ROMA – “Comunque vada, i francesi di origine nordafricana avranno un Paese che li rappresenta in finale e sarà una festa: del resto è a questo che serve il calcio e non dobbiamo dimenticarlo. Sfruttare il match per stigmatizzare i franco-marocchini che tiferanno Marocco o per fare disquisizioni simili è invece un comportamento orientato a un approccio razzista: meglio evitare polemiche del genere”.
Farid Kachour è il presidente dell’Association SocioCulturelle et Educative de Montfermeil (Ascem), un’organizzazione di base a Montfermeil, comune francese del dipartimento di Saint-Denis, nell’agglomerato urbano di Parigi, dove vive una nutrita comunità di cittadini francesi di origini maghrebine e di migranti.
Con l’agenzia Dire si parla della semifinale del Mondiali in Qatar che vedrà affrontarsi Francia e Marocco. “Il calcio è un’occasione festosa come prima cosa”, premette Kachour, che ha origini algerine e si definisce “francese di terza generazione”.
Al netto di questo, per il presidente di Ascem non si può non riconoscere che “questo match è carico di simboli perché accomuna due Paesi che hanno un passato comune, come testimoniato dal fatto che diversi giocatori della nazionale marocchina, come Sofiane Boufai e poi lo stesso allenatore Walid Regragui, siano nati in Francia”.
Il riferimento è principalmente all’amministrazione coloniale francese del Paese nordafricano, cominciata come protettorato nel 1912 e conclusasi ufficialmente con l’indipendenza nel 1956.
Stando ai dati dell’Institut national de la statistique et des études économiques (Insee), a Montfermeil circa un quarto della popolazione totale è immigrata. Il quartiere è diventato negli anni anche emblema della periferia parigina e delle sue tensioni sociali ed è stato raccontato di recente, insieme alla vicina Clichy-sus-Bois, dal film ‘Les Miserables’, realizzato del regista di origini maliane Ladj Ly. Circa un secolo e mezzo prima, lo scrittore Victor Hugo aveva scelto sempre Montfermeil per ambientare parti del suo celebre ‘Les Miserables’, che poi è servito da ispirazione per il suo epigono contemporaneo.
“Nel quartiere vive una numerosa comunità nordafricana, in particolare algerina e marocchina, ma anche molte persone che provengono dall’Africa subsahariana”, spiega Kachour. La sua associazione, continua, è frequentata “da circa 600 persone, di cui molti immigrati di origini africana“. “Domani ognuno sarà libero di tifare chi vuole”, prosegue il presidente, “e mettersi a puntualizzare o criticare è cosa da razzisti. Del resto nel 2016, quando la Francia ha affrontato il Portogallo nella finale degli Europei, nessuno si è sognato di andare a chiedere ai franco-portoghesi, pure molto numerosi, di sostenere la Francia. Lo stesso si può dire dei francesi di origini italiana per la finale dei Mondiali del 2006“.
La natura multiculturale del quartiere, dove l’Ascem, anche organizzando iniziative nella moschea locale, promuove visite guidate, insegnamenti di lingua araba e sostegno al doposcuola per i ragazzi, ha avuto anche un ambasciatore speciale ai Mondiali del Qatar. “Abbiamo tutti seguito”, riferisce Kachour, “le imprese di Aissa Laidouni, giocatore della Tunisia di origini anche algerine che è nato qui e che è stato eletto anche ‘uomo del match’ contro la Danimarca”.
Tornando a Marocco-Francia, prima semifinale mai disputata da un Paese africano e a maggioranza araba e musulmana, Kachour si rifà alle parole del ct Regragui. “Il mister ha detto che il Marocco giocherà per l’Africa e per tutto il mondo arabo, sono state parole belle“, commenta il presidente. “Penso che la selezione rossoverde ha conquistato i cuori di tante persone con la sua ventata di freschezza e con il suo essere una sorpresa contro i giganti del calcio mondiale; in un certo modo, è l’alfiere di tutti i Paesi in via di sviluppo“.
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