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Turisti israeliani rifiutati da un hotel di Selva di Cadore per… “genocidio”. Zaia: “Allibito”

Il presidente del Veneto: "Credo fermamente che la nostra offerta turistica debba essere inclusiva, apolitica e rispettosa di tutti"

Pubblicato:14-11-2024 21:09
Ultimo aggiornamento:14-11-2024 21:09
Autore:

Zaia
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VENEZIA – “In attesa di conoscere qualcosa di più su una notizia che, se sarà confermata, è di estrema gravità, mi sento profondamente turbato e resto allibito per quanto è accaduto. Il Veneto deve garantire le porte aperte a tutti. Continuo a sperare che quanto riportato non sia vero, poiché l’ospitalità veneta non è questa”. Il presidente del Veneto, Luca Zaia, si dice desolato per la notizia del gruppo di turisti israeliani considerato ben accetto da una struttura alberghiera di Selva di Cadore (Belluno) con l’accusa di essere “responsabili di genocidio”.

“Credo fermamente che la nostra offerta turistica debba essere inclusiva, apolitica e rispettosa di tutti. L’ho sottolineato più volte e ribadisco che episodi del genere sono inaccettabili: il Veneto non è questo. Da secoli, siamo un popolo aperto al mondo e rispettoso delle identità altrui. La Repubblica Veneta è stata un esempio di integrazione, ospitando comunità come quella ebraica e favorendo una contaminazione culturale anche con il Medioriente e il mondo arabo che ha arricchito non solo il Veneto, ma l’intero Paese”, afferma Zaia.

Dunque, “nostro compito non è chiudere le porte ma è aprirle. Sarebbe un onore se il Veneto potesse accogliere le due comunità in conflitto, israeliani e palestinesi, offrendo loro uno spazio per incontrarsi e dialogare, con l’obiettivo di promuovere la pace proprio nella nostra Terra”.


Zaia sottolinea poi tre “aspetti fondamentali”. Primo, il valore dell’ospitalità e ospitare “significa offrire accoglienza e rispetto reciproco tra chi ospita e chi è ospitato”. Secondo, il legame con la comunità locale, “che vive dell’accoglienza turistica, il cui valore deve restare immutato, come esempio di inclusività e pacifica convivenza”. E infine, “penso ai nostri giovani, a cui è sempre più difficile trasmettere messaggi di pace, di inclusione e di rispetto reciproco. Per questo, è un nostro dovere non solo essere un punto di riferimento, ma anche comunicare chiaramente questi valori”.

In una regione che conta oltre 73 milioni di presenze l’anno, di cui il 66% rappresentato da turisti stranieri, con la città più bella del mondo, Venezia, “è nostro dovere tracciare la via dell’accoglienza. Che sia israeliano, palestinese o di qualsiasi altra nazionalità, ogni turista deve sentirsi accolto e rispettato, perché questo è il vero senso dell’ospitalità. L’ospite è sovrano: non c’è posto per discriminazioni legate a convinzioni personali, politiche, colore della pelle, religione, orientamenti sentimentali o di genere”, conclude Zaia.

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