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“Sì, sappiamo che è vivo anche se non sappiamo dove si trova. Sappiamo però che è vivo”. A parlare è Betlehem Isaak, cronista come il padre, detenuto in un carcere dell’Eritrea da 23 anni. Il suo è un appello per la libertà, diffuso pochi giorni dopo la liberazione di un’altra cronista, l’italiana Cecilia Sala, detenuta in Iran per tre settimane. Isaak fu arrestato il 23 settembre 2001 ad Asmara, la capitale dell’Eritrea. All’epoca lavorava per Setit, giornale critico, anche verso il governo di Isaias Afewerki: al primo e tuttora unico presidente dell’Eritrea chiedeva “riforme democratiche”, con articoli, interviste e inchieste.
“La situazione in Siria è molto precaria e in assenza di risposte immediate temiamo un peggioramento drammatico della crisi umanitaria, oltre che della tensione sociale”. A più di un mese dalla destituzione del presidente Bashar Al-Assad e dopo quasi 14 anni di guerra a parlare è Andrea Sparro, rappresentante in Siria di WeWorld, organizzazione umanitaria che a Damasco, Aleppo, Deir Ez-zor e nel governatorato di Raqqa porta acqua, servizi igienico-sanitari e educazione. Sparro descrive un quadro difficile: “La popolazione non ha accesso a soldi, elettricità se non per un’ora, massimo due al giorno, e non riesce a riscaldare le abitazioni. La comunità internazionale ha la responsabilità di supportare e proteggere la popolazione con particolare attenzione ai diritti umani”.
Bagno sacro per centinaia di milioni di persone al festival induista di Kumbh Mela, il più grande raduno religioso al mondo. Le immersioni sono cominciate in settimana al “sangam”, termine sanscrito che sta per “confluenza” e che si riferisce al punto di incontro tra il Gange e lo Yamuna: secondo la tradizione, i due fiumi sarebbero collegati dalla dea Saraswati. I bagni si tengono nella città di Prayagraj, nel nord dell’India, una volta ogni 12 anni. Il festival è cominciato lunedì e durerà sei settimane. A immergersi potrebbero essere nel complesso 400 milioni di pellegrini, un numero tale da rendere i riti visibili dallo spazio.
Garantire corridoi sicuri, ripristinando le foreste e l’habitat invaso dai contadini: queste le vie per ricreare un equilibrio tra elefanti ed esseri umani nel nord del Camerun, dove passeggiate dei pachidermi fuori dalla foresta hanno innescato proteste e blocchi stradali degli abitanti. I fatti sono avvenuti nella zona di Kalfou. Gli elefanti hanno devastato campi e sconfinato nei villaggi. Pur autorizzando l’abbattimento di alcuni esemplari, il governo locale ha riconosciuto che “con il bracconaggio, il boom demografico e il taglio degli alberi per produrre legna da ardere questi animali si ritrovano a rischio nel loro stesso biotopo”.
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