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NAIROBI – L’Italia diventa “apripista”, con un’iniziativa bilaterale che va subito a supporto dell’azione del governo federale di Mogadiscio nelle aree “liberate” dal gruppo armato Al Shaabab ma che in prospettiva può aprirsi a più donatori internazionali: questa la lettura della nascita del fondo “Verso la stabilità e la pace in Somalia” (Tpss) data da Giovanni Grandi, titolare della sede regionale dell’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (Aics) con base a Nairobi.
Il nuovo strumento è stato presentato questa settimana a Mogadiscio, durante una cerimonia alla quale hanno partecipato il primo ministro Hamza Abdi Barre e l’ambasciatore italiano Alberto Vecchi. “Il Fondo prevede la realizzazione di due tipologie di interventi, eseguiti sotto la guida del governo federale somalo” sottolinea Grandi, alla guida di un ufficio responsabile delle attività di cooperazione in più Paesi, dal Kenya alla Repubblica democratica del Congo, dal Burundi all’Uganda e dalla Tanzania fino appunto alla Somalia. “La prima serie di interventi sarà finalizzata a iniziative di emergenza e risposta rapida nelle aree liberate da Al-Shabaab; la seconda, invece, riguarderà interventi di sviluppo a medio-lungo termine, con un’attenzione particolare alla resilienza, all’empowerment economico e al processo di rafforzamento istituzionale nel Paese”.
Grandi continua: “Le attività comprenderanno sia interventi urgenti e immediati di riabilitazione di infrastrutture per la fornitura di servizi di base, sostegno all’educazione e all’istruzione e sostegno ai governi locali soprattutto per promuovere la coesione sociale e la riconciliazione all’interno dei territori liberati, sia progetti di sviluppo nei settori dell’ambiente e agricoltura, della salute e dell’industria”.
La cerimonia di Mogadiscio ha seguito di alcune settimane la firma dell’intesa sul fondo, siglata a Roma dal ministro degli Esteri Antonio Tajani e dall’omologo somalo Abshir Omar Huruse con un impegno italiano a un finanziamento iniziale per un valore di tre milioni e 820mila euro.
Secondo Grandi, al di là dell’entità del primo contributo ad avere rilievo è il meccanismo del fondo. “Questo strumento nasce come bilaterale ma sia dalla parte italiana sia da quella somala c’è l’ambizione di trasformarlo in multi-donatore, consentendo quindi anche ad altri di partecipare una volta che ne è provata l’efficacia”. La tesi del dirigente di Aics, allora, è che l’Italia sta facendo da “apripista”, prefigurando “un cambiamento radicale”. Finora, sottolinea Grandi, “gli interventi si sono basati sul supporto perlopiù attraverso le agenzie internazionali, tipicamente dell’Onu”.
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