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Migranti, Dublino atto quarto: l’Ue alla prova

A parlare con l'agenzia 'Dire' è Francesco Di Pietro, avvocato socio dell'Asgi

Pubblicato:15-06-2018 08:49
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 13:15

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ROMA – “Mi lascia perplesso la decisione della Lega e del neoministro dell’Interno Matteo Salvini di non votare la riforma del Regolamento di Dublino avanzata dal Parlamento europeo, e su cui si pronuncerà il Consiglio Ue il 28 e 29 giugno. Accoglie tutte le istanze contenute nel Contratto di governo che la Lega ha sottoscritto insieme ai Cinque Stelle, quindi l’astensione non si spiega”. A parlare con l’agenzia ‘Dire’ è Francesco Di Pietro, avvocato socio dell’Asgi, l’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione.

Il codice che disciplina il diritto d’asilo nell’Ue è stato già rivisto tre volte, eppure ancora non è stato superato il “criterio di primo approdo”. L’ultima riforma approvata dagli eurodeputati a fine 2017 prevede proprio, spiega l’esperto, di superare il principio “in base al quale la competenza a esaminare le domande di asilo si radica nel primo Paese nel quale il richiedente fa ingresso irregolare, a favore di un nuovo criterio basato sulla distribuzione obbligatoria dei richiedenti asilo in tutti i paesi Ue, indipendentemente dal Paese di primo ingresso, sulla base di parametri oggettivi quali il Pil e la popolazione”.

Condivisibile” sarebbe invece per l’Asgi – che ha preso posizione in una nota – il rifiuto di Salvini alla proposta alternativa elaborata dal Consiglio europeo. “Questa è in netta opposizione al testo di riforma del Parlamento in quanto mantiene fermo il criterio della competenza del primo Paese di ingresso” spiega Di Pietro. “Prevede quote di ripartizione solo di fronte a situazioni di assoluta emergenza e a un carico abnorme su un solo Paese e ignora completamente i legami significativi del richiedente con un dato Paese“. Questo testo, definito dai media anche “proposta bulgara” per via della presidenza ricoperta dalla Bulgaria, il 5 giugno è stato bocciato al Consiglio dei ministri dell’Interno di 11 Stati membri su 28, tra cui anche l’Italia.


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