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Minori, Cusmai: “Pdl 113 della Lega su separazione e affidamento è discriminante”

Il Comitato Femminicidio in Vita prende "solide" distanze "dalla discriminante iniziativa della Consigliera in Regione Lombardia per il Gruppo Lega, Silvia Scurati"

Pubblicato:14-11-2020 12:21
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 20:14
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ROMA – “Prendiamo solide distanze dalla discriminante iniziativa della Consigliera in Regione Lombardia per il Gruppo Lega, Silvia Scurati, prima firmataria della PDL 113 avente oggetto: ‘Misure per la comunicazione di informazioni riguardanti minori in attuazione della Legge n. 54/2006 Disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento”. E’ quanto scrive in una nota Imma Cusmai presidente del Comitato Femminicidio in Vita.

“Teniamo a precisare- spiega Cusmai- che questo progetto di legge è fortemente caldeggiato anche dai altri consiglieri regionali: Cappellari, Ghiroldi, Corbetta, Massardi, Epis, Mura, Giudici, Lena, Spelzini, Monti, Pedrazzi, Bastoni, Colombo, Anelli, Mariani, Pravettoni, Pase, Brianza, Senna, Mazzoleni. Ispirati dalla legge sull’affido condiviso 54/2006, pochi sono a conoscenza che è che ha fatto da apripista, negli anni, allo strappo dei figli a mamme idonee, ma oscurate e delegittimate su commissione da CTU pro padre a ogni costo. Fenomeno in forte crescita quello di usare la bigenitorialità e l’affido condiviso anche quando c’è violenza domestica e violenza assistita. Da non sottovalutare mai che se i figli contesi durante la separazione non vogliono vedere o frequentare il padre una perizia ben orientata può arrivare a demonizzare la figura materna fino provocarne danni psicologici incalcolabili. Sui minori sopratutto. La PDL 113 è un’iniziativa discriminante, leggiamo insieme chi ne ha preso parte: Associazione Minori in Primo Piano Onlus, Associazione Bi. Genitori Diritti dei Minori, Associazione Padri Separati, il Garante dell’Infanzia di Regione Lombardia Riccardo Bettiga (proposto dalla Lega), Associazione contro ingiustizia personale e familiare, Aiaf – Associazione Italiana degli Avvocati per la famiglia e per i Minori. Troviamo sempre in prima linea il consigliere regionale Lega Salvini Premier, Antonio Saggese, che raramente lo vediamo battersi il petto per qualche mamma in difficoltà nonostante faccia parte della ‘Consulta del Garante dell’Infanzia”. Sarà perché Saggese è “anche” Vice Presidente dell’Associazione “PAPA’ SEPARATI LOMBARDIA Onlus”?”.

