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Le pecore col Chip per andare verso l’ultrabiologico

Pecore con il chip, sensori, controlli continui del foraggio

Pubblicato:15-07-2015 08:06
Ultimo aggiornamento:16-12-2020 20:27

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formaggiPecore con il chip, sensori, controlli continui del foraggio e dei processi di produzione. Così il pastore più hi-tech d’Italia alleva le proprie pecore all’aperto, le pascola per far mangiare loro erba tutto l’anno, e le munge con il computer. Luigi Farina e il suo allevamento che si trova ad Albinia (Grosseto), in quella Maremma dove è ancora forte il legame con la tradizione, utilizza una tecnologia che, almeno in Italia, non si trova negli ovili, ma negli allevamenti di bovini e raramente in qualche allevamento di bufale.

Ogni pecora di Farina, di famiglia sarda ma da generazioni trapiantata nel grossetano, “è dotata di un microchip attraverso il quale è possibile conoscere lo stato di salute dell’animale, la sua vita, quanti parti ha effettuato e se deve e può essere munta. Un percorso gestito da computer conta le pecore, le divide secondo le necessità, le guida verso la mungitura se sane, o verso una zona di quarantena se presentano qualche problema, come, ad esempio, la mastite”.

Si tratta di “un approccio non usuale per le pecore, mentre è molto impiegato per le mucche- aggiunge il pastore- La realizzazione dei software e della tecnologia di gestione dell’allevamento è importata da Israele, dove è diffusa negli allevamenti più grandi e consente risparmi in termini di risorse ambientali ed economiche, nonché livelli estremamente più bassi di stress agli animali”.


Impiegando erba, integrazione con foraggio fresco, fieno, tutti prodotti in azienda che seguono i dettami della produzione biologica dal 1995 per arrivare nel 2001 alla certificazione bio. Ma Farina va oltre il certificato e recentemente ha affidato a BsRC- Bioscience Research Center, centro ricerche con sede a Fonteblanda (Grosseto), il controllo della filiera produttiva, per implementare ulteriormente la qualità dei prodotti e diminuire gli impatti ambientali dei processi.

Il pastore hi-tech, “produce formaggio biologico con il minimo impatto ambientale, con basso consumo di acqua e con l’impiego di risorse ed energie da fonti rinnovabili, come i pannelli solari. Insomma- spiega Monia Renzi, amministratore di BsRC- ha una grande attenzione all’ambiente e al risparmio di risorse”.

Una produzione che va verso l’ultrabiologico. “Vogliamo arrivare- continua Cristiana Guerranti, esperta in sicurezza alimentare e direttore scientifico del centro ricerche- a ottimizzare il latte per produrre un formaggio migliore in termini di salubrità, di rispetto per l’ambiente e di costi. Stiamo valutando la qualità degli ambienti di vita degli animali, degli ambienti di stoccaggio del foraggio e del latte e di produzione del formaggio, per monitorare i contaminanti che normalmente sono presenti in ogni ambiente, anche quelli non previsti dalla legge sul biologico, e intervenire per abbassarne drasticamente i livelli. Con questo approccio otterremo un prodotto ancora più pulito e salubre, che ci piace definire ‘ultrabiologico’”.

Di Serena Tropea – Giornalista Professionista

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