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Camion bar, Consulta: “Su spostamento serve intesa Stato-Regioni”

ROMA - "Una concorrenza di competenze" tra Stato e Regioni che rischia di far saltare la rivoluzione dei

Pubblicato:15-07-2015 08:38
Ultimo aggiornamento:16-12-2020 20:26

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ROMA – “Una concorrenza di competenze” tra Stato e Regioni che rischia di far saltare la rivoluzione dei camion bar di Roma.

camion bar

La Consulta, nella sentenza 140 depositata il 9 luglio scorso dopo il ricorso delle Regioni Veneto e Campania, ha dichiarato “costituzionalmente illegittimi” gli articoli 2bis e 4bis del dl 91 del 2013 e l’articolo 4 comma 1 del dl 83 del 2014 nella parte in cui “non prevedono l’intesa a garanzia della leale collaborazione tra Stato e Regioni”, necessaria secondo i giudici costituzionali nel momento in cui si vuole allontanare dalle aree di pregio monumentale e archeologico, con lo scopo di tutelarle, attività di commercio ambulante.


Nel dettaglio, l’articolo 4 bis del dl 91/2013 prevede che “le Direzioni regionali per i beni culturali e paesaggistici e le soprintendenze, sentiti gli enti locali, adottano apposite determinazioni volte a vietare gli usi da ritenere non compatibili con le specifiche esigenze di tutela e di valorizzazione” dei beni archeologici, tra cui “le attivita’ ambulanti senza posteggio, nonche’, ove se ne riscontri la necessita’, l’uso individuale delle aree pubbliche di pregio a seguito del rilascio di concessioni di posteggio o di occupazione di suolo pubblico”.

L’articolo 4 del dl 83 del 2014 prevede che “i competenti uffici territoriali del ministero e i Comuni avviano, d’intesa, procedimenti di riesame (…) delle autorizzazioni e delle concessioni di suolo pubblico, anche a rotazione, che risultino non più compatibili con le esigenze di cui al presente comma (…) In caso di revoca del titolo, ove non risulti possibile il trasferimento dell’attività commerciale in una collocazione alternativa potenzialmente equivalente, al titolare è corrisposto da parte dell’amministrazione procedente l’indennizzo(…)”.

La pronuncia della Corte si basa sul fatto che viene “ravvisata una situazione di ‘concorrenza di competenze'” tra Stato e Regioni, “comprovata dalla constatazione che le norme censurate si prestano ad incidere contestualmente su una pluralità di materie, ponendosi all’incrocio di diverse competenze (‘tutela dei beni culturali’, ‘valorizzazione dei beni culturali’, ‘commercio’, ‘artigianato’) attribuite dalla Costituzione rispettivamente, o alla potestà legislativa esclusiva dello Stato, ovvero a quella concorrente dello Stato e delle Regioni, ovvero infine a quella residuale delle Regioni, senza che (in termini “qualitativi” o “quantitativi”) sia individuabile un ambito materiale che possa considerarsi prevalente sugli altri”.

di Emanuele Nuccitelli e Nicoletta Di Placido – Giornalisti Professionisti

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