italiano e privi di qualsiasi altra alternativa lavorativa), per imporre prestazioni lavorative inumane. Gli autisti venivano costretti continuamente a mettersi al volante e sottoposti nonostante la stanchezza a turni massacranti.

Per riposarsi alloggi fatiscenti e “stipendi” continuamente decurtati

Erano pagati senza alcuna busta paga e con ulteriori decurtazioni qualora non venisse svolto il lavoro straordinario o vi fosse un ritardo sui tempi di consegna. Inoltre, per i falsi documenti ricevuti, dovevano versare 2.500 euro, da restituire a rate con i loro “stipendi”. Tra un viaggio e l’altro erano poi alloggiati in alcune baracche situate nel piazzale dell’azienda sequestrata, dove dormivano in condizioni igieniche fatiscenti.


Chi veniva scoperto dalle Forze dell’ordine veniva subito licenziato

Alcune intercettazioni raccolte dagli investigatori confermano infine il “totale stato di assoggettamento” dei lavoratori. Alcuni di loro, licenziati per essere incappati nei controlli della Polizia, chiedevano ai responsabili dell’impresa dei soldi per poter mangiare.

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