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Coronavirus, l’appello: “Fare di più per informare le comunità straniere”

Il coordinatore del Summit nazionale delle Diaspore lancia l'appello: "Fare di più per informare sui divieti gli stranieri e chi è appena arrivato in Italia coinvolgendo i mediatori"

Pubblicato:15-03-2020 19:13
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 17:09

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ROMA – “L’emergenza coronavirus va affrontata anche coinvolgendo le migliaia di cittadini stranieri in Italia. Molti di loro non parlano italiano oppure si trovano in contesti isolati – pensiamo ai braccianti nelle campagne. Bisogna potenziare il ruolo dei mediatori culturali, ma soprattutto individuare personalità all’interno delle comunità che possano fare da ponte con le istituzioni e gli enti sul territorio, trasferendo informazioni e buone pratiche”. Questo l’appello di Cleophas Dioma, coordinatore del Summit nazionale delle Diaspore, un programma sostenuto dall’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (Aics).

Secondo Dioma, raggiunto telefonicamente dall’agenzia Dire, “le misure adottate per contrastare il coronavirus vanno bene ma c’è il timore che non si stia facendo abbastanza per informare i ‘non italiani-doc’“.

Dioma annuncia che presto sui canali social del Summit saranno divulgate card informative in varie lingue. Presi inoltre contatti con le ambasciate, “in modo che collaborino per raggiungere e informare le comunità”. Oltre allo scoglio della lingua, secondo il coordinatore del Summmit, “ci sono culture, tradizioni e modi di fare diversi che potrebbero ostacolare l’applicazione dei provvedimenti“.


Questa fase emergenziale potrebbe essere una buona occasione allora per rivalutare la figura dei mediatori culturali, una figura che sarebbe stata “dimenticata”. Per Dioma, “il mediatore è un professionista a tutto tondo, non un semplice traduttore. Ha conoscenze psicologiche e culturali che gli permettono di entrare davvero a contatto con persone con usi e costumi diversi dai nostri, comunicando efficacemente il contenuto dei decreti, le buone pratiche igienico-sanitarie ma anche gli strumenti messi a disposizione dalle istituzioni per chi ha difficoltà sanitarie o legate al lavoro”.

Come i mediatori, Dioma ricorda l’importanza “di individuare figure che rappresentano dei leader all’interno delle diverse comunità”. Il coordinatore cita gli imam per gli arabi e le altre nazionalità di religione musulmana, i pastori protestanti tra gli eritrei o i preti ortodossi tra i romeni.

Menzionati poi gli imprenditori o laureati che conoscono alla perfezione l’italiano, “tutte personalità che sanno farsi ascoltare”. In Italia secondo gli ultimi dati del ministero dell’Interno, gli stranieri sono oltre 5 milioni (pari all’8,7 per cento della popolazione). Oltre ai cittadini pienamente integrati o a tante persone nate nel nostro Paese, esistono però anche i “nuovi stranieri”.

Migranti e rifugiati appena arrivati” dice Dioma, convinto che di loro le istituzioni non stanno parlando abbastanza: “Migliaia sono stati costretti a lasciare i centri di seconda accoglienza per via dei Decreti sicurezza e ora vivono ai margini delle nostre città accanto ai senzatetto italiani. Vanno protetti dal virus come tutti”. Dioma solleva infine il tema dei centri di accoglienza sovraffollati: “Come si fa a pretendere la distanza di sicurezza di un metro se gli stanzoni sono stracolmi di persone?”

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