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A Seveso la casa della fondazione Grassi per i malati di hiv

La fondazione dedicata a ‘Maddalena Grassi’ nasce nel 1992 con lo scopo di strutturare i servizi di assistenza domiciliare integrata

Pubblicato:14-12-2021 16:18
Ultimo aggiornamento:14-12-2021 16:18

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SEVESO (MONZA-BRIANZA), 14 dic. – La facciata è bordeaux e beige con innesti di legno. Due piani, interni perlopiù bianchi e un soffitto con travi a vista che ricorda gli chalet di montagna. Nell’ambiente interno il calore del focolare, l’energia di una casa. Stelle di Natale e decorazioni dorate, inoltre, danno un tocco magico agli spazi, riscaldando ancora di più l’atmosfera. Si presenta così al visitatore la casa-alloggio per persone con Hiv di via Meredo 39 a Seveso.

Il doppio bilocale, che è stato inaugurato oggi alla presenza della sindaca Alessia Borroni e benedetto dal vicario episcopale monsignor Luciano Angaroni, è pronto ad accogliere entro l’anno quattro futuri inquilini: tutti loro saranno assistiti nelle cure e nella vita quotidiana dagli operatori e dai volontari della fondazione ‘Maddalena Grassi’ che proprio a Seveso ha avviato la sua azione di assistenza domiciliare integrata trent’anni fa.

Questa nuova casa, ex stabile diroccato e completamente ricostruito, “è un’opportunità centrale per Seveso e per la nostra amministrazione” commenta la sindaca parlando con la ‘Dire’ a margine dell’inaugurazione. “I servizi sociali- prosegue- sono fondamentali per una città come Seveso, con 24mila abitanti, ma anche per i paesi limitrofi”. Perciò, ringraziando i volontari della fondazione ‘Grassi’, Borroni ha garantito che “l’amministrazione sosterrà sempre questi tipi di interventi sul territorio”.


“Spero che la Brianza possa diventare un bell’esempio” di tessuto socio-sanitario dove “le maglie sono strette”, è l’augurio del direttore generale dell’Asst Brianza Marco Trivelli. Un obiettivo come questo si raggiunge, è l’opinione del Dg, con la collaborazione tra pubblico e privato, “stringendoci e connettendoci” e permettendo quindi “al paziente di curarsi come vuole”. Se durante il Covid, ha proseguito, “abbiamo perso pazienti è perché le maglie erano larghe”: i buchi nel tessuto rendono “più debole un territorio”, proprio come “è emerso” nei quasi due anni di pandemia. L’auspicio, quindi, conclude, è di ricucire questi buchi per risanare “le ferite recenti”.

Ferite risanate sono quelle di Andrea, primo inquilino della casa di via Meredo. Sessant’anni, di cui 43 trascorsi nella ristorazione milanese, e quasi altrettanti i chili che è riuscito a recuperare in un anno e mezzo di terapie contro la tubercolosi prima e l’Aids dopo. Andrea parla con emozione della sua nipotina e ha uno sguardo pieno di gratitudine per la fondazione che “mi ha riportato alla vita”, dice mentre ruota il palmo della mano dal basso verso l’alto. Ora Andrea vive nell’appartamento del secondo piano, arredato con gusto, quadri e ninnoli graziosi, immancabili i giochi per la nipote.

“La persona che arriva nelle nostre case- spiega alla ‘Dire’ la direttrice degli alloggi per malati di Hiv Elisabet Cendra- quando infila le chiavi nella porta, deve poter dire ‘ok, va bene tutto, io torno a casa’. Per tanti può essere scontato ma non è così” perciò “riproduciamo in tutte le nostre case, e anche in questa ultima, quel desiderio di calore”. Cendra lavora in fondazione da quasi trent’anni: “Il momento di oggi non l’avrei mai immaginato. Trent’anni fa, coi nostri pazienti, si condividevano gli ultimi giorni di vita. Oggi abbiamo questa villetta dove le persone abitano in maniera completamente autonoma. Significa che la scienza ha fatto dei passi avanti enormi” ma significa anche che è stato “fatto un pezzo in più” da parte della fondazione, ovvero, rivendica, si è lavorato per “ricostruire percorsi di vita”.

Come spiega Alessandro Pirola, amministratore delegato e co-fondatore della fondazione ‘Maddalena Grassi’, la prima casa di accoglienza per malati di Hiv è stata aperta proprio a Seveso nella palazzina adiacente agli appartamenti inaugurati stamane. Negli anni, l’offerta è stata ampliata “e dotata di due appartamenti integrando i 10 posti di residenzialità con posti di attività diurna”. La fondazione dedicata a ‘Maddalena Grassi’ nasce nel 1992 con lo scopo di strutturare i servizi di assistenza domiciliare integrata. Ora è un ente accreditato col servizio sanitario nazionale e interviene d’intesa con Ats e servizi sociali territoriali.

“Noi- illustra Pirola- vogliamo tenere nella propria casa le persone malate e se l’assistenza domiciliare non basta costruiamo luoghi dove possano trovare sia l’abitazione che le cure necessarie”. Da qui, conta il manager, sorgono “le tre case accoglienza per malati di Hiv” in Brianza, “due comunità psichiatriche di media intensità, un centro diurno, una struttura per disabili gravi e gravissimi, la collaborazione con il reparto di oncologia dell’ospedale Sacco” di Milano “dove gestiamo due hospice”.

Infine, tutto il filone dell’assistenza territoriale: “Abbiamo in carico circa 700 persone costantemente, 1.800 all’anno ed ogni giorno entriamo in 400 famiglie curando malati di varie intensità” anche minori, dal post-ricovero semplice sino alle cure palliative. “La nostra filosofia è quella di dare cure della minor intensità possibile, piegando l’offerta delle cure al bisogno del paziente e cercando di sostenere e sviluppare tutte le sue capacità residuali”. Tanto è vero, conclude Pirola, che “spesso, nei quindici appartamenti attualmente in funzione, ospitiamo persone dimesse dalle nostre strutture”.

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