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Coronavirus, Amsi: “Dal Bangladesh con certificati falsi, vanno responsabilizzati”

Parla il presidente dell'Associazione dei medici stranieri in Italia, Foad Aodi

Pubblicato:15-07-2020 09:52
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 18:38

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ROMA – “Stiamo seguendo da vicino la questione dei cittadini positivi al Covid-19 provenienti dal Bangladesh. Purtroppo c’è anche un tema di non responsabilità personale: tanti di loro hanno fatto certificati falsi per uscire dal proprio Paese e arrivare in Italia. E questa è una cosa gravissima, perché oltre a dichiarare il falso rischiano di contagiare altre persone in altri Paesi”. Così il presidente dell’Associazione dei medici stranieri in Italia, Foad Aodi, intervistato sul tema dall’agenzia Dire.

“Quello che noi da tempo abbiamo consigliato a chi appartiene a questa comunità come ad altre- prosegue Aodi- è di dichiarare immediatamente se sono positivi al virus oppure di contattare subito il medico di famiglia qualora si presentassero i sintomi. Per questo abbiamo lanciato la tessera prevenzione Covid-19, per consentire ai tanti che non hanno il permesso di soggiorno (compresi badanti e prostitute) di fare accertamenti e sottoporsi ai protocolli senza essere denunciati. Abbiamo anche intensificato l’attività dello sportello Amsi affinché gli stranieri possano ricevere informazioni. Detto questo, serve più in generale una politica di prevenzione e soprattutto di responsabilizzazione, che va fatta però senza distinzioni sociali, altrimenti rischiamo solo di focalizzare l’attenzione dell’emergenza sui migranti”.

Allora quando si presenta un “focolaio di migranti- sottolinea Aodi- va combattuto senza strumentalizzazioni, perché lo stigma non è una terapia ma peggiora soltanto la situazione generale”.


In merito alle condizioni igienico-sanitarie degli stranieri, che spesso vivono numerosi in spazi ristretti e in ambienti promiscui, dove il virus potrebbe avere una maggiore capacità di diffusione, il presidente dell’Amsi commenta: “Serve un maggior controllo in questi ambienti ed è compito della autorità sanitarie locali verificare– dice Aodi- perché è vero che tanti migranti hanno patologie respiratorie perché vivono in ambienti umidi e affollati. Dobbiamo stimolarli ad uscire dalla clandestinità offrendogli alternative, dobbiamo combattere la ‘cura fai da te’. Noi come Associazione difendiamo il diritto alla salute per tutti, migranti e non, con permesso di soggiorno o no. Ma tutti devono rispettare i propri doveri”.

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Interpellato poi su una eventuale mancanza di cultura dell’informazione da parte di alcune comunità straniere, il presidente dell’Amsi risponde: “È inevitabile che ognuno porti con sé le usanze e i costumi del proprio Paese d’origine– ma oggi in particolare stiamo pagando il prezzo di culture nelle quali è mancata un’educazione al rispetto delle norme da rispettare durante l’emergenza Coronavirus. Abbiamo avuto presidenti di importanti Stati che hanno trasmesso messaggi sbagliati ai loro cittadini, non indossando per esempio in pubblico la mascherina oppure sottovalutando a parole e nei fatti il virus. Penso a quelli di Stati Uniti o Brasile”.

RIAPERTURA FRONTIERE “PASSO AFFRETTATO”

Quanto alla riapertura delle frontiere, secondo Aodi si è trattato di un “passo affrettato– che sta avendo importanti conseguenze sopratutto in alcuni Paesi, che stanno pagando un prezzo molto alto. Secondo una nostra stima, nelle ultime settimane c’è stato un incremento di nuovi casi del 30%. In alcuni Stati hanno riaperto le scuole e ora hanno un numero spaventosi di giovani e insegnanti costretti a stare in quarantena”.

L’Italia sulle scuole è stata invece “prudente”, ma “ha sbagliato a riaprire contemporaneamente i confini interregionali e quelli nazionali, perché oggi parecchi contagi provengono dall’estero. È notizia di qualche giorno fa che nel Lazio l’80% dei casi sono di importazione“.

Infine, il presidente dell’Associazione dei medici stranieri in Italia tiene a fare un appello all’Organizzazione mondiale della Sanità: “L’Oms deve autorizzare o consigliare di fare più autopsie per fare ricerca sul Covid-19, ma soprattutto per studiare più da vicino le cause di morte di tanti pazienti con il virus- conclude- in cui è stata riscontrata la presenza di tromboembolie”.

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