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Rifugiati, frontiere d’Europa: sempre più Stati negano accoglienza

A pochi giorni dall'ennesima riunione dei leader europei sull'immigrazione, aumentano le resistenze all'accoglienza. Parigi contraria a quote permanenti, Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia progettano la chiusura della rotta balcanica

Pubblicato:15-02-2016 14:58
Ultimo aggiornamento:16-12-2020 21:58

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migranti filo spinato

BRUXELLES – A pochi giorni dall’ennesimo Consiglio europeo che giovedi’ e venerdi’ riportera’ attorno ad un tavolo i leader Ue alla ricerca di una strategia condivisa sull’immigrazione, per il momento l’unica cosa che sembra accomunare la maggior parte delle capitali e’ la voglia di pensare ciascuna per se’ e limitare, in un modo o nell’altro, gli arrivi sul proprio territorio. Sempre piu’ sola sul fronte dell’accoglienza resiste Angela Merkel che insiste per una maggiore condivisione degli oneri, dopo che la Germania ha lasciato entrare, lo scorso anno, oltre un milione di rifugiati. Ma in questa battaglia la cancelliera tedesca sembra essere stata abbandonata anche dal principale alleato: la Francia.

Parigi “non e’ favorevole” ad un sistema di quote permanenti, ha chiarito il premier francese, Manuel Valls, secondo cui “l’Europa non puo’ fare entrare tutti i migranti dalla Siria, dall’Iraq o dall’Africa“. Per questo il paese accogliera’ i 30 mila rifugiati che gia’ si era impegnata a lasciare entrare nell’ambito del programma di relocation da Grecia e Italia ma niente di piu’: “Non ne prenderemo altri”, ha spiegato Valls, esprimendo apprezzamento per gli sforzi della Germania ma prendendo anche le distanze dall’atteggiamento di Berlino: “La Francia – ha ricordato – non ha mai detto ‘venite in Francia’”, cosi’ come Merkel fece con i rifugiati siriani.


Sono invece intenzionati a passare alle vie di fatto per limitare gli arrivi i quattro paesi del blocco di Visegrad: Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia. I quattro si sono offerti di fornire aiuto a Macedonia e Bulgaria per sigillare i loro confini, sbarrando cosi’ la rotta dei Balcani occidentali che porta la maggioranza dei migranti che sbarcano sulle coste greche verso il nord Europa. “Se la Grecia non fa il suo dovere, e non lo sta facendo, e’ piu’ sensato per noi investire soldi nella protezione delle frontiere tra la Grecia e la Macedonia, la Bulgaria e gli altri paesi”, ha spiegato il premier slovacco, Robert Fico. Il blocco di Visegrad rimane anche contrario ad un sistema di quote di redistribuzione di rifugiati tra gli Stati Ue che, sostiene, costituirebbe un ulteriore fattore di richiamo per i migranti. Ultimi segni di una insofferenza diffusa, che si aggiungono a quelli gia’ giunti da diversi altri Stati europei nelle ultime settimane.

Cosi’ ad esempio l’Austria ha fissato un tetto massimo di 37.500 migranti da accogliere. Vienna prevede di raggiungerlo gia’ “entro un mese” ma poco importa: poi scattera’ la chiusura dei confini, anche con una barriera al Brennero, per evitare ingressi dall’Italia. La Svezia, invece, dopo avere rigettato quasi la meta’ delle domande di asilo giunte lo scorso anno si prepara a rimpatriare quasi 80 mila persone. Esempio seguito dalla Finlandia, che ha annunciato piani di ritorno di circa 20 mila dei 32 mila migranti giunti sul suo territorio nel 2015. Tentativi sparsi di limitare gli oneri per il proprio paese, di fronte ad una strategia europea dimostratasi finora inconsistente e che sempre meno capitali sembrano disposte a cercare davvero.

(Fonte Redattore sociale)

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