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A Chigi e ritorno, uno studio fonda il partito di Draghi (al governo)

Il risultato più evidente è che il 70 per cento degli interpellati vorrebbe Draghi ancora a Palazzo Chigi

Pubblicato:14-12-2021 19:10
Ultimo aggiornamento:15-12-2021 09:52

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ROMA – Il partito di Draghi esce allo scoperto e mostra le carte di uno studio che dimostra inequivocabilmente come l’approdo ideale per il presidente del consiglio non sia il Quirinale e men che meno la Commissione Ue, bensì il luogo in cui si trova già, Palazzo Chigi.

Gli italiani vogliono Draghi saldamente al timone del governo. “Il fattore Draghi”, è il titolo dell’indagine realizzata da Sociometrica – Format Research di Antonio Preiti, illustrata alla Camera da Libertà Eguale e la Fondazione Per. Tante le sfumature di draghismo in sala Frattarelli, da Marco Bentivogli a Carlo Calenda di Azione, a Stefano Ceccanti, Enrico Morando, Debora Serracchiani del Pd, a Luigi Marattin di Italia viva.

Il risultato forse più evidente è che il 70 per cento degli interpellati vorrebbe Draghi ancora a Palazzo Chigi, mentre solo il 12% preferirebbe la sua elezione alla carica di Presidente della Repubblica. Il 18% vorrebbe che non rivestisse nessuno dei due incarichi.


Draghi a Chigi piace all’88 per cento degli elettori di Azione, con il partito di Calenda che rappresenta il picco massimo del draghismo, anche se tutti gli altri partiti non si discostano molto dalla media. Addirittura il 40 per cento degli elettori di Fratelli d’Italia, partito di opposizione, esprime un giudizio positivo sull’operato del governo.

Decisiva è stata l’azione dell’esecutivo nel contrasto alla pandemia. “C’è una legge di proporzionalità diretta tra l’opinione sul Green Pass e l’opinione sul Governo. Tra quanti sono convinti della bontà della Certificazione, l’82% è favorevole all’azione del Governo; all’opposto, tra quanti sono nettamente contrari all’adozione del Green Pass (o alle regole che lo sovraintendono) solo il 22% si esprime a favore del Governo”, si legge nel rapporto.

Il più esplicito nell’interpretare i dati è Carlo Calenda, leader di Azione, il quale fa una parziale autocritica. “Noi liberaldemocratici abbiamo sbagliato a pensare che il maggioritario potesse cambiare il Paese”, dice Calenda che sottolinea come “oggi la sfida non stia alla presidenza della Repubblica ma a palazzo Chigi. Non è dal Quirinale che si cambia l’Italia ma da Palazzo Chigi. Io credo che Draghi debba rimanere a capo del Governo“, dice senza mezzi termini.

Da quella postazione il premier può essere utile a cancellare il bipolarismo all’italiana. “Per scomporre e ricomporre il sistema politico abbiamo un tempo piuttosto breve, ma questa ricomposizione può passare solo da un proporzionale con alta soglia di sbarramento. In sintesi, sarebbe sbagliato pensare che Draghi sia di per sé salvifico, ma può aiutare a cambiare il Paese“, aggiunge Calenda.

Nonostante debba ancora nascere, anche il partito di Draghi come i suoi fratelli più anziani palesa qualche crepa. Come quella tra Stefano Ceccanti e Luigi Marattin sul proporzionale. Per il costituzionalista Pd non sarà questo sistema di voto a realizzare il nuovo assetto centrista. “Aspetta, aspetta e vedrai”, promette Marattin, invitandolo alla calma.

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