E ancora la presidente del Comitato, “Osservando i punti della ‘scheda tecnica della PDL 113’ redatta dal gruppo leghista leggiamo che ‘il progetto di legge vuole disciplinare la gestione delle comunicazioni inerenti la salute, l’istruzione e di carattere amministrativo, relative a figli minori al fine di garantire che entrambi i genitori siano allineati contemporaneamente sugli eventi della vita del figlio. E’ una chiara presa in giro, la PDL 113 ha cambiato solo veste, è un vecchio cavallo di battaglia di stampo patriarcale: il ‘REGISTRO DELLA BIGENITORIALITA’!’ Questo Registro era già stato ‘cassato’ dal Comune di Milano il 1 aprile del 2016, e oggi cercano di sdoganarlo con l’aiuto della Lega. La destra sovranista è sempre pronta a battersi con crocefissi e madonne in mano pur di affermare il mantra Pilloniano Dio Patria Famiglia. Sul Registro della Bigenitorialità il Garante per l’infanzia e l’adolescenza della regione Emilia-Romagna già nel 2016 si espresso negativamente, spiegando che il Registro, oggi trasformato in PDL 113, ‘presenta il rischio di contribuire ad aumentare il livello di conflittualità tra i genitori con ricadute negative sul minore stesso, che si vedrebbe così coinvolto in ulteriori dinamiche oppositive. Infine rientra esclusivamente nella potestà dei giudici quella di stabilire le misure che assicurano l’esercizio condiviso delle responsabilità genitoriali, prediligendo sempre in sede di giudizio l’interesse e la protezione del minore rispetto alle esigenze degli adulti”. Pertanto sempre il comitato, ‘L’Azione furba dei firmatari della PDL 113 si evince nella conclusione: ‘Dall’attuazione della presente legge non derivano nuovi o maggiori oneri finanziari a carico del bilancio regionale. Ma infatti non saranno di certo i consiglieri leghisti a pagare questo ‘servizio extra’ di informare ‘l’altro genitore’, che di solito è il padre separato, saranno i genitori litigiosi a pagarne le conseguenze, sperando di avere sempre la meglio sull’altro, e usando i figli perchè per alcuni avvocati litigare fa cassa. Nota positiva. Durante la seduta n.24/2020 della III Commissione Salute e Politiche sociali della Regione Lombardia svoltasi lo scorso 15 luglio u.s. sia in presenza fisica dei partecipanti sia in collegamento da remoto causa situazione emergenziale Covid, ha preso parola la consigliera PD, Maria Carmela Rozza, e vogliamo riportare interamente il ragionamento perché lo riteniamo meritevole di attenzione tanto da ringraziarla pubblicamente a nome di tutti il Comitato Femminicidio in Vita, unica osservazione: la legge 54/2006 è tutta da riscrivere”.


“Io credo che non si possa licenziare in maniera così semplice questa proposta di legge perché mi aspettavo che nella relazione ci venissero dati anche dei riferimenti anche alle normative esistenti, non solo regionali ma nazionali- riflette Rozza-. È un tema molto delicato, perché sappiamo che non c’è solamente la separazione consensuale con all’interno, come dire, la normale dialettica tra genitori in una coppia che non si trova a vivere più bene insieme e si separa. Abbiamo delle implicazioni nel macrotema molto importanti sia per quanto riguarda la scelta, perché la patria potestà è stata data a uno o 3 all’altro dei genitori e quindi quello è un elemento di discrimine, di estremo discrimine, su cui non è che si può semplicemente dire che si informano i due genitori perché facciamo l’accordo con.  Quindi, “c’è un tema molto serio che è legato alle motivazioni per cui il tribunale dà la patria potestà a uno dei genitori, perché se è un affido congiunto le informazioni vanno a entrambi i genitori. Se c’è la sentenza di affido congiunto entrambi esercitano la patria potestà e quindi entrambi devono essere informati. Se c’è una carenza su questo nel caso di affido congiunto, ma non mi sembra, però se qualora fosse si manda una raccomandazione a tutti gli enti i quali davanti all’affido congiunto devono riconoscere i diritti di entrambi i genitori”.

Mentre invece per quanto riguarda l’affido e la patria potestà riconosciuta in esclusiva a un solo genitore “i casi vanno visti caso per caso, quindi non riesco a immaginare di fare una legge per dire fate. Fate cosa? Chi è che definisce poi i contenuti della motivazione per cui l’affido è stato dato a me e non a lui, o viceversa è stato dato a lui e non a me? Perché chi è il soggetto che entra nel merito per capire se quella informativa può arrivare anche al genitore che non ha la patria potestà? Faccio fatica. Terza questione. Credo che le leggi italiane, compresa la legge regionale a cui fate riferimento, diano ampia tutela prima di tutto al minore. Io non vorrei che ci troviamo davanti a situazioni dove l’allontanamento del minore da uno dei due genitori diventi un qualcosa che poi apriamo la discussione e magari superiamo quanto invece è necessario, perché spesso è necessario allontanare un bambino da un genitore, spesso è necessario tenere anche, come dire, protetto il minore da uno dei genitori“.

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