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Il Consiglio di Stato dà ragione alla Fondazione Piccolo America: respinto il ricorso della proprietà che voleva demolire il cinema

La società privata che aveva acquistato la storica sala a Trastevere e poi l'aveva abbandonata dovrà farsi carico dei costi di restauro e conservazione dell'immobile, che non potrà più essere riconvertito

Pubblicato:15-03-2023 11:39
Ultimo aggiornamento:15-03-2023 15:41
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ROMA – Dopo undici anni di battaglia legale, la sesta sezione del Consiglio di Stato ha respinto definitivamente il ricorso presentato dalla proprietà privata del Cinema America, confermando quando già espresso dal Tar nel giugno 2020: il ricorso è “palesemente infondato”.

LE TAPPE DELLA VICENDA DEL CINEMA AMERICA

Si conclude così il contenzioso sulla storica sala cinematografica di Trastevere, che fu occupata nel 2012 dal Piccolo America per bloccarne la demolizione e riconversione in parcheggi e appartamenti, voluta dalla proprietà privata Progetto Uno Srl che lo aveva acquistato dopo la chiusura avvenuta nel 1999 a un prezzo di circa 2 milioni di euro.

COSA HA DECISO IL CONSIGLIO DI STATO SUL CINEMA AMERICA

L’immobile, conferma la sentenza, è “una rara testimonianza della storia della cultura degli anni Cinquanta“, un “connubio tra architettura e arte” e “un unicum con gli apparati decorativi e gli arredi” per questo non potrà più essere demolito e riconvertito.


Ora la proprietà, che dal 2002 ha lasciato la struttura in uno stato di abbandono, dovrà farsi carico dei costi di restauro e conservazione dell’immobile in quanto riconosciuto come bene di interesse culturale ai sensi dell’articolo 10, comma 3, lettera D del D.Lgs n.42/2004. Il decreto di tutela è stato apposto nel gennaio 2020 dalla Direzione Generale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio del ministero della Cultura con decreto rep.n.85.

CAROCCI: “ABBIAMO VINTO”

“Abbiamo letto le carte mille volte, abbiamo respirato profondamente, abbiamo esultato e adesso troveremo anche la lucidità per scriverlo: abbiamo vinto!”, dichiara Valerio Carocci, presidente della Fondazione Piccolo America. “Dopo undici anni di lotta e speranza – spiega Carocci – la battaglia legale sul Cinema America si è finalmente conclusa. Il Consiglio di Stato ha rigettato il ricorso presentato dalla proprietà dell’immobile contro il Mic in quanto palesemente infondato. Abbiamo una certezza: l’America non potrà più essere demolito, riconvertito e non diventerà mai una palazzina di parcheggi e mini-appartamenti“.

“La sentenza – prosegue il presidente della fondazione – conferma che la struttura ‘rappresenta una significativa e rara testimonianza di un momento ben preciso della relazione tra la storia dell’evoluzione della tecnica cinematografica e la storia dell’arte e dell’architettura. L’edificio resta ancora di proprietà della Progetto Uno srl, società che, dopo la chiusura del ’99, lo aveva acquistato nel 2002 per circa due milioni di euro con l’obiettivo di trasformarlo in parcheggi e appartamenti. Ma la società da oggi è tenuta a sostenere i costi di restauro e conservazione. Da oggi si apre una nuova fase: per troppo tempo la ferita del degrado in Via Natale del Grande è rimasta aperta, a causa di un contenzioso legale avanzato dalla proprietà privata e non per via della tutela apposta dal Ministero“.

Carocci passa poi ai ringraziamenti: “Ringraziamo tutti i residenti e i commercianti di Trastevere che in questi anni non hanno mai smesso di credere in questo sogno. A chi per sfinimento ha iniziato ad accogliere l’idea della riconversione pur di superare l’abbandono, diciamo invece che il tempo dell’attesa è finito. Sulla base del lavoro svolto in questi anni, dal successo del Cinema Troisi all’essere diventati Fondazione, abbiamo chiesto un incontro alla proprietà per valutare ogni strada percorribile al fine di riaprire il Cinema America come tale. I proprietari restano liberi di riaprirlo, nel rispetto della tutela, a prescindere dal nostro impegno. L’importante è che l’America torni a essere una sala attiva. Abbiamo vinto in ogni caso e saremo sempre felici di rivederlo aperto. Ora non ci sono più scusanti: il destino dell’America è ormai definito e noi come Fondazione siamo a disposizione per riaprirlo”, conclude.

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