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La famiglia di Alaa Abdel Fattah: “È vivo, un sollievo”

L'attivista condannato per "fake news" per protesta è in sciopero della fame da otto mesi mentre dall'inizio della Cop27 non beve acqua

Pubblicato:14-11-2022 15:32
Ultimo aggiornamento:14-11-2022 15:32
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ROMA – Alaa Abdel Fattah, attivista per i diritti umani e blogger egiziano-britannico in carcere dal 2019, “è vivo, è tornato a bere acqua da venerdì scorso e farà avere presto nuove notizie“. Sanaa Seif, la sorella dell’uomo, lo ha scritto su Twitter citando un lettera scritta dal detenuto e “inviata alla madre dal carcere” dove quest’ultimo è rinchiuso, che si trova nel nord della capitale Il Cairo.

Abdel Fattah, condannato nel 2021 a cinque anni di reclusione per il reato di “diffusione di notizie false”, è in sciopero della fame da mesi e aveva iniziato uno sciopero della sete il 6 novembre, in concomitanza con l’apertura in Egitto della Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici del 2022 (Cop27), con l’obiettivo di denunciare ai leader della comunità internazionale accorsi nel Paese per il summit le sue condizioni e quelle degli altri attivisti arrestati durante il governo del presidente Abdelfattah Al-Sisi.

La sorella dell’attivista, uno dei protagonisti della rivolta popolare che nel 2011 contribuì a mettere fine al trentennale governo del presidente Hosni Mubarak, si è detta “molto sollevata” delle notizie sulle condizioni del fratello, specificando che la lettera “sembra decisamente scritta” dall’uomo. Seif si è poi chiesta perché le autorità del carcere “non ci abbiano comunicato queste notizie per due giorni”, lasciando la famiglia nell’incertezza sulla sopravvivenza stessa dell’attivista. Anche in questi otto mesi di sciopero della fame la famiglia ha a più riprese denunciato la mancanza di notizie da parte delle autorità carcerarie sulle condizioni fisiche di Abdel Fattah.


La richiesta della liberazione di Abdel Fattah è da mesi al centro di una campagna condotta da attivisti in tutto il mondo, compresa l’Italia. Secondo l’ong Human Rights Watch, da quando Al-Sisi è salito al potere, ovvero dal 2013, più di 60mila persone sono in carcere per ragioni politiche. Oltre un migliaio di persone sono state invece arrestate nei giorni che hanno preceduto l’avvio della Cop27, stando a quanto avverte Amnesty International.

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