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Verdi al Tar per fermare la macellazione del gregge del clan

REGGIO EMILIA - E' ormai guerra aperta tra

Pubblicato:15-07-2016 18:00
Ultimo aggiornamento:15-07-2016 18:00

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REGGIO EMILIA – E’ ormai guerra aperta tra i Verdi di Forlì e il Comune di Brescello sul gregge sequestrato ad un allevatore finito in carcere (il cosiddetto ‘gregge del clan’), con gli animali che rischiano ora di essere macellati. Lo scontro non si ferma però alla querelle politica, ma rischia di finire in un’aula di tribunale. Per salvare le pecore il partito ambientalista annuncia infatti l’intenzione di presentare al Tar di Parma un ricorso contro l’ordinanza di macellazione emessa dal commissario del Comune reggiano, ritenuta viziata da “numerose illegittimità” e “molteplici atti arbitrari e non supportati dalla legge”. Non solo: sotto tiro finisce anche il servizio Veterinario della Regione, nella sua articolazione provinciale di Reggio Emilia, che secondo i Verdi, “si è reso responsabile di un vergognoso pasticcio che sta portando ad esiti assolutamente negativi una vicenda di ‘pascolo vagante’ che ne dimostra la totale incompetenza”. Infatti, dicono i forlivesi, “l’ordinanza è stata emanata per motivi sanitari, ma il servizio veterinario non ha effettuato alcuna verifica sullo stato di salute degli animali, non ha effettuato alcun prelievo, si è limitato a verificare che il pascolo vagante non era stato autorizzato e che non aveva rintracciato documenti in grado di identificare la provenienza degli animali”.

pecore4Inoltre, proseguono i Verdi di Forlì, “abbiamo saputo in queste ore che i solerti veterinari di Reggio Emilia stanno addirittura stringendo in tutta fretta accordi con qualche loro collega di Sant’Agata Feltria, addirittura nelle Marche, per portare a compimento una azione che pare essere del tutto illegale e per la quale stiamo attentamente verificando se esistano gli estremi di reato per segnalare il fatto alla Procura”. Insomma “siamo sicuri– concludono i Verdi- che moltissimi apprezzeranno quanto stiamo facendo in difesa di 300 pecore condannate solo dalla insipienza di alcuni burocrati che, fra l’altro, hanno addirittura disposto il trasferimento di capi secondo loro malati in un territori provinciale indenne ed estraneo alle loro competenze amministrative e sanitarie”.


di Mattia Caiulo, giornalista professionista

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