NEWS:

Traumi su minori, allarme pediatri: “A chi denunciamo abusi?”

Progetti Sip-Ido in loro aiuto. Gentile (Asrem): "Violenza sia malattia"

Pubblicato:15-06-2018 17:09
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 13:16

violenza minore
FacebookLinkedInXEmailWhatsApp

ROMA -Prima c’è il pediatra e poi la violenza. Il neonato viene iscritto al pediatra nei primissimi giorni di vita, da qui l’urgenza che questa figura medica impari a conoscere la propria utenza e a riconoscere i minori vittime di abusi e maltrattamenti. “I pediatri si formano su tutto ma non sugli abusi. Inoltre, una volta che li riconoscono non sanno nemmeno a chi fare riferimento. Dobbiamo rivolgerci ai servizi sociali o al tribunale? Capire come muoverci una volta scoperto l’abuso è importante, altrimenti si rischia di fare più male che bene”. Questa è solo una delle difficoltà segnalate dai partecipanti al corso ‘Trauma e violenza’, che si è appena concluso al congresso di pediatria della Sip in corso a Roma.

L’Istituto di Ortofonologia (IdO) e la Società italiana di pediatria (Sip) stanno formulando un questionario ad hoc che il pediatra potrà somministrare ai genitori per cogliere tutti i campanelli di allarme e accrescere la loro capacità di ascolto, di riconoscimento dei sintomi e di individuazione dei possibili casi di violenza. “Faremo corsi di formazione, incontri e fisseremo dei punti che ogni pediatra dovrà attenzionare, gestire e conoscere per potersi muovere autonomamente”, ha spiegato Federico Bianchi di Castelbianco, psicoterapeuta dell’età evolutiva e direttore dell’IdO.

Da quest’anno la Sip è partner di due progetti promossi dal dipartimento per le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri: ‘Trauma e violenza’ e ‘NOI SIAMO BAMBINI!’, realizzati dall’Istituto Superiore ‘F. Morano’ di Caivano in qualità di capofila di una rete di scuole ad “alto rischio socio-culturale” della Campania e del Lazio, in collaborazione con l’Istituto di Ortofonologia di Roma, l’Agenzia di stampa Dire e il Garante dell’Infanzia e dell’Adolescenza del Lazio. Gli obiettivi sono molteplici: contrastare il fenomeno della pedo-pornografia e dell’abuso e sfruttamento sessuale dei minori; monitorare e prevenire il fenomeno della violenza sui minori nelle sue diverse manifestazioni attraverso attività di accoglienza, supporto, formazione e informazione nelle scuole; sensibilizzare e creare consapevolezza tra i giovani su che cosa debba intendersi per abuso e sfruttamento sessuale. Infine, puntare alla costituzione di un osservatorio territoriale con il compito di rilevare i dati quanti-qualitativi sulla percezione del fenomeno della pedo-pornografia e della violenza attraverso la somministrazione di questionari conoscitivi a studenti e docenti.


Bianchi di Castelbianco: “Fare in modo che gli adolescenti tornino dal pediatra”

“Ormai la situazione sociale è sempre più complicata- segnala lo psicoterapeuta- sia in ambito familiare che scolastico. Abbiamo ragazzi che picchiano i loro coetanei, studenti che picchiano i docenti, genitori che picchiano i professori. Prima faceva notizia quando un genitore picchiava il figlio, ora sono i figli che picchiano i genitori. Tutti coloro che subiscono violenze sono persone traumatizzate- aggiunge Castelbianco- ma oggi voglio segnalarvi in particolare il trauma cumulativo. Un trauma che viene ripetuto in continuazione, che può non emergere se si valuta il singolo aspetto perché bisogna analizzare il suo effetto nel tempo”. L’IdO ha sportelli di supporto in moltissime scuole italiane, e solo nel Lazio è presente in 180 scuole. “Abbiamo 180 mila ragazzi che domandano aiuto e il progetto attivato con la Sip li sosterrà coinvolgendo gli psicologi e i pediatri. Il pediatra è l’unica figura medica che i ragazzi ascoltano come autorevole e dobbiamo fare in modo che gli adolescenti tornino dal pediatra“, aggiunge il direttore dell’IdO.

Gentile: “Imparare a leggere i segnali”

Fanno eco le parole di Grazia Gentile, consulente specialista in organizzazione e governo clinico della rete materno infantile dell’Azienda sanitaria regionale del Molise (Asrem): “Siamo tutti consapevoli che dobbiamo imparare e non solo parlare. Imparare a leggere i segnali che i minori di età e le donne lanciano e che noi non sappiamo intercettare. Chiedo che il fenomeno della violenza intrafamiliare abbia dignità di malattia- afferma-. Questo significa che vengano identificati i fattori di rischio, un’anamnesi, dei sintomi clinici, una diagnosi ed una terapia. In ogni studio di pediatria dobbiamo immaginare che ci sia un bambino vittima di violenza. Uno straordinario strumento di monitoraggio sono i bilanci di salute- ricorda la pediatra- dovremmo inserire al loro interno degli indicatori specifici sull’abuso e il maltrattamento”. La dignità di malattia “può salvare questi bambini abusati e maltrattati che sono tanti, ma restano nell’ombra. Manca purtroppo una formazione specifica- conclude Gentile- sia a livello universitario che di azienda sanitaria”.

Il problema dell’omertà

 “Non parla nessuno, ma il 95% dei casi di violenza sessuale avviene in famiglia- prosegue il direttore dell’IdO- ed è importante lavorare con gli insegnanti e i ragazzi per informarli su cosa sia la sessualità e come difendersi. L’informazione è l’unica arma che funziona. Se i ragazzi sono formati si attivano e ne parlano”.

Il sesso nelle scuole

Dal Trentino a Caltanissetta c’è anche un’altra emergenza: “Il problema del sesso nelle scuole è enorme e scoppia alle Medie. Questa divisione della sessualità dall’affettivita’ ha portato ad un incremento delle malattie a trasmissione sessuale e di altro genere“, fa sapere Castelbianco. Per informare i giovani l’IdO propone dei corsi che si chiamano ‘Alchimia dell’amore’. “Quante mamme portano la figlia dal ginecologo? Solo l’82%, eppure i bambini già all’età di 9-10 anni hanno il cellulare con YouPorn installato”. Nelle scuole “non si fa educazione sessuale e non c’è più il medico scolastico, ciò è molto grave”, conclude lo psicoterapeuta.

Ti potrebbe interessare:

Le notizie del sito Dire sono utilizzabili e riproducibili, a condizione di citare espressamente la fonte Agenzia DIRE e l’indirizzo www.dire.it