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Bimbo morto per un batterio, il virologo: “Primi sintomi dell’enterococco simili a tanti virus”

Perno (Bambino Gesù): "Non c’è subito ‘shock’, ma si manifesta con una leggera gastroenterite”

Pubblicato:15-07-2022 17:07
Ultimo aggiornamento:15-07-2022 17:07

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ROMA – “Nessuno di noi può avere la visionarietà di capire cosa sia successo senza una documentazione medica e clinica. Quel che si può fare è caratterizzare i germi in causa in situazioni come questa. Innanzitutto, con il prefisso entero- noi distinguiamo tre grandi tipologie di germi: l’enterococco, il batterio che sembrerebbe in causa, gli enterobatteri e gli enterovirus. I quadri di queste tre tipologie sono spesso alquanto diversi. Nel caso si trattasse di enterococco, come segnalato nei media, vanno ulteriormente distinti molti germi di questa stessa famiglia”. Così il microbiologo Carlo Federico Perno, direttore della Microbiologia dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma, interpellato dalla Dire in merito all’enterococco, il batterio che, secondo i familiari, sarebbe stato fatale per il piccolo Domenico Bandieramonte, il bambino di 4 anni, originario di Lampedusa, morto all’ospedale pediatrico San Vincenzo di Taormina, nel Messinese.

“Gli enterococchi- spiega Perno- sono dei germi naturalmente presenti nel nostro intestino. Voglio ricordare che nel nostro intestino sono presenti migliaia di miliardi di batteri nostri amici, che producono vitamine e sostanze che ci permettono di vivere bene”. Ma oltre che nel nostro organismo gli enterococchi possono essere presenti “nell’ambiente, quindi nelle acque (negli Stati Uniti sono stati recentemente proposti come strumento per valutare la contaminazione delle acque ambientali) e poi anche negli ospedali. Quando diventano patogeni, perché qualsiasi germe, anche quello ‘buono’ che convive con noi, in condizioni particolari può diventare ‘cattivo’, la sintomatologia non è subito quella grave, come quella dello ‘shock’, della meningite, dell’encefalite o delle altre grandi patologie che portano a morte, ma è normalmente piuttosto sfumata e puo’ essere caratterizzata solo da nausea, vomito, diarrea e febbricola”.

Può capitare quindi che un bambino entri in ospedale “con una infezione da germi come l’enterococco, con una gastroenterite leggera– prosegue Perno- che poi però si manifesta in tutta la sua gravità qualche ora o giorno dopo. Se per qualche ragione il germe trova spazio e dall’intestino raggiunge il resto dell’organismo, allora iniziano i problemi. Il germe può localizzarsi in qualsiasi organo, incluso il cervello e avremo alla fine, se non ben curato, uno shock settico con una malattia generalizzata in molti casi purtroppo mortale”. La malattia può non iniziare subito con la fase acuta e grave, insomma, ma con sintomi leggeri. “Noi abbiamo centinaia di accessi al giorno- racconta il medico del Bambino Gesù- e non è infrequente il fatto che un bambino entri con una gastroenterite, vomito, diarrea e un po’ di febbre: nella grande maggioranza dei casi sono forme che noi chiamiamo ‘autolimitanti’, cioè con idratazione, tachipirina e magari antibiotici, se necessari, la situazione si normalizza. In altri casi non è così e la situazione evolve in senso negativo, quindi bisogna prendere provvedimenti. Ma insisto: la sintomatologia iniziale puo’ essere uguale a quella di tanti altri germi che colpiscono l’intestino, sia batteri che virus”.


Ma la ‘degenerazione’ o meno del batterio enterococco da cosa può dipendere?

“Ci sono mille fattori e la situazione può variare da bambino a bambino- risponde infine il microbiologo alla Dire- bisogna seguire il caso con attenzione e cercare di capire cosa stia succedendo. Alcune volte possiamo pensare che il batterio sia stato contratto in ospedale, e a volte capita, ma altre volte dentro l’ospedale evolve soltanto ciò che già era iniziato prima di entrare”.

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