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Pd, Gentiloni chiama a un nuovo civismo per battere i populisti

La stretta di mano tra Minniti e Nicola Zingaretti, due tra i possibili competitor del congresso dem, ricorda a tutti in sala l'impellenza dell'assise.

Pubblicato:15-11-2018 08:30
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 13:47

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ROMA – “Dobbiamo rimettere in sesto il Pd con un orizzonte piu’ ambizioso. Questo sara’ il compito del congresso al quale non dobbiamo guardare con paura. All’estero dopo una sconfitta alle elezioni, il leader si dimette e si fa il congresso. Non e’ una cosa strana. La cosa strana e’ aver fatto passare 8 mesi”. Paolo Gentiloni affida “La Sfida Impopulista” al pubblico dei lettori partendo dall’affollata platea del Tempio di Adriano.

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Qui si ritrova quasi tutto il suo governo, da Marco Minniti a Giuliano Poletti, ad Anna Finocchiaro, a Pier Carlo Padoan e Graziano Delrio, a Maurizio Martina. Assenti Matteo Renzi e i renziani, almeno quelli di rito toscano, anche se Gentiloni ricorda “che al Senato votano il decreto Genova, e fanno bene a votarlo”.

La stretta di mano tra Minniti e Nicola Zingaretti, due tra i possibili competitor del congresso dem, ricorda a tutti in sala l’impellenza dell’assise. Sabato l’assemblea costituente dovrebbe dare il via ufficiale, con le primarie fissate, probabilmente a marzo. Ma sulla tempistica, meglio essere prudenti. Gentiloni ricorda quanto fragile sia l’equilibrio del governo.

“Che Dio ci conservi le persone in questo governo fedeli alle istituzioni”, dice con qualche enfasi. Il problema, spiega, non e’ il 2,4% nel rapporto tra deficit e Pil, “ma il caos di cifre” che mina la credibilita’ dell’Italia sui mercati, “ci mette ai margini del disegno europeo” e “costa centinaia di milioni di euro”, osserva l’ex premier.

Anche un’eventuale crisi dell’esecutivo gialloverde non metterebbe il centrosinistra in una situazione agevole. “I risultati del nostro governo potrebbero essere rimpianti”, ammette, “ma questo non significa che verremmo richiamati a tambur battente”. La “sfida impopulista” sta anche in questo: battere il populismo con le armi del consenso.

Gentiloni vede l’emergere di un nuovo civismo, quello che Giuliano Amato chiamava il partito delle 100 padelle. A questo il Pd puo’ guardare, “non all’alleanza con il nazionalpopulista buono contro quello cattivo. Tra M5s s Lega-dice- c’e’ una integrazione antropologica”.

Per dar corpo all’alleanza non si possono seguire percorsi gia’ battuti. Difficile che si ricreino le condizioni per un nuovo Ulivo. “Non è la stessa cosa che abbiamo fatto 20 anni fa, e cioe’- dice Gentiloni- mettere insieme forze politiche esistenti prima nell’Ulivo, poi nell’Unione e poi nel Pd. Quelle erano operazioni fatte per coalizzare forze esistenti. Ora- osserva- c’e’ più da fare un processo alchemico. Ci vuole altro per mettere assieme la sinistra riformista e moderata, la sinistra radicale, il mondo ambientalista. La spinta c’e’ già”.

Per dirla con Walter Veltroni, che insieme al direttore della Civilta’ Cattolica Antonio Spadaro ha presentato il libro, c’e’ bisogno di “una nuova vocazione maggioritaria”.

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