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Ricciardi: “Cronicità sfida epocale per l’Italia, serve vera riforma del Sistema sanitario nazionale”

"Un italiano su due ha una condizione di cronicità e addirittura il 20% di questo 50% ne ha più di due"

Pubblicato:15-10-2021 19:12
Ultimo aggiornamento:15-10-2021 19:12

WALTER RICCIARDI
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ROMA – “La cronicità, in generale, è la sfida dei Paesi ricchi, ma per l’Italia si tratta di una sfida epocale. Con Osservasalute abbiamo certificato che quasi un italiano su due ha una condizione di cronicità e addirittura il 20% di questo 50% ne ha più di due. È un carico assistenziale importantissimo ed è un incremento della domanda di prestazioni che naturalmente non può essere soddisfatta esclusivamente dall’ospedale, ma deve essere in qualche modo garantita attraverso un’articolazione più integrata del pilastro ospedaliero con quello della medicina territoriale e della medicina generale”. Lo ha detto Walter Ricciardi, consigliere del ministro della Salute, Roberto Speranza, e professore di Igiene e Medicina preventiva all’Università Cattolica di Roma, in un video messaggio inviato oggi ai farmacisti ospedalieri in occasione del 42esimo Congresso Nazionale SIFO, in programma a Roma fino a domenica.

“Questa però è una riflessione che stenta a tradursi in soluzioni pratiche- ha proseguito Ricciardi- e la pandemia ha evidenziato tutta la drammaticità dei nostri ritardi: ritardi di carattere finanziario, organizzativo, politico e ritardi soprattutto nell’attrezzarsi dal punto di vista della risposta in termini di risorse umane”. Ricciardi ha quindi parlato di cosa è accaduto per la programmazione della formazione medica specialistica, con uno stanziamento “finalmente arrivato, ma troppo troppo tardi”, e con una formazione professionale e un aggiornamento che “ancora non sono all’altezza della situazione”. 

Ora questo percorso però è avviato e “sicuramente il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza rappresenta un’occasione importante– ha proseguito- però non sarà la soluzione a tutte queste problematiche, perché il PNRR intanto è un investimento che viene fatto a debito, con delle condizioni straordinariamente agevolate, ma che riguarda soltanto gli investimenti e quindi soltanto, ma meno male che è così, le mura, le tecnologie, le attrezzature e un certo tipo di attività che non vanno ad alterare nella profondità le strutture del nostro Servizio sanitario nazionale o a rafforzare e integrare i tre pilastri“.


Dunque secondo Ricciardi c’è la necessità di avviare una “profonda riflessione per andare avanti nell’affrontare i nodi cruciali e strutturali della nostra governance”, anche se a suo modo di vedere ci sarebbe la necessità di una “vera e propria riforma”. Il consulente del ministro della Salute ha poi elencato i punti su cui lavorare: “Il primo: l’attuale governance del nostro Servizio sanitario nazionale, con una responsabilità praticamente quasi esclusiva delle Regioni nella organizzazione e gestione dei servizi sanitari e con lo stato centrale che si ‘limita’ al finanziamento e al controllo, non è naturalmente la soluzione a tutti questi problemi, ma un nuovo rapporto tra Stato e Regioni è assolutamente indispensabile”.

Non sa Ricciardi come però questo possa essere raggiunto, perché “di fatto le modifiche costituzionali nel nostro Paese sono difficilissime, se non impossibili- ha detto- allora ci vorrebbe un sano e concreto realismo che vada nella direzione di risolvere i problemi e non certamente di perseverare in uno status quo che produce disuguaglianze e diversità enormi all’interno dello stesso Paese”.

Il secondo punto è l’integrazione dei tre pilastri: “Se tutto sommato in tutta Italia la medicina per acuti, la medicina ospedaliera e l’emergenza vengono garantite, anche se con qualità estremamente difformi, la gestione della cronicità, la continuità assistenziale o l’assistenza domiciliare in alcune regioni sono dei miraggi. Come si faccia a far sì che questo sia più omogeneamente distribuito è l’altra sfida”

Il terzo punto riguarda l’integrazione tra sociale e sanitario. Per Ricciardi nella cronicità “contano entrambe- ha detto- conta certamente la risposta sanitaria da parte del medico e dell’infermiere per la gestione dei problemi tipicamente sanitari, ma quello che conta, per la maggior parte del tempo della vita delle persone, sono i servizi sociali e l’integrazione di questi servizi con quelli sanitari. Tranne alcune eccezioni come il Veneto, che da sempre ha cercato di fare questa integrazione, siamo veramente all’anno zero”. E poi ancora c’è il rapporto tra pubblico e privato, perché secondo Ricciardi “nessuno può pensare che le sfide assistenziali possano essere vinte soltanto con un sistema puramente pubblico”, perché questo è “illusorio, ideologico, utopistico e non è assolutamente fattibile. Il privato è importante ma naturalmente va regolamentato. Sarebbe bellissimo che in tutta italia ci fosse una regolamentazione uniforme, ma anche in questo caso varia di regione in regione, in alcune è più incentivato, in altre scoraggiato”, ha concluso.

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