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Afghanistan, Lo Presti: a Kabul ora la gente ha paura

"La tensione è altissima, ci dovremmo preparare alla guerra civile" ha detto Lo Presti, presidente di Fondazione Pangea

Pubblicato:15-04-2021 15:41
Ultimo aggiornamento:15-04-2021 17:14
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ROMA – “La tensione è altissima; il governo afghano aveva avvertito che in caso di ritiro americano ci si sarebbe dovuti preparare alla guerra civile; la gente ha paura”: a parlare con l’agenzia Dire è Luca Lo Presti, presidente di Fondazione Pangea, una onlus italiana impegnata a Kabul in progetti per donne e bambini, con un focus sul microcredito.

Il responsabile parla dall’Italia, dopo aver ricevuto come ogni giorno le telefonate degli operatori in Afghanistan. “Mi dicono che c’è tanta paura e mi chiedono anche cosa farà Pangea” sottolinea. “Rispondo che non lasceremo Kabul e che facciamo anzi appello a tutti affinché sostengano i nostri progetti: aiutiamo 60.000 donne e bambini, nelle scuole, negli ospedali, con il microcredito e il sostegno all’apertura di imprese”.

La tesi è che “in una situazione di crisi e incertezza”, all’indomani dell’annuncio del ritiro delle forze americane e della Nato entro l’11 settembre, siano più che mai necessari equilibrio e determinazione. “A giugno sarò a Kabul per ricalibrare i nostri progetti, che riteniamo fondamentali per la popolazione” dice Lo Presti. Il ritiro delle truppe degli Stati Uniti e della Nato, anche italiane, al via a maggio, non sarebbe affatto d’aiuto. Secondo il presidente di Pangea, “i talebani non hanno intenzione di partecipare alle trattative di pace”, mentre “gli americani non hanno mantenuto nessuna delle loro promesse” perché “non sono state asfaltate strade né costruite scuole né ospedali”. La tesi, allora, è che l’intervento militare cominciato dopo gli attentati delle Torri gemelle dell’11 settembre 2001 si sia tradotto in “una sconfitta clamorosa della democrazia”. Ad arricchirsi sarebbero stati i “signori della guerra”, mentre “morte e ingiustizie” avrebbero “spianato la strada al ritorno delle truppe talebane”.


Difficile, a oltre un anno dall’accordo del febbraio 2020 tra i guerriglieri e gli Stati Uniti, prevedere cosa accadrà. Il governo della Turchia ha annunciato che ospiterà negoziati di pace ai quali, dal 24 aprile al 4 maggio, parteciperanno rappresentanti sia del governo afghano che dei talebani. I guerriglieri hanno però smentito, sottolineando che non prenderanno parte ad alcun incontro sul futuro dell’Afghanistan prima del ritiro di tutte le forze straniere.

A Kabul Pangea gestisce progetti dal 2003. Uno dei principali si chiama Jamila e si concentra su attività di microcredito, integrate con servizi di tipo educativo e sociale, rivolti in particolare a donne. Un’altra iniziativa riguarda il sostegno a circa 550 bambini sordi, sempre nell’area di Kabul. In entrambi i casi pandemia e restrizioni anti-Covid-19 hanno costretto a rivedere i programmi, rinviando ad esempio l’apertura di corsi, di inglese, informatica o parrucchiere.

Secondo stime diffuse dal quotidiano New York Times nel 2019, 18 anni di guerra sono costati agli Stati Uniti oltre 2mila miliardi di dollari. Più di 2.400 le vittime americane, tra militari e operatori in missione. Almeno 38.000, nello stesso periodo, le vittime civili accertate di nazionalità afghana.

I COSTI DELLA MISSIONE ITALIANA

L’intervento militare dell’Italia invece, si è tradotto in un impegno complessivo di 8,4 miliardi di euro, che raggiungeranno gli 8,5 con i costi di ritiro delle truppe che termineranno entro la fine del 2021. Così riferisce sul suo sito web l’Osservatorio Milex, che rilancia un report pubblicato nel 2017 aggiornato con i dati del 2020.

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