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Cutrera (Bambino Gesù Roma): “1 su 100 è un bimbo medicalmente complesso”

"Hanno bisogni speciali, ma i loro diritti sono applicati in modo disuguale"

Pubblicato:15-03-2018 10:21
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 12:38

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ROMA –  Non sono molti ma necessitano di cure particolari. I bambini medicalmente complessi si stima siano un 10 per mille (cioè 1 ogni 100) e sono costretti a vivere con l’aiuto di macchinari. Non sono liberi di muoversi e alcuni non possono lasciare il letto. Sono tenuti in vita da respirazione meccanica, ossigenoterapia, e nutriti attraverso la tracheotomia, col sondino o la Peg (Gastrostomia endoscopica percutanea). Spesso le loro famiglie hanno difficoltà nell’organizzare mini-reparti ospedalieri in casa, oltre che per ottenere l’apparecchio prescritto dal centro specialistico, e questo può costringere i bambini a restare in reparto anche quando potrebbero essere dimessi. Non solo: un altro problema per i genitori è la diseguaglianza nella distribuzione degli ausili di cui i bambini hanno bisogno, tra Regione e Regione. Ne abbiamo parlato con Renato Cutrera, direttore dell’Unità operativa di Broncopneumologia all’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma.

– I bambini medicalmente complessi non sono molti in Italia, ma vale la pena di parlarne. Chi sono?

“Sono bambini con bisogni speciali, che necessitano di un supporto per le loro condizioni vitali. Per mangiare hanno bisogno di una gastrostomia, mentre per respirare di una tracheotomia o di un ventilatore che li supporti durante il sonno oppure h24. Non hanno possibilità di movimento e vanno aiutati anche insieme alle loro famiglie nelle realtà in cui vivono”.

– Quali sono le principali difficoltà a cui questi bambini e i loro genitori vanno incontro?

“Il problema è che i loro diritti sono applicati e differenziati a seconda della Regione in cui vivono e questo è profondamente ingiusto. Bisognerebbe trovare un modo per cui, all’interno delle singole realtà territoriali, ci sia un minimo comun denominatore. Devo dire che il ministero della Salute ha fatto molto con l’applicazione nei Lea (Livelli essenziali di assistenza) del progetto per le cure palliative pediatriche, dove per palliazione non si intende soltanto la terminalità di un bambino, ma tutta quella condizione di inguaribilità su cui molto si può fare prendendosene cura e carico”.


– Disuguaglianze tra Regione e Regione per l’accesso ai servizi, dunque. Ma la forbice è sempre la stessa, con la differenza tra nord e sud?

“Non vorrei essere qualunquista parlando sempre di disparità tra nord e sud, soprattutto perché ci sono realtà eccellenti anche nel meridione. Il problema è che l’Italia, anche per la questione che riguarda i servizi dedicati ai bambini medicalmente complessi, è veramente a macchia di leopardo. E la regionalizzazione, che pure è qualcosa di inevitabile, deve tener conto di fattori correttivi che possano permettere a tutti i cittadini di avere gli stessi diritti”.

– Dal 12 al 16 giugno, intanto, si svolgerà a Roma il 74esimo Congresso nazionale della Società italiana di Pediatria e lei fa parte del comitato scientifico. Contemporaneamente si festeggeranno i 120 anni della società… Insomma, un appuntamento importante: cosa dobbiamo aspettarci e quali saranno i principali argomenti trattati?

“Verranno presi in esame tutti gli argomenti che riguardano la salute del bambino nel suo complesso, con una riflessione profonda sui vari temi. Ma questo importante appuntamento, in cui si festeggiano anche i 120 anni dalla nascita della Società, vuole essere soprattutto qualcosa di veramente unificante per quanto riguarda la pediatria italiana. Sarà aperto ai nostri amministratori, ai nostri politici, ma anche alla cosiddetta società civile, cioè alle mamme, ai papà e ai nonni. Dobbiamo ricordare, infatti, che se i nostri bambini non sono in buona salute oggi, non avremo degli adulti sani domani. Quindi il futuro della nostra società è nelle loro mani”.

“BIMBI CREATURE FRAGILI, NOI CE NE PRENDIAMO CURA”

“Non è una società scientifica ma riunisce tutte le società scientifiche e le associazioni che si occupano di salute del minore, tra gli 0 e i 18 anni. E questo significa innanzitutto che vogliamo dare la nostra disponibilità di ricercatori, medici e scienziati mettendoci al servizio di tutti i bambini presenti in Italia, di qualsiasi colore e religione essi siano”. Così il presidente della Fiarped (Federezione italiana delle associazioni e società scientifiche dell’area pediatrica), Renato Cutrera, spiega all’agenzia Dire la missione della Federazione di cui lui è a guida.

“Il bambino, che è una creatura fragile- prosegue Cutrera- deve avere, anche tra i professionisti della sanità, persone che si dedichino esclusivamente a lui. Quando si dice che il bambino non è un adulto in miniatura, infatti, è perché ha delle sue peculiarità di tipo psicologico e comportamentale. Tutto ciò lo rende un cittadino importante, anche se non vota, perché sarà l’adulto di domani. Allora noi vogliamo dire fortemente questo: attenzione, solo chi ha esperienza di bambini può occuparsi della loro salute. E poi, non dimentichiamoci mai del vecchio detto- conclude il presidente Fiarped- ‘In puero homo’, cioè ‘nel bambino c’è l’uomo del futuro'”.

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