NEWS:

Marise Zaki: “Nessun Natale senza mio fratello a casa”

La sorella alla Dire: "Sta male e non sappiamo come aiutarlo"

Pubblicato:14-12-2020 18:56
Ultimo aggiornamento:14-12-2020 18:56

PATRICK_ZAKI
FacebookLinkedInXEmailWhatsApp

ROMA – “L’ultima lettera che Patrick ci ha scritto ci ha fatto davvero preoccupare. Quest’ultimo anno è stato un incubo per tutti noi. Se avessi la possibilità di parlargli, gli direi che mi dispiace tanto per tutto quello che gli è successo, che nulla di tutto questo ha senso. Ma noi gli vogliamo bene e continuiamo a essere fieri di lui e continueremo ad aspettarlo. Il Natale per noi non significherà niente finché non potremo festeggiarlo insieme”. Parla cosi’ all’agenzia Dire Marise, la sorella di Patrick Zaki, lo studente di 28 anni che da dieci mesi e’ in carcere perché accusato di aver tentato di destabilizzare la sicurezza nazionale attraverso alcuni post su Facebook. Nel fine settimana, l’attivista ha scritto alla famiglia che il suo stato di salute e mentale non sono buoni, soprattutto dopo che il tribunale per l’antiterrorismo del Cairo la settimana scorsa ha rinnovato di altri 45 giorni la detenzione cautelare, in un’udienza a cui erano alla sbarra altri 700 detenuti. Solo pochi giorni prima pero’, il rilascio di tre suoi colleghi dell’Eipr, la ong con cui collaborava prima dell’arresto, aveva alimentato delle speranze.

LEGGI ANCHE: Zaki scrive alla famiglia: “Detenzione incomprensibile, sto male”

L’amico di Zaki: “In Egitto lo Stato sequestra e uccide, non abituiamoci”


Patrick Zaki cittadino onorario di Milano

“Anche io sono rimasta veramente delusa” dice Marise. Un’assenza che all’approssimarsi del Natale copto – la religione della famiglia Zaki – diventa ancora piu’ dura da sostenere. A preoccupare i familiari, continua la giovane, che di anni ne ha 24, c’e’ il mal di schiena di cui Patrick si e’ lamentato nella lettera. “Ne soffre da quando e’ stato trasferito nel carcere di Tora, a marzo” dice Marise, spiegando: “Dorme a terra, ha solo una coperta. Ci ha chiesto piu’ volte dei farmaci. Temiamo che la sua situazione stia peggiorando ma non abbiamo modo di capire come aiutarlo“. Quando i familiari o gli avvocati portano medicinali, poi, “non sempre il personale carcerario li accetta”.

Lo stesso vale per i vestiti invernali, dice Marise: “Fanno entrare due capi alla volta, completamente bianchi e senza neanche una scritta”. E le visite sono rare: “Possiamo vederlo una volta al mese e la visita e’ consentita a un solo membro della famiglia per dieci minuti. Significa che e’ da marzo che non siamo piu’ tutti e quattro insieme. Per una famiglia e’ molto dura”. C’e’ poi il problema Covid-19, che in Egitto ha raggiunto anche le carceri, sovraffollate: “Non riusciamo a fargli avere mascherine e gel igienizzanti da maggio” dice Marise. Un rischio ulteriore per lo studente, che soffre di asma.
Nella lettera, Zaki ha detto di non capire il motivo per cui e’ rinchiuso e di temere di perdere la borsa di studio per il master che stava frequentando all’Universita’ di Bologna prima del suo arresto. “Dalla lettera si comprende quanto sia preoccupato all’idea di perdere questa opportunita’” continua la sorella. “So bene quanto significhi per lui: vorrei che almeno gli venisse permesso di proseguire gli studi online”. Marise rivolge infine un pensiero agli amici di Patrick e alle tante realta’ che in Italia si stanno impegnando per la sua liberazione: “Vorrei ringraziarli uno a uno per il supporto che ci danno. Io e i miei genitori facciamo il possibile, ma e’ difficile sostenere questa situazione”.

Le notizie del sito Dire sono utilizzabili e riproducibili, a condizione di citare espressamente la fonte Agenzia DIRE e l’indirizzo www.dire.it