domenica 9 Novembre 2025

VIDEO | Dal ‘pacco’ alla coppa: per i bolognesi è stato più facile vincere sul Milan che arrivare a Roma

L'odissea dei tifosi rossoblu lasciati a piedi dai pullman (che hanno dato forfait) ma sono comunque arrivati a Roma con mezzi alternativi per veder vincere la loro squadra del cuore: ecco com'è andata

BOLOGNA – È iniziata col pacco, è finita con la coppa. Nove ore di macchina andata e ritorno in un arco di 18 ore. La gente smarrita al villaggio Ina, estrema periferia di Bologna appena spolverata dai binari del tram, ieri mattina. La serena disperazione di ri-organizzarsi in macchina appena capito che i pullman non c’erano. Le facce assonnate e felici, all’alba di oggi, al ritorno a Bologna mentre albeggia. Perché molti oggi erano di nuovo al lavoro. Negli occhi ancora Vincenzo Italiano, il mister proletario, un siciliano nato in Germania che ha conquistato tutti calciando i palloni in curva quando vince. Che arriva in trionfo sotto la nord laziale- per una volta un muro rossoblu- e si mette le mani sulle orecchie, proprio “a coppa”. E questa città che un po’ vuole crescere e un po’ ha paura di farlo, eterna adolescente, che ieri sera, per quel che vale, ha tolto i brufoli e fatto crescere un po’ di barba.

Questa Coppa Italia a Bologna, una suppellettile attesa da 51 anni, copre del tutto le frasi ruvide della mattina. “Gli abbiamo detto di tenersi i soldi per la lapide”, sibilavano gli ultras più truci, tra il serio e il faceto, alla domanda su chi ci fosse dietro i nomi di ditte sparite anche dagli elenchi telefonici prima di promettere pullman poi volatilizzati. A bocca asciutta chi ci aveva messo un 70-100 euro per evitarsi di guidare otto-nove ore. Ma almeno non erano viaggi degli ultras più ‘accesi’, quelli da sorvegliare perché non si portassero dietro situazioni di tensione o problemi: i più ‘carichi’, insomma, erano già on the road dall’alba. Quindi bene così. “E’ scappato il fratello con 20.000 euro”. “Ma l’altro fratello era un fornitore storico di autobus agli ultras. Ha lasciato a piedi anche la Fossa della Fortitudo basket che venivano a tifare Bologna. Non lavorerà più, che pollo”. I polli sono quelli che hanno guidato 8 ore per la fiducia riposta- male- sugli amici e gli amici degli amici che mediavano. Ma che importa: all’Olimpico c’è profumo di pini e di mare. Si capisce che butta bene. A Ponte Milvio in cinquemila cantano già tre ore prima. I più anziani fanno i giovani e bevono birra e lanciano sfottò ai pullman di adolescenti milanisti che li provocano. Oggi i senior di nuovo tutti in cravatta a vendere macchine e credito, bancari, agenti di concessionarie auto. Qualche figlio a compatirli benevolmente.

In autostrada, all’autogrill Arno, raccomandato dalla Questura per evitare contatti coi milanisti, gli orfani dei pullman erano stati raccolti da una bandiga, una tavolata con cibo e bevande organizzata da chi il pullman l’aveva trovato: “Siamo di Savignano sul Panaro e l’abbiamo preso nel reggiano”. “Incredibile, dei modenesi che non tifano Milan, Inter o Juve”. Il resto è l’Olimpico: i tappi per le orecchie dimenticati e le orecchie che fischiano, tranne quelle di Italiano, che vorrebbe un corno per amplificarsi ancora più nei padiglioni auricolari quei trentamila che si sgolano. Tra balletti, impalcature di cartone, razzi colorati (un sapore di plastica che fa tanto sponsor ma ricorda quelle feste da ragazzini con i salatini e i dolci in ordine nei cestini ma le ragazze che non venivano a ballare), si vede la sud dell’Olimpico sgomberata dai milanisti in un timelapse. Qualche rossoblu maturo sfodera una lacrimuccia. Viene in mente “Italiano, ‘Terrone che amo’”, la sciarpa geniale degli amici di Dandy Bestia degli Skiantos che citano l’omonima canzone del gruppo rock avanguardia del demenziale, mai capito a sufficienza dallo showbiz.

Dal pacco alla coppa, dopo 51 anni. Il profumo dei pini all’Olimpico, ”Poetica” di Cremonini e “L’anno che verrà” di Lucio Dalla cantate a memoria: “E si farà l’amore ognuno come gli va”, un inno universale, lo spirito di una città che prima soffre poi gode, che trema a sentire “Bomba o non bomba” di Venditti suonata da un menestrello benevolo ma che rimanda a bombe cupe e vere. Preferiamo dire a tutti che facciano l’amore come gli va. Calcia ancora palloni in curva Italiano, “Terrone che amiamo”. 

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