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Tg Ambiente, edizione del 15 marzo 2022

Si parla di dissesto idrogeologico, clima e tutela cetacei

Pubblicato:15-03-2022 14:49
Ultimo aggiornamento:15-03-2022 15:05

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94% COMUNI ITALIA A RISCHIO DISSESTO IDROGEOLOGICO

Aumenta nel 2021 la superficie nazionale potenzialmente soggetta a frane e alluvioni: l’incremento sfiora rispettivamente il 4% e il 19% rispetto al 2017. Quasi il 94% dei comuni italiani è a rischio dissesto idrogeologico e soggetto ad erosione costiera e oltre 8 milioni di persone abitano nelle aree ad alta pericolosità. Segnali positivi per le coste italiane: dopo 20 anni, a fronte di numerosi interventi di protezione, i litorali in avanzamento sono superiori a quelli in arretramento. Così l’ultima edizione del rapporto Ispra ‘Dissesto idrogeologico in Italia: pericolosità e indicatori di rischio’, che fornisce il quadro di riferimento nazionale sulla pericolosità di frane e alluvioni e sull’erosione costiera. Nel 2021 oltre 540 mila famiglie e 1.300.000 abitanti vivono in zone a rischio frane, mentre sono circa 3 milioni di famiglie e quasi 7 milioni gli abitanti residenti in aree a rischio alluvione. Le industrie e i servizi in aree a pericolosità da frana elevata e molto elevata sono oltre 84 mila con 220 mila addetti esposti a rischio, mentre quelli esposti al pericolo di inondazione, sempre nello scenario medio, superano i 640 mila. A rischio anche il patrimonio culturale: degli oltre 213 mila beni architettonici, monumentali e archeologici italiani quelli potenzialmente soggetti a fenomeni franosi sono oltre 12 mila nelle aree a pericolosità elevata; 38.000 se si considerano anche quelli in aree a minore pericolosità. I Beni Culturali a rischio alluvioni, poco meno di 34 mila nello scenario a pericolosità media, arrivano a quasi 50 mila in quello a scarsa probabilità di accadimento.

CLIMA. TUTELARE ANTARTIDE, MINACCIATA DA MUTAMENTI

Un team di ricercatori della spedizione internazionale di Greenpeace in Antartide ha documentato sul fondale marino un’incredibile abbondanza di vita, inclusi coralli e altre specie vulnerabili in quella che è considerata l’immersione scientifica sottomarina più meridionale della storia, a 65 gradi sud. Per questo gli scienziati chiederanno alla Commissione per la conservazione delle risorse biologiche dell’Antartico che l’area riceva una protezione speciale. La spedizione è riuscita a esplorare il remoto Mare di Weddell quando il ghiaccio marino antartico ha raggiunto la minima estensione mai registrata. l fondale esplorato sarebbe normalmente avvolto nell’oscurità perché coperto di ghiaccio per diverse miglia in qualsiasi direzione, ma ora si trova al minimo storico per via della diminuzione del ghiaccio causata dai mutamenti climatici. L’ultimo rapporto dell’Ipcc, il gruppo intergovernativo di esperti sui cambiamenti climatici delle Nazioni Unite, chiede che il 30-50 per cento degli oceani del mondo sia protetto, avvertendo che il riscaldamento globale ha già causato danni e perdite irreversibili agli ecosistemi marini.

WWF: SOLUZIONI BASATE SU NATURA CONTRO CRISI CLIMA

La crisi climatica non è un problema del futuro, il clima sta cambiando adesso e il nostro Pianeta oggi. La nuova necessità che si impone, in aggiunta ai piani di transizione ecologica e energetica, è quella di sviluppare piani di adattamento, ma l’uomo non è solo. Le soluzioni basate sulla Natura – Nature Based Solutions – come tutelare e ripristinare gli ecosistemi naturali, sono uno strumento indispensabile da inserire nel nostro portfolio di azioni per la lotta al cambiamento climatico. Lo spiega il Wwf nel rapporto ‘Dalla natura un grande aiuto per arginare la crisi climatica’, realizzato in vista di Earth Hour, l’Ora della Terra, l’iniziativa globale dell’associazione che si terrà il 26 marzo alle 20 e 30 di ogni Paese. In ambito Unione europea, ad esempio, il ripristino degli habitat di interesse comunitario potrebbe portare all’assorbimento di circa 84 milioni di tonnellate di carbonio o di circa 300 milioni di tonnellate di CO2 per anno, l’equivalente delle emissioni annue di gas serra di un Paese come la Spagna. Non si tratta solo di restauro e ripristino ovviamente, ma anche protezione. I fondali marini, ad esempio, costituiscono di gran lunga la fonte più significativa di carbonio organico e, attraverso le Aree Marine Protette, è possibile mantenere a lungo termine gli stock di carbonio in ambiente marino.


FRIEND OF THE SEA: SALVARE CETACEI DA URTI CON NAVI

Fino a poco tempo fa la cattura da parte dell’industria baleniera era considerata la peggiore minaccia per i cetacei, oggi non è più così: le collisioni tra cetacei e navi, note come “whale ship strikes”, sono diventate la principale minaccia per le balene. Nel 2020 almeno ventimila sono state uccise, colpite da navi mercantili, navi da crociera e da pesca, una cifra quadruplicata in venti anni, erano infatti cinquemila le balene uccise nel 2000. Nel Mediterraneo e nello Sri Lanka, ad esempio, le collisioni mortali sono quasi raddoppiate in 40 anni e la popolazione di balene si è ridotta di oltre il 50%. La maggior parte delle balene morte si deposita sul mare e solo il 10% viene portato a riva, si tratta dunque di un massacro silenzioso. Per questo Friend of the Sea ha deciso di lanciare una campagna per la tutela dei cetacei e premiare gli operatori del trasporto marittimo che si impegnano a implementare misure per prevenire le collisioni letali per le balene. Friend of the Sea invita gli operatori marittimi, gli armatori e i Governi ad implementare misure per la prevenzione delle collisioni letali con balene, ad esempio attraverso l’introduzione di telecamere termiche per il riconoscimento dei cetacei, sistemi di segnalazione degli avvistamenti dei cetacei online e, se opportuno, modifiche dei percorsi delle autostrade del mare. Le linee di crociera, gli operatori marittimi e le flotte di pesca che aderiranno al progetto saranno riconoscibili dal logo Friend of the Sea e ognuno di noi potrà contribuire alla protezione delle balene scegliendo proprio quegli operatori certificati.

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