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Agricoltura. Italia-Brasile, nuove proposte dal gruppo Embrapa

Oggi Embrapa conta su oltre 8.000 dipendenti e 2.000 ricercatori, dislocati in più di 40 unità di ricerca e al lavoro su oltre 30 portafogli di progetti

Pubblicato:14-12-2020 20:15
Ultimo aggiornamento:16-12-2020 11:40
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ROMA – Varietà di fagioli resistenti a parassiti che potrebbero arrivare in Brasile nei prossimi anni, carne di manzo ‘a neutralità carbonica’, cereali coltivati nella fascia climatica dei Tropici. Sono alcune delle innovazioni introdotte dalla Empresa Brasileira de Pesquisa Agropecuaria (Embrapa), società di proprietà statale che sottolinea di aver contribuito a portare il Brasile “da una situazione d’insicurezza alimentare negli anni ’70 a essere l’attuale secondo Paese esportatore di cibo al mondo”. A parlare di questo percorso, anche in vista di una crescita nella cooperazione con l’Italia, è stato oggi il presidente di Embrapa, Celso Moretti.

L’occasione, un webinar sui temi della tecnologia agricola e dello sviluppo sostenbile organizzato dalla stessa società e dall’ambasciata brasiliana in Italia, che ha visto anche la partecipazione di specialisti del settore italiani e del segretario di Stato per l’Ambiente della Repubblica di San Marino, Stefano Canti.
Moretti, in collegamento video, ha ricordato che Embrapa, istituita nel 1973 come ente affiliato al ministero dell’Ambiente, ha apportato lo sviluppo tecnologico e scientifico necessario per passare da un Paese che “produceva solo caffè, cacao e zucchero” a un tassello fondamentale “nel garantire la sicurezza alimentare di tutto il mondo”.

Oggi Embrapa conta su oltre 8.000 dipendenti e 2.000 ricercatori, dislocati in più di 40 unità di ricerca e al lavoro su oltre 30 portafogli di progetti. La società è presente anche all’estero, coopera con diversi Paesi dell’America Latina e dell’Africa, e ha uffici o laboratori anche in Cina, Corea del Sud, Stati Uniti e Francia.
Ancora assente l’Italia, anche se non manca, come evidenziato oggi da diversi relatori, la voglia di una collaborazione più stretta. E’ di questo avviso anche il direttore generale del Consiglio per la ricerca e l’economia in agricoltura (Crea), Stefano Vaccari. Il dirigente ha notato che anche il suo ente, sotto la vigilanza del ministero dell’Ambiente, è ancora sprovvisto di uffici in Brasile. Vaccari, che ha definito la mancanza “molto grave”, ha espresso l’auspicio che si possa al più presto attivare una cooperazione, ricordando che già in passato con Embrapa c’è stata una collaborazione “nel campo della certificazione delle macchine agricole”.
Il direttore del Crea ha affermato inoltre che alcune delle varietà di bovini presenti sul territorio brasiliano sono il frutto “di miglioramenti genetici realizzati a partire da razze selezionate italiane”. Questo campo è stato indicato da Vaccari come uno dei più importanti del nostro Paese, che al momento “dispone di uno dei più ampi patrimoni genetici di bestiame al mondo”.


Settori dove sviluppare un proficuo scambio di conoscenze, quindi, come anche quello della riduzione delle emissioni di Co2. Lo ha sottolineato Matteo Ansanelli, direttore ricerca e formazione dell’associazione no profit Agricoltura e vita promossa dalla Cia – Agricoltori italiani. Il dirigente ha ricordato che la problematica riguarda tutto il mondo e in quanto tale “non può che essere affrontata con percorsi globalizzati”. In questo senso, Ansanelli ha ricordato che la Cia è entrata a far parte della Global Alliance on Climate-Smart Agriculture (Gacsa), un’organizzazione nata nell’ambito della Fao per promuovere l’agricoltura sostenibile. Il direttore ha quindi evidenziato che la sua associazione “non è una componente statica” della nostra realtà ma “evolve di continuo per definizione, come le piante e l’ambiente”.

Una suggestione, quella legata al cambiamento, proposta in chiusura dei lavori anche dall’ambasciatore brasiliano in Italia, Helio Ramos. Rispetto ai passi avanti avvenuti grazie a Embrapa, infatti, il diplomatico ha ricordato. “Quando andavo al liceo un mio professore parlava sempre della savana brasiliana, il ‘cerrado’, come una terra da dove non poteva nascere nulla” ha detto Ramos: “Adesso è da lì che arriva il grosso della nostra produzione agricola”.

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